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Renzi, Martina o… Cicerone?


31 Luglio 2018 / Nando Piccari

Credo non sia solo mia la curiosità di sapere quale eccelsa “mente dirigenziale” del PD abbia avuto per prima l’idea di invitare Di Maio alla prossima Festa nazionale dell’Unità. Lui ha inizialmente finto di accettare l’invito per poi declinarlo subito dopo, con una scusa – «un possibile viaggio all’estero» – che fa il paio con quella della “zia malata” a cui in tanti, nella nostra adolescenza, abbiamo fatto ricorso per giustificare un’impreparazione scolastica.

Però è una fortuna che ci abbia pensato il ridanciano cacasotto a lasciar cadere la cosa! Altrimenti il residuo “popolo piddino”, che in massima parte si ostina a non arrendersi al “clan dei casaleggesi”, avrebbe patito l’auto-provocazione di quella presenza come una scelta talmente masochistica da far apparire sadico perfino Tafazzi. Allora tanto valeva invitare addirittura Salvini, il vero azionista di riferimento di questo governo, nonostante la funzione (o finzione) di premier sia in capo ad un tipo spaesato che quando parla in Tv sembra sempre avere una caramella in bocca, mostrandosi incredulo e perplesso come se si chiedesse: “Ma non è che stia sognando?”

È un governo, questo, per metà in sintonia con la delinquenza No-Tav e con gli interessi di quanti, al posto del treno che finalmente trasporti le merci in modo veloce e pulito, vogliono continuare a vedere i tir che inquinano l’aria.

Un governo che sta trattando la gigantesca partita dell’ILVA di Taranto come una bega da cortile.

Un governo dove c’è chi fa felici i petrolieri osteggiando l’arrivo del gasdotto in Puglia. Un governo che vuole presidente della Rai un noto “social-manganellatore” del Presidente Mattarella.

Un governo che sta via via trasformando il Viminale nel “ministero della razza italiana”, il cui repellente tenutario persegue con scurrile vanteria e maleodorante dissenteria comunicativa una turpe “cattiveria di Stato”, procurando un supplemento di sofferenza a centinaia di disperati in mare, minacciando schedature di Sinti e Rom, minimizzando gravi episodi di violenza razzista divenuti oramai quotidiani, esumando dalla discarica della storia l’idiota volgarità del mussoliniano «molti nemici molto onore».

Un governo il cui caricaturale “ministro della famiglia” vuol relegare ad “orfani di Stato” i figli di genitori gay, per la gioia degli sgherri fascisti di Forza Nuova che proprio sabato scorso, qui a Rimini, hanno co-diretto insieme ai pretoni di Lefebre – quelli coi sottanoni e la nostalgia della “santa inquisizione” – una lugubre adunata contro…la libertà di sentirsi liberi.

Un governo che mette a rischio la salute pubblica strizzando l’occhio alla superstizione, all’irresponsabilità e all’ignoranza anti-scientifica di chi osteggia i vaccini.

Per non parlare dei due padroni del partito 5 stelle, Casaleggio e Grillo. Il primo, mutuando le comiche e pazzoidi teorie del defunto genitore, pronostica l’eliminazione di quell’inutile fastidio rappresentato dal Parlamento, sostituito dalla “democrazia diretta” che farà diventare “legislatore” ogni possessore di iphone. Il quale, dopo essersi sollazzato con qualche giochino, aver twittato un paio di patacate agli “amici” ed essersi fatto un selfie, già che c’è andrà pure sul sito della Camera, a “votare online” il bilancio dello Stato.

Invece il guitto genovese la fa più facile: il Parlamento rimarrà, però con deputati e senatori non più eletti ma sorteggiati. Cosicché la grande lotteria abbinata alla “Prova del cuoco”, insieme ai premi in denaro, metterà in palio anche qualche seggio da deputato e senatore.

Ma come può esservi nella dirigenza del PD chi concepisca la possibilità di un confronto con qualsiasi membro o mandatario di questo governo? Passi per Boccia, che si può capire, perché a passar la vita fra Michele Emiliano e Nunzia Di Girolamo poi uno ne risente. Ma a tutti gli altri non basta vedere quali siano, solo dopo poche settimane, i perversi frutti del tracotante assemblaggio fra la gradassa spacconeria legaiola, ai limiti del bullismo, e la vacuità politica e culturale del grillume che si infervora recitando il bla-bla-bla?

«Mala tempora currunt»: “corrono brutti tempi” per il PD e per quel po’ di centrosinista che lo affianca, mi verrebbe da concludere facendo così contento il mio quasi parente Don Romano Nicolini, che dell’incentivazione a studiare il latino ha fatto la sua seconda missione. Occorrerebbe tuttavia evitare almeno il «sed peiora parantur» (“ma se ne preparano dei peggiori”) che costituisce la seconda parte di quella frase di Cicerone.

Non sarà facile, ci vorranno coraggio, innovazione, lungimiranza e tenacia. Ma prima di ogni altra cosa, guardando indietro a questi anni, occorrerà tenere a mente l’ammonimento che, anche in questo caso, ci detta Cicerone: «Nihil inimicus quam sibi ipse», “nulla ci è più nemico di noi stessi”.

Nando Piccari