Rimini ha un nuovo esorcista, farà comodo nella crisi post-coronavirus
4 Luglio 2020 / Lia Celi
Non so voi, ma il fatto che Rimini qualche giorno abbia un nuovo esorcista mi rende più tranquilla. Non che il suo predecessore non fosse valido: ho conosciuto personalmente don Silvano Rughi, anche se non in qualità di scaccia-demoni, e ne ricordo non solo l’approccio paterno e cordiale, ma anche una capacità di intuizione fuori dal comune che gli dava una marcia in più per confortare e sostenere chi non era posseduto da uno spirito infernale, ma si trovava sopraffatto da sfighe in grado di rendere la vita un inferno.
Ahimé, gli anni passano, e l’unico Esorcista che non invecchia è l’omonimo film di William Friedkin, che a quasi cinquant’anni è ancora nella top-ten degli horror. Don Silvano, invece, ha dovuto lasciare il suo posto di Penitenziere della Cattedrale ed esorcista per motivi di età e di salute, e ora a difendere i riminesi dagli attacchi di Satanasso&Co c’è don Giuseppe Tognacci, classe 1962.
Il nostro esorcista 58enne è quindi coetaneo di Bruno Barbieri, di Massimo Giletti e di Alberto Angela, che in un certo senso è un suo collega in campo laico, perché scaccia dalle nostre menti il demone dell’ignoranza a suon di trasmissioni e saggi divulgativi.
Il sacerdote condivide l’anno di nascita anche con Chuck Palahniuk, lo scrittore americano autore di Fight Club, che prima di diventare un film di successo (di cui si ricorda una sola frase, «la prima regola del Fight Club è non parlare del Fight Club») era un romanzo dostojevskiano pieno di riflessioni teologiche. E su alcune un prete, soprattutto se è anche esorcista, potrebbe concordare: «se non otteniamo l’attenzione di Dio», dice Palahniuk, «non abbiamo speranza di dannazione né di redenzione». E «più in basso cadi, più in alto volerai. Più corri lontano, più Dio ti rivuole indietro», un aforisma che sarebbe un eccellente spunto per un’omelia.
Ci dev’essere qualcosa, nel 1962, che spinge i nati in quell’anno a interrogarsi sull’Altissimo e sul suo sulfureo antagonista. Altrimenti perché Axl Rose, anche lui coetaneo di don Tognacci, avrebbe scritto una canzone come Next Door To Hell, ovvero A un passo dall’inferno? «Riposerò aspettando un incantesimo, su questo lato del paradiso a un passo dall’inferno», cantava il frontman dei Guns’n’Roses, che per paradiso intendeva quello falso del consumismo e del vizio.
Ma non c’è bisogno di andare fino in America per trovare un rocker della sua età che ha coltivato una «sympathy for the devil». Della classe ’62 è anche Piero Pelù, quello di El diablo, il ribelle che «gira di notte con le anime perse» e proclama «vendimi l’anima e ti mando alle stelle». Praticamente tutto l’album era uno spot per il Principe del male, e oltretutto nel 1990 rimase per mesi in hit parade.
Scherzi a parte, non mi stupirebbe se un sacerdote nato negli anni Sessanta ascoltasse in canonica hard rock a palla, anziché Claudio Chieffo o le musiche di Palestrina. Ma lei, caro don Tognacci, ascolti anche l’hip-hop o il reggaeton, se vuole. L’importante è che impedisca a Mefistofele di approfittare della crisi post-coronavirus per comprare anime a prezzi stracciati.
Lia Celi