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La guerra del capogruppo di Fratelli d'Italia contro i minimarket di Rimini mare


Quel vino del Duce non è poi un poi un granché


13 Maggio 2024 / Nando Piccari

Ha sicuramente fatto piacere a tanti la notizia che Rimini si appresta ad onorare la memoria di Marco Pantani, dedicandogli una statua all’interno del “Parco del Mare”, sul Lungomare della città in cui la sua vita ha avuto il tragico epilogo.

Per il bene che gli Italiani hanno voluto a questo splendido e sfortunato ragazzo, c’è da augurarsi che quel prestigioso e meritato riconoscimento ponga finalmente termine al triste martirio a cui, proprio qui a Rimini, è stata a lungo sottoposta la memoria di Pantani, per effetto di comprensibili motivazioni affettive, supportate da strategie legali tese a negare l’inequivocabile evidenza con cui la Procura della Repubblica ha saputo ricostruire la tragica fine del grande campione.

A proposito della Procura della Repubblica riminese, per sua fortuna Nordio, occupato com’è a fare da reggicoda alla Meloni e ai post-berlusconiani nel mettere il guinzaglio alla Magistratura, non ha letto le nostre cronache di questi ultimi giorni, altrimenti il solerte passaparola della Spinelli ci avrebbe già reso edotti di una sua solenne incazzatura.

Il motivo è presto detto. Come si sa, commentando in TV le vicende giudiziarie di Toti “beneficiante e beneficiato”, il Ministro della Giustizia non le ha mandate a dire agli inquirenti genovesi, criticandoli (al contrario di Salvini e Crosetto) non tanto «sul momento in cui scatta il provvedimento cautelare, rispetto cioè all’imminenza delle elezioni» ma per «l’adozione di una misura rispetto ai tempi in cui è stato commesso il reato e al tempo in cui sono iniziate le indagini (…) si tratta di fatti che risalgono ad alcuni anni fa e l’inchiesta non è nata oggi ma tempo addietro».

É la medesima colpa di cui si sono macchiati, a Rimini, sia la Procura della Repubblica che ha coordinato le indagini sia il Giudice per le Indagini Preliminari, che ha emesso un’ordinanza in esecuzione della quale i Carabinieri hanno provveduto ad 11 misure cautelari nei confronti di persone indiziate di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze dopanti. Ma se mai la Spinelli dovesse attaccare quei Magistrati riminesi in nome e per conto del Guadasigilli, loro potrebbero sempre cavarsela ricordando le ultime parole di quella sua difesa di Toti:

«Da pubblico ministero raramente ho chiesto provvedimenti di custodia cautelare dopo anni di indagine».

È chiaro che dopo una simile ammissione Nordio debba coerentemente mettersi d’accordo con se stesso, auto-incavolandosi per avere fatto pure lui ciò di cui accusa, a questo punto comicamente, i magistrati genovesi. E magari lo ha fatto in una delle non poche volte volte in cui, al tempo di “mani pulite” si era dato la grottesca missione di dimostrare che i comunisti erano “tangentisti” al pari degli altri.

Post scriptum

Quel vino del Duce non è poi un poi un granché

Sabato il Carlino riportava, corredato di foto, un articolo riferito all’oramai ricorrente cialtroneria estiva di qualche negozio che esibisce in vetrina la delinquenziale immagine di Hitler e Mussolini. Quando all’indomani, sempre sul Carlino, ho letto il titolo «Vini con foto dei dittatori. Renzi: Giro di vite sui minimarket», mi son detto: “Osta Gioenzo! Va a finire che il 25 aprile, che tanto ha disturbato Rufo Spina, a lui ha invece fatto bene”.

Ma mi è bastato leggere poi l’articolo per capire… che non avevo capito niente. Perché a Renzi non danno affatto fastidio quelle etichette criminalizie che neppure nomina, ma lui si dice convinto «che il problema vero sia un altro. Parlo della bassa qualità dell’offerta commerciale che caratterizza diversi negozi etnici e bazar spesso non all’altezza di una città turistica come Rimini che invece dovrebbe ambire a ben altro. Su questo fronte credo occorrano misure più stringenti e controlli ancora più serrati, arrivando a revocare la licenza in caso di recidiva».

Parrebbe dunque di capire che Gioenzo si sia scolato un quartino di vino del duce, ma sia rimasto deluso dall’incapacità di chi l’ha prodotto a dargli una gradazione degna di quell’etichetta. E pensare che invece lui già pregustava la gioa di quando, non appena scolato il bicchiere, gli sarebbe venuta l’irrefrenabile voglia di intonare un altisonante “Duce, tu sei la luce!. Ehia, Ehia, Alalà!”.

Nando Piccari