Home___primopianoPer noi pigroni una settimana poco wellness fra sensi di colpa e puro terrore


Per noi pigroni una settimana poco wellness fra sensi di colpa e puro terrore


4 Giugno 2022 / Lia Celi

Abito qui da abbastanza tempo da sapere che di tutto quello che riempie Rimini di gente pagante non si può parlare male, anche se procura qualche disagio alla cittadinanza, dagli ingorghi stradali agli approcci avvinazzati. Chi capitale del turismo vuol comparire, qualche cosa deve soffrire – e va bene. E oggi “bene” è la parola chiave, perché “bene”, in inglese si dice “well”, che però si usa anche come particella introduttiva in una frase, tipo “bè, insomma”.

E questo è il weekend di Rimini Wellness, la grande fiera del… bè, insomma, del wellness: ammetto di non avere ancora compreso esattamente il concetto. Se cerco in rete, trovo che wellness significa «completo appagamento psicofisico», ma per i bruti accidiosi come me questa beatitudine esclude tassativamente la fatica, il sudore e tutti gli attrezzi che non siano un telecomando, uno smartphone, un libro o un barattolo di Nutella.

Il genere di appagamento psicofisico in mostra alla Fiera per noi è esattamente il contrario di quel che intendo io per wellness. Ma ormai appartengo a una minoranza di indolenti, circondata da una maggioranza oceanica che riempie le proprie ore libere di jogging, nordic walking, spinning, danza, yoga di tutti i tipi e svariate ginnastiche dolci e salate (nel senso di costo dell’abbonamento alla palestra).

In noi pigroni solo la lettura del programma di Rimini Wellness scatena un misto di sentimenti, dal senso di colpa alla stizza, dal nervoso al puro terrore. Nella nostra fantasia, alimentata dalla coda di paglia, i locali della Fiera diventano gironi danteschi brulicanti di scultorei corpi seminudi che si dimenano su pedane, arrampicati su pali o appesi a nastri elastici, o che corrono o pedalano senza muoversi di un centimetro, in una babele di voci e musiche incalzanti.

Ma ci sono anche discipline che attirano la nostra curiosità. Mentre state leggendo queste righe alla Fiera è in corso un evento di “Macumba Fitness”. Sarà sicuramente un’attività sana e benefica, ma quel nome fuorviante fa pensare a un sinistro mix fra magia nera tribale e ginnastica. Tipo: vai in palestra a fare macumba-fitness in pausa pranzo e al ritorno in ufficio scopri che il boss stronzo si è rotto una gamba, oppure che il collega antipatico è stato trasferito nella filiale in Uganda. Se fosse così, varrebbe la pena di vincere la pigrizia e provare se funziona.

L’evento fitness offerto dalle Prugne della California in un primo tempo mi aveva fatto immaginare una dimostrazione di ginnastica per anziani offerta da un gruppo di spiritose ottantenni di San Francisco fiere delle loro rughe. Poi mi sono ricordata di un brano della mia antologia delle scuole medie. Si intitolava “Come far mangiare le prugne” ed tratto da I persuasori occulti di Vance Packard, un classico del 1957 che spiegava i meccanismi e le tecniche della pubblicità. Packard raccontava che le tipiche prugne secche della California, un prodotto fuori moda che all’epoca evocava vecchiaia e stitichezza, erano state riportate in auge associandole a salute, sport e bellezza fisica. A quanto pare, a sessantacinque anni di distanza la strategia funziona ancora. Già ho voglia di prugne cotte. Forse un giorno mi verrà voglia anche di fare ginnastica.

Lia Celi