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Il dottor Tonino Tomasetti era riconosciuto ed indiscusso capo branco dei ciclisti che ogni domenica intasano la Marecchiese


Quelli del Bar Sergio: che la folle corsa abbia inizio


5 Luglio 2023 / Enzo Pirroni

Chi leggerà questo articolo non potrà fare a meno di ricordarsi di quando, in viaggio, nelle mattine domenicali, si è trovato nell’impossibilità di sorpassare un gruppone di ciclisti che caoticamente, ravvolto in una nuvola multicolore, tra lampi di cerchi, fruscio di tubolari, procedeva all’impazzata lungo la Marecchiese, attraverso le balze fiorite, la rigida pezzatura dei campi, e l’apparire e il dissolversi di quei paesi che da sempre scandiscono la storia di quella magnetica, bellissima arteria che da Rimini penetra nel cuore del Montefeltro.

Ad un automobilista che non fosse preso dal morbo della velocità e che fosse tollerante e ben disposto verso i “corridori della domenica”, sarebbe dato di scorgere, tra quella moltitudine ingobbita e vociante: ghigni feroci, volti stravolti dalla fatica, folli cavalieri che guatano dubbiosi i compagni di ruota, ed avrebbe avuto modo di assistere ad una vera e propria corsa disperata, una impietosa gara ad eliminazione, nella quale ogni partecipante anelava alla distruzione, all’annientamento di tutti gli altri. In questa competizione non ufficiale, in cui non esiste numero, ogni mezzo è lecito pur di arrivare con i primi: per lo sconfitto, per chi si attarda, per colui che sfortunatamente incorre in un incidente non esiste pietà. Incuranti dei semafori rossi, dei divieti stradali, della sicurezza personale, questi “ciclisti dell’ideale”, corrono a perdifiato inseguendo chissà quali lontane chimere per andare a perdersi in una ingloriosa  polvere o trionfare in un’ aureola di luce.

Sono quelli del “Bar Sergio”. Da codesto locale pubblico riminese, situato in via di Mezzo, ogni domenica mattina e ogni festa comandata, prende il via, da almeno quarant’anni, questa apparentemente dopolavoristica, ma in realtà spietata e inesorabile kermesse. Cominciamo, come si conviene ad un cronista serio, a fare un po’ di storia ed a presentare coloro che sono stati e sono tutt’ora, i soggetti più pittoreschi e rappresentativi.

Tutto ebbe inizio grazie alla passione autentica del dott. Antonio Tomasetti, il quale era solito radunare sotto la propria abitazione, i compagni di avventura, per effettuare quelle uscite,  che in quei tempi, (anni 60) erano vere e proprie amene scorribande su due ruote. Tra coloro che possiamo definire i precursori, c’erano ciclisti con un nobile passato dilettantistico alle spalle, come Leo Alessi e Lino Rossi, ed altri meno titolati ma ugualmente  tenaci e sinceramente innamorati della bicicletta come Libero Zanotti, Giuseppe Morri, Marco Mistroni, Romano Semprini, Pazzi. A costoro si aggiunsero, in seguito Alfio Vandi, Glauco Santoni, che professionisti lo furono sul serio, Paolo Manfroni, Sergio Fabbri, Renzo Pecci….

Alfio Vandi

Lo scopo iniziale era quello di percorrere, ad un ritmo ragionevole, lunghe distanze. Costoro sfilavano per pianure, si inerpicavano per strade montane, affrontavano discese  lunghe e pericolose affidando alla bicicletta il compito di operare una trasfigurazione poetica del reale, di tutto ciò che gli occhi riuscivano a captare durante quelle estenuanti, francescane peregrinazioni, per poi vivere dentro se stessi, la gioia autentica che il senso di libertà, di scoperta, di ritrovata fanciullezza, produceva nei di loro cuori. In seguito, essendosi il gruppo ingrossato, avendo perduto quell’aspetto intimo e sodale che l’aveva caratterizzato nella prima fase pioneristica, anche il luogo convenuto per la partenza cambiò: non più l’area antistante l’abitazione del dott. Tomasetti ma il piazzale sul quale sorge, in via di Mezzo il “Bar Sergio”.

Il dottor Tonino Tomasetti, riconosciuto ed indiscusso capo branco, se ne andò improvvisamente, quando da poco aveva doppiato la boa dei cinquant’anni. Con la sua dipartita il gruppo,  superato lo sconforto cercò di riorganizzarsi. Si compattò. Tutti i “cicloamanti” vollero mantenere fede alla tradizione e pur accettando i cambiamenti che, inevitabilmente sono generati dai drammi quotidiani della vita umana in costante mutamento, cercarono di tenere vivo quello spirito primigenio attraverso la continua rievocazione della originaria tensione.

Si dice che in una riunione dei vertici, si eleggesse il nuovo “capitano di strada”. La scelta cadde su Marino Giorgi, nome di battaglia “The killer”, di professione idraulico. Marino ha avuto per tanto tempo l’alta, esclusiva, assoluta prerogativa di decidere il percorso. Fino a due minuti prima della partenza, che viene data alle nove nei mesi invernali ed alle sette in estate, nessuno sapeva quale sarebbe stato il giro da percorrere. Dopo che Marino aveva fatto conoscere il suo volere, il serpentone si metteva in moto. La folle gara aveva inizio. Tutti coloro che dicono di voler andar piano, di non essere interessati alla corsa, tutti quelli che sostengono che è molto meglio andarsene a passeggio e gustarsi il paesaggio, mentono sapendo di mentire. Affermano questo perché non hanno forze bastanti per starsene con i primi. L’eterna storia della volpe e l’uva. Chi ha intenti pacifisti, chi non è attratto dalla competizione, chi non ama mettersi in gioco non prende il via con quelli del “Bar Sergio”.  I navigati “marpioni” del pedale, i superbi “giovani turchi”, verdi di età e resi forti dal continuo allenamento, gli anonimi comprimari, i fanatici del mezzo meccanico e la massa degli umili, gli eterni sconfitti, vanno a dar corpo ad una rappresentazione, la quale, nonostante la vivacità variopinta, riesce ad essere semplice ed elementare come il contrasto cromatico tra  bianco e  nero.

Qui ogni personaggio è spettatore ed attore ed in questo “branco”, domenicalmente si assiste  a tutta l’imponente e colorita varietà della vita reale. Il dialetto ha ancora, in tale ambito, dignità comunicativa, i riferimenti folcloristici sono continui, la beffa, strumento ormai purtroppo obsoleto, rivive nella sua intelligente ferocia. Per un’intera settimana, nei negozi dei ciclisti, nelle sedi dei clubs, nei bar dei quartieri, aspettando che Marino”The Killer”,  studiasse un altro itinerario e desse una nuova partenza, a tener banco erano i racconti, il pathos evocativo dei quali, insieme affettuoso e grottesco, produceva un’arte narrativa plebea che restava continuamente in bilico tra fantasia e ed argomentazione razionale.

Glauco Santoni

D’altra parte “mitici” e quindi assoluti, sono diventati ed ancor oggi lo sono, taluni personaggi, al punto che, nella consorteria ciclistica sono conosciuti esclusivamente attraverso il soprannome: “Anquetil”, alias Pagliarani Franco, cugino del più famoso Giancarlo, aveva ricevuto un nome così importante in virtù della sua tenacia ed abnegazione nel voler imitare lo stile dell’incomparabile campione normanno. “La maglia rosa” era solo ed esclusivamente Guerrino Vendemmini. Soltanto a lui era dato di indossarla ed egli andava orgogliosamente fiero di quello, che ai suoi occhi pareva, un enorme privilegio. C’era peraltro un “Taiadela”, un “Tramezzino”, “il Lupo” altri non era se non Cesare Pari che svolgeva il mestiere di vetraio a S.Ermete.

I “giri” inoltre, hanno la cadenza e il ritmo delle stagioni. Esiste il famoso “giro della boa” (Rimini, Pesaro, Fano, Fossombrone, Urbino, Pesaro, Rimini), il “giro di Sestino” (Rimini, Monte Cerignone, Mercatale, Lunano, Sestino, Ca`Romano, Novafeltria, Rimini) ed il “Memorial Tomasetti”, una cicloturistica che si effettua il lunedì di Pasqua. Tutti i ciclisti del “Bar Sergio”, in tale occasione si recano a Novafeltria, paese natale del dott. Tomasetti, per rendere, con questo pellegrinaggio sportivo, un doveroso omaggio alla memoria del popolare “dentista” scomparso. Un tempo si credeva che Gerusalemme fosse collocata al centro della superficie terrestre. Non era vero, ma quella era la credenza.

Oggi, a Rimini, nessuno può negare che il “Bar Sergio” è stato ed è il luogo privilegiato, il centro di ogni attività ciclistica amatoriale. Altri bar si sono provati ad essere alternativi al “Bar Sergio”. Sono stati tentativi falliti prima ancora di veder la luce. Esserci. Ecco ciò che rende fiero chi alla domenica mattina, con qualsiasi tempo, si reca, in sella alla propria “specialissima” ad un così importante ed atteso appuntamento. Come Omero dovrei dire: “Di tutti i Danai non potrei parlare ne` riportare il nome / neppure se avessi dieci lingue e dieci bocche”. Chiunque abbia pedalato, anche per una volta sola, con quelli del “Bar Sergio”, si sarà sentito orgoglioso per aver realizzato una  performance. Potrà sempre dire: io c’ero!

Enzo Pirroni