Ridateci il parcheggio di piazza Malatesta
20 Agosto 2021 / Nando Piccari
Non ci sarebbe da stupirsi se si scoprisse che c’è qualche casa automobilistica dietro a questa campagna di nostalgico rimpianto per l’ex parcheggio di Piazza Malatesta, smantellato dalla Giunta del Despota Gnassi e della Vice-despota Gloria Lisi (ora detta Gril-lisi) per far spazio a tutto quel popò di roba intestata a Fellini, che avrà pure fatto qualche bel film, ma adesso non se ne può più.
È verosimile immaginare i dialoghi intercorsi in alcuni salotti riminesi fra i primattori di certa malmostosa “intellighenzia” con la puzza sotto il naso: “Ma ci pensa, Professoressa Tal dei Tali? Osano chiamare Museum un ammasso di ritagli di pellicola e di banali gigantografie. Horresco referens!”. “Non me ne parli, Architetto Tizio Caio: horribile dictu e più ancora horribile visu”.
È inevitabile e naturale che interventi destinati a cambiare, almeno in parte, il volto di una città provochino gran dibattito e suscitino opinioni anche contrapposte, con cui debba misurarsi la compagine al governo in quel momento. Però starà a lei, a lei soltanto, doversi poi assumere la responsabilità della decisione finale.
Lo so che piange il cuore, alle migliaia di persone festanti ieri sera in Piazza Malatesta, per il contemporaneo attacco polemico subito dall’ottantina di illuminati denigratori raccoltisi all’Arco d’Augusto. Ma se la cosa può consolare quell’immensa “plebe” (copyright Nadia Urbinati), così è sempre accaduto e sempre accadrà.
Se mi si passa l’arditissimo paragone, ricordo quanto ben più in grande successe a Parigi, al momento della progettazione e della successiva costruzione del Centro Pompidou, sorto anch’esso – quando si dice la coincidenza… – sull’area di un preesistente parcheggio.
Oggi il Beaubourg è universalmente riconosciuto come un prestigioso monumento alla cultura, eppure negli anni ’70 non gli sono mancati insulti isterici e goliardici frizzi e lazzi.
Pensatori del calibro di Davide Frisoni definirono infatti il Beaubourg una «raffineria del petrolio», «l’hangar dell’arte» , il «grande inceneritore della cultura». Mentre le elucubrazioni di taluni intellettuali di rango superiore (in grado quindi di non far invidia a Rimondini) scorgevano in Renzo Piano, come negli altri progettisti di quell’opera, un’analogia con cineasti, fumettisti e romanzieri dediti al tema dell’orrore.
Insomma, succede così in tutto il mondo, con buona pace del capataz della nostrana Italia Nostra (o meglio, Italia…loro), che a tutt’oggi ha già scomunicato parecchi sindaci di questa provincia, tranne naturalmente quello grillino di Cattolica, il Comune di cui – quando si dice il garbo istituzionale! – lui è l‘Assessore grillino all’Urbanistica..
Ma talvolta può succedere che nel groviglio di tanta sofferta problematicità trovi spazio anche qualche momento di comicità: addirittura due, nell’inventato match fra Fellini e Sigismondo.
Il primo è l’accusa alla Giunta Gnassi-Lisi, lanciata da qualche buontempone sui social, di non aver sottoposto il progetto della “fontana felliniana” a referendum. Magari senza quorum, come la minchiata voluta dai grillini al comando a Cattolica, per cui se la partecipazione referendaria sarà di un solo elettore, vorrà dire che… uno vale per tutti.
A rendere ancore più fragorosa la risata c’è poi il come avrebbe dovuto essere la scheda, per ottemperare al postulato di mettere l’elettore in condizione di conoscere nei particolari quanto viene sottoposto a referendum. Avrebbe presumibilmente dovuto consistere in un parallelepipedo rettangolo del peso di mezzo chilo, contenente l’insieme dei disegni e delle relazioni tecniche inerenti al progetto. Per non parlare dell’urna, a quel punto delle dimensioni di un gigantesco caveau.
L’altra ilarità ci proviene dalla tempistica con cui il Senatore Croatti ha richiesto al Ministro alla Cultura di impedire la costruzione della “fontana felliniana”.
Uno si sarebbe aspettato che quell’interrogazione l’avesse svolta non appena l’Amministrazione Gnassi-Lisi ha cominciato a parlarne. O, al più tardi, quando s’era vista la prima ruspa arrivare in Piazza Malatesta. Invece il parlamentare grillino, cui pure non mancano l’aria sveglia e un aspetto pimpante, s’è ridotto a presentarla alla vigilia dell’inaugurazione del Museo Fellini. Per cui anche se Franceschini ora si pentisse del consistente finanziamento concesso, e magari la Soprintendenza scoprisse che ha detto una maronata certificando che del fossato attorno al castello non c’è più traccia, come poter riparare al misfatto? Non rimarrebbe che una mini-colata di asfalto riparatore, in modo che qualche consigliere di Lega e Fratelli d’Italia riprovi l’ebbrezza di tornare a parcheggiare almeno in una porzione di Piazza Malatesta.
Ma non succederà, per colpa di quel tentennamento di Croatti. Così la “fontana” profanatrice e quel sordido Museo Fellini rimarranno lì chissà ancora quanto tempo, a ricordare ai posteri quanto affermato dal candidato sindaco di “Rimini in Comune”, che sarebbe più azzeccato si chiamasse “Rimini sulla Luna”: «Con Gnassi Rimini ha avuto dieci anni di signoria».
Nando Piccari
(nell’immagine in apertura, “Indicazioni stradali per il parcheggio in piazza Malatesta esclusi i giorni di mercato”, da “Foto storiche della Polizia locale di Rimini”)