Quando Cagnoni era vincente anche come mister del Viserba Calcio
6 Settembre 2023 / Nando Piccari
Prima ancora che come Assessore del PCI, nel 1965 avevo conosciuto Cagnoni allenatore del Viserba Calcio.
Dopo aver giocato con alterne fortune nella Sanges di Don Pippo e Don Valerio, grazie al contributo finanziario di Don Angelini, Parroco di San Fortunato, l’anno prima avevo “fondato” insieme a Bruno Frisoni L’Olympic, destinata poi a diventare il “sacco delle botte” nel campionato Juniores. Ma pure se sconfitti, disputammo proprio a Viserba una delle nostre migliori partite, l’ultima di campionato. Al punto che alla fine il dirigente accompagnatore della squadra locale propose ad alcuni di noi di tornare di lì a qualche giorno per un “provino”.
Fu in quell’occasione che vidi per la prima volta Lorenzo Cagnoni, di cui non solo a Viserba si sentiva molto parlare per i successi della squadra sotto la sua guida.
Nella partitella che ne seguì segnai due gol, per cui quando alla fine lui mi fece un cenno serioso di avvicinarmi, mi aspettavo di ricevere dei complimenti. Invece mi chiese a bruciapelo quanto pesassi e alla mia risposta aggiunse: “Allora devi perdere tre chili”.
Cosicché nei due successivi allenamenti dovetti fare solo dei gran giri di campo, senza toccare il pallone. Fu così che mi rassegnai a lasciar perdere le velleità calcistiche.
Rincontrai Lorenzo alla vigilia della sua nomina a “giovane assessore” della Giunta Ceccaroni. Era il 13 novembre 1966 e per la prima volta mettevo piede nella sede della Federazione Giovanile Comunista, della cui sala riunioni usufruiva pure il Partito. Fu di lì che lo vidi uscire al termine di una riunione; mi riconobbe, mi chiese perché non mi fossi più fatto vedere e io gli risposi che nel frattempo avevo preferito intraprendere l’esperienza di arbitro.
Eletto nel 1970 in Consiglio Comunale a 22 anni, ricevetti da Lorenzo, il più vicino anagraficamente, un generoso apporto a tenere a bada il mio disorientamento e le conseguenti ansie. Poi nel 1973 fu uno dei più convinti a propormi come vicecapogruppo.
Tornato in Consiglio a Rimini nel 1980, dopo cinque anni di Consigliere in Provincia e divenuto nel frattempo Segretario della Federazione Comunista, è subito ripresa la “coabitazione istituzionale” con Cagnoni, intensificatasi ulteriormente nel 1983, con la sua elezione a Vicesindaco e la mia anche a Capogruppo.
Gli ultimi due anni di quel mandato non furono affatto facili, inquinati da alcuni “inciampi” quali un’assurda condanna dell’intera Giunta per il “caso Valloni”, con una sentenza che fu poi ridicolizzata in appello a Bologna, e l’insorgere di una dilagante corruttela in taluni apparati pubblici, che io mi presi la briga di battezzare “la cittadella del sopruso e del malaffare” (ma questo è un altro e più complicato discorso).
A completare il quadro, l’accordo regionale PCI-PSI che nel 1983 “costrinse” i 23 consiglieri comunisti a concorrere con i 5 del PSI all’elezione di un sindaco socialista.
L’insieme di queste circostanze contribuì non poco all’insorgere nel PCI del capoluogo di una competitiva dialettica fra il cosiddetto “partito degli amministratori” e i sostenitori del primato della dirigenza politica tout court. All’inizio una dialettica con intendimenti propositivi, che tuttavia col passare del tempo acquisì caratteristiche divisive nel gruppo dirigente e fra gli iscritti.
Al di là delle intenzioni e anzi un bel po’ nostro malgrado, Lorenzo capo-delegazione del Pci in Giunta ed io, segretario della Federazione, fummo percepiti come i capofila dei due contrapposti schieramenti. La qual cosa fu alla base della decisione di scegliere chi fra di noi dovesse essere capolista alle elezioni del 1985.
Anche se né io né Lorenzo riuscivamo ovviamente vivere con disinteresse quella vicenda, entrambi mostrammo tuttavia una visibile correttezza politica e personale, oltreché – mi piace ricordarlo – un bell’esempio di stile.
Nel marasma del mio archivio cervellotico, sono riuscito ieri a ritrovare la lettera che in quei giorni inviai a Cagnoni e che qui riproduco, estraendone pure alcuni passaggi nel caso fosse difficile leggerne la calligrafia.
«Caro Lorenzo,
ho letto la tua intervista di questa mattina e desidero esprimerti tutto il mio apprezzamento per la pacatezza e lo stile che la caratterizzano. Vincendo un comprensibile imbarazzo (che penso reciproco) vorrei dirti che questa storia dell’antagonismo fra me e te mi disturba e mi fa male. Certo, sentiamo che sta per aprirsi una fase in cui entreranno in ballo tante cose, compresi i destini personali di noi due. Ma penso che sia io che te siamo i primi a volere che questa discussione sia la più serena e utile possibile. Questo (al di là dei “cattivi corrieri di notizie” che quotidianamente fanno la spola fra i nostri due uffici) è quanto vorrei che tu sapessi».
A quella lettera seguirono un biglietto di Lorenzo, che non ho più ritrovato, e una nostra successiva nostra telefonata in cui ci ribadimmo reciproca lealtà, a prescindere da ogni evento futuro. Me ne ricordai nel 1995, quando fu lui uno dei miei sostenitori nelle “primarie PDS” che mi designarono vicepresidente della neonata Provincia di Rimini.
Dal rispetto e dalla confidenzialità siamo poi passati con l’andar del tempo all’amicizia vera e propria. Ci telefonavamo anche solo per un saluto e per gli auguri di compleanno; ogni tanto andavo a salutarlo in ufficio, portandogli pure la tessera e il materiale di documentazione dell’Ascor (l’associazione dei cardiopatici) a cui l’avevo iscritto.
Dalla seriosità degli anni giovanili eravamo ora passati ad un’ironia da cui scaturiva pure qualche momento scherzoso. Come nel raccontarci ogni tanto, con divertita tenerezza, un episodio di cui nei giorni della “competizione” nel 1985 furono protagoniste le nostre figlie, Lucia e Michi, compagne al Liceo Classico e grandi amiche.
Una mattina, transitando da Piazza Tre Martiri per recarsi a scuola, scorgono all’edicola la locandina del Carlino: «Piccari e Cagnoni in guerra nel PCI». Un attimo di sconcerto, ma subito dopo la promessa solenne: «Anche se i nostri babbi si fanno la guerra, noi continuiamo però ad essere amiche e a volerci bene».
Nando Piccari