Home___primopianoPic Nic: la “terza Camera” della politica riminese

Il contributo di Nando Piccari al libro "Il Pic Nic resta”


Pic Nic: la “terza Camera” della politica riminese


26 Giugno 2024 / Nando Piccari

Dopo il 22 settembre 2015 ho evitato per molto tempo di percorrere via Tempio Malatestiano, poiché sapevo che passando davanti a quell’edificio avrei dovuto guardare dall’altra parte per non farmi venire il groppo in gola.

Poco più che adolescente, avevo mangiato la mia prima “pizza non al taglio” proprio al Pic Nic , dove nel 1967, l’anno della mia “partenza politica”, avrei poi inaugurato, insieme ad altri compagni della Federazione Giovanile Comunista, l’abitudine alla “seconda cena post-riunione”.

All’epoca il locale non aveva ancora il ricco menù degli anni successivi, ma a noi andava più che bene alternare alla pizza una porzione di gustosissimi maccheroncini pasticciati o di mitici fagioli con le cotiche, che Maurizio e Berto ci facevano arrivare sempre sovrabbondante.

 

Lo staff del ristorante

Di lì e fino al 2004, ben oltre la metà ai miei pranzi quotidiani li ho consumati al Pic Nic: sia quelli “stanziali” nei decenni in cui ho ricoperto ruoli politici e amministrativi a Rimini; sia quelli nel ritorno in città o a Montefiore (mia nuova residenza) venendo da Forlì e da Bologna,  dove avevo incarichi analoghi.

Va a questo aggiunto un buon numero di pasti “tardo serali” dopo le sedute del Consiglio Comunale, il che rendeva il Pic Nic una sorta di “terza Camera della politica riminese”, secondo la divertente definizione coniata da Silvano Cardellini.

Era infatti possibile vedere seduti allo stesso tavolo consiglieri di maggioranza e di opposizione, che magari non si sottraevano alla tentazione di arricchire di qualche reciproco sfottò la polemica cui avevano dato vita poco prima in Consiglio.

Va tuttavia riconosciuto come in taluni importanti passaggi della politica riminese il “ritrovarsi al Pic Nic” sia potuto diventare per gli allora dirigenti locali di Partito Comunista, Partito Socialista, Partito Socialdemocratico, e qualche volta anche della stessa Democrazia Cristiana, il luogo di riunioni riservate, anticipatrici di trattative finalizzate a possibili accordi politici. Come è successo  in buona parte nel 1983 fra Pci e Psi, per la gestione della candidatura di Massimo Conti a primo sindaco “non comunista” del dopoguerra.

Diminuite fortemente nel 2005 le calate da Montefiore per la mia uscita dalla politica riminese, i rapporti con Maurizio si erano alquanto ridotti, ma questo accresceva di affettuosità il nostro diradato trovarci. Tornato poi nel 2012 a vivere a Rimini (da…rifugiato cardiaco, diceva mia figlia), nella mia quotidiana camminata terapeutica era diventata abituale la sosta al Pic Nic, per due chiacchiere con Maurizio.

Arrivato a questo punto del racconto sul bel pezzo di vita che ho condiviso al Pic Nic con Maurizio e Berto, riemergono alcuni divertenti episodi che per fortuna debbo soltanto scrivere, perché…anche così mi si inumidiscono gli occhi.

All’inizio di luglio 1970 invito a cena per la prima volta Rosanna, che conosco da poco e in quel momento non sospetto certo che l’anno dopo…ci saremmo sposati. Vivissima è in quei giorni l’eco della grande conquista dello Statuto dei Lavoratori, avvenuta appena il 20 maggio.

Di questo stanno cianciando i tre occupanti il tavolo al nostro fianco, con toni e argomenti tutt’altro che benevoli verso l’evento.

Ho finto per un po’ di non udire quegli sproloqui, fino a quando uno dei tre inizia a invocare la “pena di morte per Luciano Lama” ed a sbraitare “va là che se c’era ancora Mussolini….”. Così non ce la faccio più e, in modo non certo diplomatico,  chiedo che “quelle stronzate” le dicano almeno a bassa voce.

Maurizio Bellini

La replica è letteralmente urlata, con insulti e improperi di ogni tipo nei miei confronti. A quel punto anche da due tavoli vicini arrivano delle grida, ma in mia difesa; mentre da un terzo tavolo si solidarizza a gran voce con i tre trogloditi.

Interno del Pic Niccon i frequentatori più fedeli e i gestori del locale

Attratto dalla bolgia, entra in sala Maurizio, tentando inutilmente di riportare la calma. Arriva poco dopo pure Berto, che però si limita a dirgli qualcosa all’orecchio. Allora Maurizio si avvicina immediatamente a me e Rosanna, quasi ingiungendoci di accompagnarlo fuori dalla sala e di seguirlo poi in cucina, da dove ci fa precipitosamente uscire sul “giardino del Lettimi”, mentre si sente avvicinarsi la sirena dell’auto della polizia.

Era successo che uno dei clienti dell’unico tavolo rimasto in silenzio avesse telefonato al 113 dal telefono a gettone posto di fianco alla cucina, da dove Berto aveva udito la chiamata, riferendolo poi  a Maurizio.

Un altro episodio si rifà alla consuetudine di trovare ogni giovedì il self service arricchito di polpette e zucchine ripiene, di cui sono sempre stato ghiottissimo.

Mario Ferri con Nando Piccari

Al secondo giovedì consecutivo senza più polpette, ingaggio con Maurizio una di quelle nostre surreali sceneggiate, in cui lo minaccio di una campagna diffamatoria contro il Pic Nic e lui si rivolge ad un cliente appena avvicinatosi a pagare alla cassa, dicendogli più o meno: “ma come posso fare con questo, che vuol mangiare gratis e poi si lamenta del menù?”

Il giovedì successivo, appena mi siedo lui arriva con un piatto ricoperto dal tovagliolo, aggiungendo: “Alé, oggi le polpette ci sono!”

Tolgo il tovagliolo e mi compare una zucchina affiancata da due polpette, o mo’ di simbolo fallico. Ma non è finita, perché poi arriva Berto, che mi consegna pure lui tre polpette, come faranno di lì a poco sia il cameriere che la cameriera.

Dopo la quarta portata si affaccia a scrutarmi Maurizio, aspettandosi la mia rinuncia ad almeno qualcuna delle ultime polpette. Io non ne posso più, ma quella è una soddisfazione che non voglio dargli. Conclusione: due giorni di coliche devastanti.

Nel terzo episodio sono a pranzo con un amico marchigiano che non è mai stato al Pic Nic e che, proprio mentre Maurizio è nei pressi del nostro tavolo, se ne esce con: “Però si mangia davvero bene in questo ristorante!”  Al che io replico: “Beh, mi sembra un po’ esagerato. Diciamo che è un ristorante modesto in cui si mangia dignitosamente.”

Maurizio, che ha udito il dialogo, si precipita al nostro tavolo, mi porta via il piatto, mi sottrae la forchetta e aggiunge con voce perentoria: “Ora lei, caro signore, se ne va dal mio ristorante e non si fa più vedere!”

Vi lascio immaginare lo sconcerto di chi l’ha sentito. Ma dura solo i pochi secondi che passano prima che fra me e lui scoppi una fragorosa risata, che contagia i clienti vicini, compreso il mio amico, il quale commenta divertito: “Ma a Rimini siete proprio matti!”

Nando Piccari