Quelle altalene contro la Nato e Maddalena Fellini che aveva capito tutto
22 Luglio 2022 / Nando Piccari
Onde evitare eccessi di tensione, nocivi alla salute, ieri avevo avviato la non facile ricerca di un argomento da trattare che mi tenesse lontana la tentazione di infamare, con il dovuto turpiloquio, la fellonia di Conte, la pusillanimità di Salvini e della sua ruota di scorta Berlusconi. Tutti e tre impegnati, a vario titolo, nello sforzo di consegnare la guida del Paese in mano ad una borgatara romana che sembra la versione femminile del coatto Er Patata.
Una ricerca vana, che ripresa stamattina si è però conclusa con successo.
Mi sono infatti ricordato di aver letto più volte, nei giorni scorsi, di una simpatica “iniziativa balneare”: la ricollocazione in alcuni punti della spiaggia di qualcosa che fa parte della nostra memoria collettiva e che, nel suo piccolo, detiene un posto nella storia del turismo riminese: l’altalena sulla battigia. Quel semplicissimo ma allegro “marchingegno ludico” il cui ricordo è ancora vivo in tanti riminesi e turisti di ogni età, che “cavalcandolo” ne hanno tratto momenti di allegria, in un tempo (ahimè) oramai lontano.
Mi piacerebbe se uno di questi giorni, facendo ricorso a tutta la scorta di autoironia che mi è rimasta, trovassi il coraggio di andarmici a dondolare. E poiché il grado di emotività aumenta con l’avanzare degli anni, sono sicuro che chiudendo gli occhi sarebbe un po’ come rituffarmi nell’atmosfera di quelle mie irripetibili estati giovanili, quando il lavoro stagionale in spiaggia si intrecciava con momenti di sano e semplice divertimento, ben lontani da certi eccessi “modaioli” che oggi sembrano quasi tormentare tanti giovani, più che appagarli.
La mia “carriera” di stagionale estivo inizia nel 1962, a 14 anni, come “garzone di farmacia” e dal 1963 al 1968 prosegue poi nel ruolo di aiuto-bagnino mosconaio.
Una delle innumerevoli altalene disseminate lungo l’arenile era posizionata proprio a fianco del parcheggio di mosconi collocato davanti agli ombrelloni del “mio” Bagno 5 (oggi 11), per cui la sua visione mi ha accompagnato ogni giorno, da metà giugno a metà settembre. Una visione che nel 1967 ha pure avuto un impegnativo “supplemento notturno”.
Vi era in quegli anni un forte impegno della Federazione Giovanile Comunista, di cui a Rimini ero il vicesegretario, a manifestare sia solidarietà al Vietnam invaso dagli Americani, che a rivendicare l’uscita dell’Italia dalla Nato.
Di giorno ci sgolavamo a gridare “Yankee Go Home!” ogni qualvolta ci capitasse di incrociare uno dei tanti macchinoni in dotazione ai militari USA, che di fatto erano i padroni dell’aeroporto di Miramare. La notte si faceva invece “l’uscita”, come chiamavamo la scorribanda notturna a comporre scritte per terra (mai sui muri) lungo le strade e nelle piazze o ad affiggere quantità industriali di manifestini autoprodotti nella sede di Corso d’Augusto, all’inizio solo a mano e da un certo momento in poi anche con l’ausilio di una rudimentale serigrafia.
Quell’estate decidemmo e preparammo meticolosamente una grande “uscita” in spiaggia, a tappezzare di “manifestini anti-imperialisti” la plancia sovrastante ogni altalena, riservata alla pubblicità della Campari.
Per poterci arrampicare fino in cima all’altalena, sotto la guida di Walter Moretti e Stefano Cevoli, i nostri “compagni operai”, avevamo fabbricato delle scalette in legno, addirittura verniciate di nero per impedire che la luce dei fari posti sulle cabine dei bagnini potesse farle scorgere in mano a dei ragazzi… che invece passeggiavano tranquillamente sulla riva.
Conclusa l’avventura, non andai a dormire le poche ore rimaste a casa, dovendo arrivare alla Grotta Rossa in bicicletta, ma come tante altre volte trovai rifugio dal mio amico e complice Marco Albonetti.
Arrivato al mattino in spiaggia, fui subito subissato dagli ironici interrogatori di Augusto e degli altri bagnini vicini, sicuri che io avessi a che fare con la cosa, della quale mi mostravo invece pure io sorpreso. E nel farlo strofinavo i piedi sulla sabbia bagnata della battigia, temendo che si accorgessero della grandi macchie nere lasciate dal salire su quelle scale, la cui vernice non aveva fatto in tempo ad asciugarsi del tutto.
Nel corso della mattinata mi arrivò pure il divertito sfottò di qualcuna delle (poche) simpatiche “signore bene” degli ombrelloni di prima fila (più di tutte lo era Maddalena Fellini). Insieme a quella di parecchi ospiti del bagno 5, poiché all’epoca i vacanzieri tornavano di norma ogni anno sulla stessa spiaggia, rimanendovi per molti giorni, cosicché diventavano normali la conoscenza e la confidenza reciproche.
Ad un certo punto della mattinata, mentre gli operai della “democristiana” Azienda di Soggiorno” staccano ad uno ad uno i manifesti, vedo arrivare verso di me due poliziotti in divisa. “Alè, mi hanno preso”, mi viene naturale pensare.
Invece i due agenti prima mi chiedono molto cordialmente se io abbia qualche sospetto circa i responsabili. Al mio dispiaciuto diniego raccomandano di contattare subito la Polizia nel caso me ne sorgano in seguito. Poi se la cosa abbia arrecato danno al nostro bagno: “Insomma, un po’ certamente”, rispondo io.
Da sotto l’ombrellone Maddalena Fellini si è goduta la scena. Così, non appena i poliziotti se ne sono andati, mi lancia ad alta voce un “Va là Nandino, che ti è andata bene”.
Nando Piccari