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Quando l’illuminista riminese Iano Planco se ne andava per Riccione


5 Dicembre 2021 / Paolo Zaghini

Fosco Rocchetta: 
“Giovanni Bianchi (Iano Planco) e le sue visite mediche e di piacere nella Riccione del ‘700” – La Piazza.

Fosco per le sue piccole pubblicazioni (almeno una all’anno, se non due, nell’ultimo decennio) ha in mente solo una cosa: raccontare da diversi punti di vista la sua città, Riccione: la sua storia, i suoi protagonisti, la sua cultura e il suo turismo. Lo fa anche in questa occasione, lavorando sul più grande protagonista culturale riminese del ‘700: Giovanni Bianchi (Iano Planco, 1693-1775).

“Se Rimini nel XVIII secolo si schiuse al nuovo pensiero filosofico e scientifico, proprio dell’Illuminismo, rapportandosi con i maggiori centri culturali italiani ed europei, e con le figure più autorevoli e stimate del tempo, fra cui Voltaire, Morgagni, Algarotti, Muratori, Frugoni, Spallanzani, e tanti altri, lo si deve in misura rilevante a quell’uomo dalla mente eclettica e versatile, e dai molteplici interessi nei vari campi dello scibile: dalla filosofia all’archeologia, zoologia, botanica, agronomia, idrostatica e specialmente medicina, materia principe del suo operare scientifico”.

“Bianchi fu anche un fine letterato, ed a fianco di una smisurata quantità di saggi scientifici e di infuocati scritti polemici, – dovuti soprattutto al suo pessimo carattere che lo induceva spesso a contrapporsi ad alcune tra le principali personalità dell’epoca -, ci ha anche lasciato in eredità preziose testimonianze dei numerosi viaggi compiuti in Italia”. I diari dei suoi viaggi (1740-1774), conosciuti come “Libri Odeporici”, sono conservati presso la Biblioteca Gambalunga di Rimini. Da questi scritti Fosco ha estratto le descrizioni “delle sue escursioni e transiti per la ‘Villa di Riccione’, allora facente parte del ‘Barigellato di Rimino’, in caso di visite ai malati del territorio. Una circostanza di cui sovente il medico riminese approfittava, per accomunarle a piacevoli gite nella zona, in cui costantemente si palesa la sua bramosia di conoscerne ed approfondirne le peculiarità naturalistiche, storiche e archeologiche”.

Il testo è diviso in due parti: la prima è una ricostruzione della biografia di Iano Planco, che deve sicuramente molto alla straordinaria penna del riminese Angelo Fabi (1920-2009) che ha scritto la voce “Bianchi, Giovanni” per il “Dizionario Biografico degli Italiani” (vol. X, Istituto della Enciclopedia Italiana – Treccani, 1968); la seconda agli appunti di Bianchi su Riccione e dintorni.

Scrisse Carlo Tonini nel suo volume “La coltura letteraria e scientifica in Rimini” (1884, reprint Luisè, 1988): “Rimini, nel Settecento, visse e si distinse tra le città d’Italia per la sua importante stagione culturale, in cui pare rinnovarsi ‘il bellissimo spettacolo di quella nobile gara del sapere’, già messa in scena nel Quattrocento all’epoca dei Malatesti, in cui si erge, in primis, la figura impareggiabile di Planco”. E Antonio Montanari in “Lumi di Romagna. Il Settecento a Rimini e dintorni” (Il Ponte, 1992): “Lo scienziato riminese rappresenta un simbolo, nelle sue contraddizioni e nei suoi pregi, di un secolo che s’affaccia sulle grandi novità della scienza, della cultura e della politica, con forti agganci però alle idee precedenti di segno opposto”.

Con Planco si affermò a Rimini anche un gruppo di suoi discepoli, divenuti poi autorevoli personalità, ognuno nel suo campo di studi, nel panorama della cultura italiana della seconda metà del secolo XVIII: l’abate Giovanni Antonio Battarra che studiando gli usi e costumi dei suoi contadini nel podere di Pedrolara a Coriano, scrivendo dei problemi dell’agricoltura (“Pratica agraria” del 1778, reprint Ghigi, 1975), fondò, senza saperlo, la scienza dell’etnografia; l’abate savignanese Giovanni Cristofano Amaduzzi che si occupò di filologia e filosofia; il lughese Francesco Bonsi che si occupò di veterinaria quale massimo esperto di cavalli della sua epoca; il medico Michele Rosa; il cardinale Giuseppe Garampi, nunzio apostolico e prefetto degli archivi vaticani, che si occupò di storia, archeologia e numismatica.

I diari di Bianchi, i “Libri Odeporici”, insieme a sue numerose lettere, “rappresentano una fonte preziosa per apprendere come si viaggiava nel ‘700 lungo le strade della Penisola, ed ancora conoscerne gli ambienti, il modo di vivere, la cucina, i passatempi, la mentalità delle persone incontrate, fossero queste scienziati ed eruditi, od umili osti e contadini”. Planco li compilava di giorno in giorno, con minuzia certosina e dovizia di particolari.

“Le visite mediche nei dintorni della città malatestiana, il più delle volte a malati appartenenti a famiglie nobili, costituivano una occasione, che di frequente Bianchi coglieva, per associarle a gite di piacere e svago, non esclusi lauti pranzi a base i pesce, accompagnati da eccellenti vini, cui facevano seguito salutari bagni di mare”. Tante volte Bianchi, con la “birroccia”, come chiamava la sua carrozza, transitò o si recò a Riccione, partendo di prima mattina.

E ci racconta delle sue visite, frequenti, al Castello degli Agolanti, a San Lorenzo, a Fontanelle, ospite di famiglie nobili locali. In queste visite si interessava anche degli aspetti storici e archeologici del territorio. La raccolta e l’acquisto di antichità (monete, epigrafi, ceramiche) in tutte le località che visitava, Riccione compresa, fecero della sua casa riminese un vero e proprio museo.

Un ricco apparato iconografico accompagna le pagine del testo di Fosco, nonché, in fondo, memore del suo essere stato direttore della Biblioteca di Riccione, una bibliografia completa delle opere del Bianchi e di volumi a lui dedicati.

Paolo Zaghini