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Quelle rime buccali del nostro presidente Bonaccini


25 Luglio 2020 / Lia Celi

Ah, le rime. Parola che evoca antichi menestrelli, moderni improvvisatori hip-hop e lontani ricordi scolastici di metrica e prosodia, quando ancora la si studiava. “Schema del sonetto: ABBA ABBA CDE ECD”, si leggeva nell’antologia sotto Tanto gentile e tanto onesta pare.

“ABBA ABBA CDC DCD” era lo schema delle rime del foscoliano Alla sera. La rima può essere alternata, incatenata, incrociata, baciata (la più comune, quella delle filastrocche e di “qui comincia l’avventura/del signor Bonaventura”).

Questi quattro tipi ci sono bastati dal Duecento a oggi per confezionare secoli di poesia italiana, dagli stilnovisti fino alle canzoni di J-Ax. Ma l’era post-coronavirus ha bisogno di altre strutture poetiche, più consone a un mondo dove il distanziamento sociale è la nuova regola di vita.

Le rime baciate, ad esempio, sono un sicuro veicolo di contagio, per non parlare di quelle incrociate. Ce ne vogliono altre, igienizzate e sanificate: signore e signori, verseggiatori e no, ecco a voi le rime buccali. A proporle non è un poeta virologo come Girolamo Fracastoro, il medico padovano del Cinquecento il cui poema epico-sanitario, Syphilis sive de morbo gallico, diede il nome alla malattia venerea più gettonata dell’epoca. E’ il presidente della nostra regione, Stefano Bonaccini, che ha firmato l’ultima ordinanza sulle norme in materia di distanziamento.

Il famoso metro di distanza da tenere da persona a persona, dice il documento, deve intercorrere «fra le rime buccali dei soggetti interessati». Chiariamo subito l’equivoco: qui non si tratta di rima poetica, ma di un termine raro, omofono e di diversa etimologia, che significa “fessura lineare posta fra due parti omologhe adiacenti”. In linguaggio medico si usa a proposito degli occhi – la rima palpebrale, quella dove noi signore mettiamo il kajal – e, per l’appunto, della bocca: rima labiale o buccale, la riga formata dalle labbra una sopra l’altra, il malefico spiraglio da cui possono sprigionarsi goccioline infette.

Ed è fra una fessura e l’altra che va misurato il metro di distanza, cosa non agevolissima, a meno di non tenere fra i denti un metro a nastro che scatta in avanti tipo lingua di formichiere. Si potrebbe anche stabilire il metro stando uno di fronte all’altro mentre si protende entrambi il braccio, ma c’è il rischio che una giusta precauzione venga interpretata come uno scambio di saluti fra neonazisti.

In linea di massima, se i nostri piedi sono a un metro abbondante da quelli dell’interlocutore, probabilmente lo sono anche le nostre bocche, a meno che entrambi non ci inchiniamo alla giapponese; nel qual caso si incontreranno prima le nostre capocce, e potremmo ritrovarci con un sospetto di Covid e con un sicuro bernoccolo sulla fronte.

Auspichiamo la rapida messa a punto di un apposito sensore tipo quelli di parcheggio, da tenere appeso al collo, che faccia bip-bip quando la distanza fra la nostra rima buccale e quella del vicino scende sotto i cento centimetri regolamentari, imponendo il passo indietro o l’uso della mascherina. A proposito: bip-bip si può considerare una rima baciata?

Lia Celi