HomeCulturaPrima della Collegiata aveva ben due conventi francescani, perchè?


Prima della Collegiata aveva ben due conventi francescani, perchè?


22 Agosto 2021 / Paolo Zaghini

Maria Giovanna Giuccioli: “Il Convento Francescano scomparso di Verucchio 1320-2020” – Pazzini.

Un lavoro certosino di ricerca quello compiuto dall’architetto Maria Giovanna Giuccioli. Alla riscoperta di un luogo perduto, quello della chiesa e del convento di San Francesco a Verucchio, “che è stata parte fondamentale della nostra comune storia antica. I segni sono ancora fra noi: occorre semplicemente fare silenzio e guardare” (dall’introduzione di Lisetta Bernardi). Un edificio dimenticato, ma di grande importanza per la storia di Verucchio.

Edificato fra il 1320 e il 1324, settecento anni fa, dentro le mura del castello di Verucchio, sotto la Signoria di Pandolfo Malatesta, su concessione del Papa Giovanni XXII. Il complesso monastico più importante della Verucchio malatestiana.

“Questa chiesa francescana fatta costruire a Verucchio da Pandolfo Malatesta, figlio del ‘Mastin Vecchio’, celebre fondatore della dinastia, nove anni dopo la morte del padre, doveva diventare la ‘chiesa della famiglia’ per eccellenza (…) divenne consuetudine, nelle varie città malatestiane (Rimini, Cesena, Pesaro, ecc.) far diventare la chiesa intitolata a San Francesco [1181 ca.-1226] la sede del sepolcro di famiglia”.

“Un convento maestoso seppur dall’aspetto austero, come si conveniva alle regole francescane e allo stile gotico allora in auge, ma che internamente doveva presentarsi come uno scrigno di tesori, oggi ripartiti tra le altre chiese sopravvissute oppure, nei casi più sfortunati, dispersi in seguito alle soppressioni napoleoniche e statali” (dall’introduzione di Lisetta Bernardi).

Ma a Villa Verucchio c’era già un altro monastero francescano, fondato dopo il passaggio di San Francesco. La sua edificazione viene fatta risalire al 1215 ed è considerato il più antico edificio francescano della Romagna. Dunque questa nuova costruzione, a pochi chilometri di distanza dal primo convento, può considerarsi a tutti gli effetti una anomalia. E per meglio capire questa particolarità la Giuccioli ci porta dentro le diatribe religiose del Trecento.

E’ proprio all’inizio del Trecento che iniziano le divisioni dell’Ordine francescano fra gli ‘Osservanti’, ligi alla Regola del fondatore, e coloro che invece la vogliono adattare ad esigenze più cenobitiche [di vita appartata], appunto i ‘Conventuali’. I primi trovarono il loro spazio nel convento di Villa Verucchio, mentre i secondi, più conservatori e ligi ai dettami papali, lo trovarono nel convento di Verucchio. E i Malatesta, in quel momento sostenitori della parte guelfa, sostennero questa nuova edificazione, “si occuparono degli arredi, forse provvidero a dotarla di affreschi internamente, e sicuramente vi posero il bellissimo crocifisso dipinto su tavola (datato 1320-1325), opera del celebre ‘Maestro da Verucchio’, membro della bottega o scuola giottesca riminese del Trecento”.

Il crocifisso trecentesco di Verucchio opera di un anonimo maestro riminese, ora nella Collegiata

La Giuccioli ci fa ricostruire, anche visivamente grazie alla realizzazione di un grande plastico del convento fatto nel 2020 da Franco Fabbri, il vecchio convento e la chiesa (con il chiostro, le celle, il pozzo, gli orti) attraverso vecchie mappe, disegni ma soprattutto grazie ad un inventario dettagliato dell’8 luglio 1800, inedito ed interamente trascritto nel volume, che contiene l’elenco e la descrizione di ogni singolo vano e al rilievo-progetto della chiesa Collegiata redatto da Antonio Tondini di Verucchio.

L’erede e il conservatore dei documenti del Tondini è il dott. Stefano Bacchiani di Milano che li ha messi a disposizione della Giuccioli. “Quando nell’Ottocento il convento fu atterrato perché divenuto pericolante, l’’architetto’ verucchiese Antonio Tondini, incaricato di costruire al suo posto la nuova chiesa Collegiata, utilizzò parte degli antichi muri per appoggiarvi il nuovo edificio, nascose le grotte e cisterne medievali pur segnalandole nei progetti architettonici, inglobò parte della vecchie chiesa nella nuova sacrestia, lasciandoci in eredità e ancor oggi visibile l’arco gotico dell’abside e parti del vecchio campanile, dimostrando una sensibilità rara in un uomo di quel tempo, oltre che una indubbia perizia tecnica” (dall’introduzione della Bernardi).

Con la costruzione della nuova Chiesa della Collegiata, fra il 1865 e il 1874, i quadri e gli arredi della Chiesa di San Francesco e delle altre chiese soppresse nel 1795 vennero raggruppati nella nuova Chiesa; leggendo l’inventario del 1800 si ricava anche l’elenco delle opere.

Va aggiunto inoltre che “elemento imprescindibile dei conventi francescani è la cinta muraria che attorniava tutta la proprietà ad uso esclusivo del convento stesso. L’estensione e le dimensioni del recinto del convento di Verucchio sono imponenti”. Un muro alto circa due metri e mezzo, coperto con coppi.

Con l’arrivo di Napoleone in Italia, a Verucchio vengono soppressi i due conventi dei francescani, quello degli agostiniani e quello dei cappuccini. Le loro chiese e i loro beni entrarono a far parte del pubblico Demanio. Per questo motivo fu redatto l’inventario del luglio 1800 per la conoscenza e soprattutto per valutare i beni requisiti.

Numerosi sono i volumi usciti negli anni dedicati alla Collegiata (Pasini, Pecci, Rimondini), ma prima di questo lavoro della Giuccioli solo poche, e sparse, notizie sul convento francescano. La Giuccioli con questa opera ha restituito alla collettività verucchiese un tassello importante della sua storia, ma ha anche fornito agli studiosi materiale prezioso per lo studio della presenza francescana nel riminese.

Paolo Zaghini