Porta Galliana è ormai libera e racconta la sua storia
13 Settembre 2017 / Redazione
Porta Galliana torna alla luce. Gli scavi hanno quasi raggiunto l’antico piano stradale e l’arco gotico è ormai del tutto libero dalla terra che lo soffocava. E man mano che prosegue il sondaggio archeologico, aumenta la curiosità per quello che ancora potrebbe emergere.
Gli scavi sono condotti da adArte di Rimini, diretti scientificamente dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini; per quanto attiene gli aspetti architettonici dall’architetto Vincenzo Napoli.
«Siamo arrivati ad una profondità di quasi tre metri – riferisce Marcello Cartoceti di adArte – e finora gli scavi hanno interessato strati relativamente recenti, accumulatisi fra la fine dell’800 e il secondo dopo guerra. Dopo tutte le verifiche e le autorizzazioni, Athea ha rimosso anche alcuni alberi che impedivano i lavori. Si trattava di piante cresciute in modo spontaneo nel dopoguerra; in particolare, c’erano pini marittimi che rappresentavano anche un pericolo oggettivo, in quanto molto inclinati. Infatti le radici, già per loro natura superficiali, qui non avevano potuto penetrare per nulla nel terreno, perché impedite dallo stesso ostacolo che abbiamo incontrato noi».
Quale ostacolo? «Come si vede, la porta è attraversata da un grosso condotto: si tratta di uno scarico fognario costruito nel 1908. Inoltre sono presenti allacci di vario tipo, elettrici e idraulici. Gli uffici competenti stanno collaborando per risolvere questi problemi caso per caso».
Porta Galliana a questo punto è del tutto libera? «Non ancora. valutiamo che per raggiungere la sua base originaria manchino circa 50, 60 centimetri. Intanto però possiamo farci già un’idea più chiara di come doveva essere».
E come’era Porta Galliana? «Una struttura importante – spiega Cartoceti – alta per lo meno 12 metri e su quattro piani. Del resto questo è stata uno dei principali ingressi di Rimini, quello per chi arrivava dal mare e dal porto. Come è stato giustamente segnalato anche da Paolo Semprini, si tratta di “Porta Galliana 3”, cioè l’ultima versione di un accesso ricostruito più volte.E rappresenta per Rimini una testimonianza molto importante: si tratta infatti l’unica porta di epoca medievale ancora sopravvissuta; almeno l’unica visibile a tutti, dato che l’altra, la Porta del Gattolo, è inglobata in Castel Sismondo. E’ molto probabile che lo stesso Sigismondo Malatesta abbia effettuato qui degli interventi: proprio durante la costruzione del condotto fognario che abbiamo appena disseppellito, fu rinvenuto un orcio contenente ben 32 medaglie malatestiane. Sigismondo lasciò queste testimonianze ovunque avesse effettuato delle opere che riteneva meritevoli di essere eternate ai posteri».
Scavando ancora, cosa potrebbe emergere? «Sappiamo che ancora alla fine dell’Ottocento attorno alla porta sorgevano alcune casupole, doveva poi esserci la gabella o comunque l’alloggio per il posto di guardia. Inoltre, e forse abbiamo iniziato a scorgerne qualche traccia, adiacente alla Porta doveva esserci il Lavatoio di San Domenico. Era stato trasferito qui nell’Ottocento perché nella sua collocazione originaria, in via Gambalunga accanto al convento appunto dei Domenicani, creava grossi problemi sanitari. Il ristagno delle acque, che provenivano a cielo aperto dal rigagnolo della Fontana della piazza, aveva causato addirittura epidemie di malaria».
Come potrà diventare Porta Galliana? «Come archeologi, il nostro compito è quello di raccogliere dei dati da fornire all’amministrazione comunale, che poi provvederà a redigere il progetto di recupero e valorizzazione. Certamente, come indicazione noi daremo quella di creare un percorso che, con il notevole abbassamento del piano, valorizzi al massimo quest’area. Con la presenza della mura antiche del porto e a poca distanza di quelle della cerchia dei Bastioni settentrionali, l’effetto potrebbe essere molto suggestivo». Quello, in sostanza di un “mini parco archeologico” dedicato alla Rimini medievale, periodo del quale in città non è tutto sommato rimasto moltissimo.
Un’ipotesi, quella di restaurare e recuperare assieme a Porta Galliana anche i mal ridotti Bastioni settentrionali, che infatti è al vaglio degli uffici comunali.
Ma perché Porta Galliana (o Galiana) si chiama proprio così? Su questo nome si sono fatte molte ipotesi, fra l’altro complicate dalla presenza di un’altra antichissima porta, forse di origine romana, che si chiamava Gaiana e che sorgeva da tutt’altra parte, accanto all’attuale chiesa di Santa Rita; ne è rimasto ricordo nella Piazzetta Gaiana. Invece, la Porta Galliana che conduceva al porto e che, come scrisse Luigi Tonini nel 1862, «si trova nel vicolo a sinistra dell’Oratorio ultimamente di S. Sebastiano ma anticamente S. Marco (vi aveva sede la Confraternita dei Veneziani, non distante dal Canevone), la quale dovette trarre quel me dai Calojani o Calliani, Famiglia nota e cospicua di que’ tempi, che probabilmente vi abitò presso». I tempi in questione erano gli anni prima del 1307, quando, il 18 aprile, la Porta è nominata per la prima volta in un «Catastino dei Domenicani».