Primo maggio: mestieri che scompaiono, ingiustizie che aumentano, un governo che vuole più potere
30 Aprile 2024 / Stefano Cicchetti
L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro: nero. Secondo le stime dell’Istat il sommerso nel 2023 avrebbe prodotto 192 miliardi, ben oltre il 9,2% del totale; riguarderebbe più di 3 milioni di cittadini.
L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro: povero. Se la nostra nazione è terza nella UE e ottava nel mondo per Pil complessivo, la classifica media degli stipendi (Italia 12,6 euro lordi l’ora) ci vede al dodicesimo posto in Europa e al 25esimo su 36 Paesi OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico: gli stati più sviluppati del mondo). Considerando poi il potere di acquisto perderemmo ulteriori posizioni, per via di un’inflazione da noi cronicamente più alta rispetto ai vicini. L’Istat indica inoltre che, tra il 2013 e il 2022, la crescita totale delle retribuzioni lorde annue per dipendente in Italia è stata del 12%, circa la metà della media europea. Il potere di acquisto delle retribuzioni, negli stessi anni, è sceso del 2% (+2,5% negli altri paesi). Il reddito da lavoro medio annuo in Italia è pari a 37.769$ (34.736€ circa) secondo i dati OCSE, mentre la media OCSE è di 49.165$ (45.217€ circa). Il salario minimo in gran parte dell’Europa è un’ovvietà; da noi è un dibattito.
L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro: dei dipendenti. Due terzi delle tasse sono pagate dal 20% dei contribuenti, cioè quelli a reddito fisso e dai pensionati.
Tutto questo lo sappiamo, ce lo ripetiamo da decenni senza che nulla pare possa cambiare. Nessun governo e men che meno quello attuale sembra in grado di incidere anche minimamente sulle diseguaglianze, che anzi crescono, come sulle più macroscopiche ingiustizie, che anzi vengono periodicamente premiate con condoni, colpi di spugna, “pacificazioni fiscali” o semplicemte girandosi dall’altra parte. Al netto di proclami e doglianze, quando non di propaganda la più bugiarda, gli interventi governativi si riducono a oboli nella cassetta delle elemosine, bonus e cotillion che barluginano preferibilmente in prossimità di consultazioni elettorali.
Eppure il lavoro cambia e anche molto in fretta. E a sparire non sono solo certi mestieri tradizionali, come calzolai e fabbri, fotografi e sarti, orologiai e tipografi. La transizione energetica ha già cambiato tutto, la si accetti o la si rifiuti. Si accetti o si rifiuti la guerra, essa stanzia in Europa o alle sue porte almeno dal 1991, cambiandone parecchie di cose. La digitalizzazione e poi l’intelligenza artificiale mettono già seriamente a rischio non solo le figure di assicuratore, bancario, giornalista, postino. Non è più fantascienza sfrenata immaginare macchine che sfornano sentenze giudiziarie, referti medici, combattono guerre, si prendono cura degli anziani. E naturalmente producono, riparano, sorvegliano. Pensano, meglio e più velocemente degli umani.
Sebbene siano questi i cambiamenti di cui dovremmo preoccuparci, riscuote più facilemente consenso una politica che agita spauracchi decrepiti quanti insensati, oltre che iniqui: la paura dello straniero, la discriminazione in base all’orientamento sessuale non maggioritario, perfino la segregazione del disabile.
Nella loro più “alto” esercizio di funzioni, i partiti di governo sono poi ora concentrati nell’imbastire una riforma della Costituzione che non migliorerà di una virgola le condizioni reali di noi cittadini. Una concentrazione di potere senza paragoni nelle democrazie occidentali di cui nessuno sente il minimo bisogno, se non coloro che il potere ce l’hanno già e ora si preoccupano principalmente di tenerselo e con meno inciampi possibili fra i piedi.
L’intelligenza artificiale rimpiazzerà anche i politici in carne e ossa? Data la stima che mediamente riscuotono, in tantissimi sono probabilmente pronti a votare per una macchina. Attenzione però: se funziona troppo bene potrebbe perfino far pagare le tasse agli italiani, far emergere il sommerso e riuscire così ad aumentare anche gli stipendi reali.
Buon Primo Maggio a tutti.
Stefano Cicchetti