HomeCronacaNon solo babygang, parliamo di quanto sono bravi i nostri ragazzi


Non solo babygang, parliamo di quanto sono bravi i nostri ragazzi


13 Agosto 2022 / Giuliano Bonizzato

Nell’immediato dopoguerra, bambini e ragazzini, assolti gli obblighi scolastici, vivevano le loro giornate nei vasti spazi verdi della nostra città non ancora soffocati dal boom edilizio. Il mio ‘habitat’? Un largo terreno erboso, con al centro ancora la buca di una bomba, che da Viale Trieste (incrocio con Via Nazario Sauro) si estendeva sino a Viale Vespucci in lunghezza e sino a Viale Cormons in larghezza.

Eravamo i ragazzi di Viale Trieste. Fratelli di quelli della Via Paal. Con gli stessi sentimenti di solidarietà di gruppo e di salvaguardia del proprio territorio. Loro contro le Camice Rosse, noi contro gli invasori dei viali vicini. Con lo stesso desiderio di metterci alla prova a salvaguardia del nostro bene più prezioso: il Campo.

Un Campo purtroppo scomparso come quello dei ragazzi del celebre romanzo di Ference Molnar. Già. Per dirla con Celentano: “Là dove c’era l’erba ora c’è-una città….” Su quel Campo, difeso strenuamente, si giocava a calcio ma ci si sfidava anche alla lotta, al tiro con la fionda, al gioco della lippa. Lì, insomma, ognuno di noi faceva semplicemente e nella maniera più sana, ciò che gli psichiatri dell’età evolutiva considerano tipico degli adolescenti tra gli undici e i sedici anni. “Mettere in gioco nei contesti sociali l’ energia vitale e pulsionale attraverso indispensabili esperienze corporee ad alto tasso di sfida con gli altri e di competizione con sé stessi.” (Alberto Pellai),

Il fatto è che alle sfide reali nei grandi spazi verdi sono subentrate quelle virtuali consumate in solitudine davanti a uno schermo al chiuso di una cameretta. E allora perché stupirsi se quella ’energia vitale e pulsionale’ soffocata a lungo e patologicamente esaltata nei videogiochi, sta facendo esplodere la psiche dei più deboli? Di chi appartenendo a quella fascia di età, sfoga quelle stesse energie in maniera criminale entrando in bande di teppisti contro tutto, tutti e tutte?

Vero. Ma per fortuna esiste la stragrande maggioranza degli imberbi di cui non parlano i media. No. Non scrivono i giornali, né parlano le tv dei tantissimi che vivono con dialogo e rispetto i loro rapporti con l’altro sesso. Di quelli che, zaino in spalla e tenda, partono a piedi, in bicicletta o in moto, alla conquista del mondo. Di coloro che praticano con impegno uno sport, ogni tipo di sport. Gli stessi che poi, con qualche anno in più e vittoriosi nelle più svariate competizioni agonistiche internazionali, ci renderanno fieri di essere italiani. Parliamo di questi ragazzi. Ora. E non solo quando, saliti sul palco, esibiscono le loro medaglie con gli occhi pieni di lacrime al suono dell’Inno Nazionale.

Giuliano Bonizzato