Home___primopianoPer Apache La Russa garantisce gran capo Ignazio Benito

Ma questa volta non sentiremo Meloni e Salvini dirsi "disgustati" come per babbo Grillo


Per Apache La Russa garantisce gran capo Ignazio Benito


10 Luglio 2023 / Nando Piccari

Diventa talvolta inevitabile rassegnarsi a subire un’ondata di masochismo, allorché si intenda seguire fino in fondo un evento che suscita un interesse a metà strada fra il disgusto e il godimento. Come mi è successo mercoledì scorso, quando mi sono imposto, costasse quel che costasse, di assistere in diretta televisiva al fastidioso strepitare della Santanché in Senato. Nonostante tentasse in ogni modo di apparire in sintonia con il nomignolo “Pitonessa” di cui va tanto fiera, la flatulenza oratoria pareva invece farla assomigliare ad una “Pescelessa”, per di più terrorizzata dall’eventualità che il finale della vicenda in cui è immersa fino al collo fornisca un buon motivo per farla chiamare ”Bidonessa”.

«È in atto una campagna di vero e proprio odio nei miei confronti», è stato il suo urlato lamento. Come se ci fosse davvero qualcuno che, con tutte incombenze imposte dalla vita, trovasse il tempo e la voglia di mettersi a odiare la Santanché e magari, di già che c’è, pure il suo sodale Briatore. Il quale all’indomani di quell’esibizione caciarona in Senato ci ha tenuto a far sapere: «Le avevo pure sconsigliato di riferire in Senato. Non so perché è andata. In un Paese normale le direbbero chapeau, qui si scatena un ambaradan mediatico».

Stupisce che nel suo vaniloquio Briatore abbia sottaciuto la convinzione che meriti “le chapeau” pure la volgare arroganza anti-istituzionale con cui il Presidente del Senato ha sproloquiato in difesa di suo figlio Leonardo Apache, accusato – se a torto o a ragione si vedrà – di violenza sessuale. «Dopo averlo a lungo interrogato ho la certezza che mio figlio non abbia compiuto alcun atto penalmente rilevante…Lascia molti dubbi il racconto della ragazza; lascia molti interrogativi una denuncia presentata dopo quaranta giorni».

Questa è la dichiarazione uscita da Palazzo Madama, ad ulteriore dimostrazione di come La Russa Ignazio e più ancora Benito ignori la doverosa dignità richiesta a chi rivesta la seconda carica dello Stato e funga da Vicepresidente della Repubblica.

Da Presidente del Senato ha dunque sentito il dovere di rassicurare gli Italiani sulla pudicizia del suo discendente, evitando l’errore di considerarlo un pirla solo perché, come abbiamo letto, si è dato il nome d’arte (?) di Larus, facendosi così passare per uno di quei rapper coglioncioni che si buttano nel trap (non chiedetemi cosa sia). Dove pare tuttavia che non riscuota grande successo e che solo pochi intimi conoscano due delle sue “stronzate gutturali” fatte passare per canzoni: una s’intitola “Fanculo la tua donna”, invece nell’altra ripete all’infinito: «Sono tutto fatto, sono tutto matto, ma ti fotto pure senza storie».

Circolano alcune indiscrezioni sul rude interrogatorio paterno subito da Apache, presenti in rispettoso silenzio pure i fratelli Geronimo e Cochis.

Per trasmettere all’inquisito Apache un’immagine di sé ancor più autorevole, La Russa aveva due opzioni: o indossare la camicia nera che custodisce amorevolmente insieme alla collezione di gagliardetti del Fascio Littorio, oppure mettersi sulla testa, come ha fatto, il copricapo piumato dei nativi americani.

Nel porre le domande ad Apache Ignazio Benito non è andato per il sottile:
“Mi assicuri, o Apache, che non hai compiuto alcun atto penalmente rilevante?” “Certamente!”. “Sei disposto a giurarlo su Manitù?” “Lo giuro. Augh!”

Non c’è che dire, La Russa ha imitato pari pari Grillo, che un po’ di tempo fa s’era lasciato andare a un’analoga arrogante difesa del figlio, accusato dello stesso reato di Apache.

Ma poiché Grillo, che pure ha accumulato non poche “nefandezze politiche”, non era il “post-neofascista” mandato a dirigere il Senato dai suoi fratelli camerati, dai tracotanti leghisti e dai seguaci di quell’ameba di Tajani, per cui questa volta non avremo lo scagliarsi della Meloni «contro il modo in cui Grillo ha minimizzato su un tema pesante, come quello della presunta violenza sessuale», né sentiremo Salvini che raglia: «Mi disgustano le parole del padre, che mette sul banco degli imputati la ragazza che ha denunciato lo stupro e non il figlio. In un paese normale Grillo avrebbe lasciato la carica e chiesto scusa».

Nando Piccari

Post Scriptum

Come molti sanno, questa volgare nefandezza è opera di un consigliere comunale leghista a Santarcangelo. Nell’occasione il Sindaco di Rimini ha ripetuto la domanda che già si fece quando costui definì «scimmie urlatrici» i tifosi marocchini che festeggiavano la loro squadra: «A chi scrive certe cose, dev’essere rivolta più indignazione o pietà umana?». C’è una terza opzione, senza alternativa: un civile disprezzo.