Home___primopianoA Rimini Pio IX accerchiato da Garibaldi e scoppia la guerra delle lapidi

Così nel 2007 repubblicani e clericali ancora duellavano sulle memorie del Risorgimento


A Rimini Pio IX accerchiato da Garibaldi e scoppia la guerra delle lapidi


22 Ottobre 2023 / Giuliano Bonizzato

17 ottobre 1859. E’ appena trascorso il 164° anniversario da quando il Consiglio Municipale di Rimini deliberò l’iscrizione al patriziato cittadino di Giuseppe Garibaldi. Auliche e commosse le parole che illustrano il riconoscimento tributato al “prode Guerriero” reduce dalle clamorose vittorie riportate con i suoi Cacciatori delle Alpi. Ma è soprattutto la risposta nobile e calda del Generale a colpirci e a gratificarci. “Non al merito mio, ma all’idea sublime di redenzione patria ch’io propugno e che propugnerò certamente tutta la vita, io devo la simpatia di questa magnifica popolazione, l’onorevole dono con cui mi avete fregiato oggi. Comunque sia, io vi devo tutta la mia gratitudine, e se la fortuna corrisponde alla mia volontà di servire la causa nazionale, io onorerò la cara mia città di Rimini, che sì generosamente m’accolse cittadino suo. Sono con affetto Concittadino Vostro G. Garibaldi”,

Parole che i Repubblicani Riminesi hanno voluto orgogliosamente eternare posizionando in Via Garibaldi nella primavera del 2007 (bicentenario della nascita), una bella lapide che le riporta.

Ciò che è successo dopo è davvero di pura marca malatestiana! Già, perché come tutti sanno, fin dai tempi della Repubblica Romana (1849), Pio IX fu il più acerrimo nemico di Garibaldi. E fu proprio al tempo in cui veniva insignito della nostra cittadinanza che l’Eroe venne a stento trattenuto, da Cavour e Vittorio Emanuele II, dall’invadere i territori della Chiesa con i suoi vittoriosi Cacciatori delle Alpi, come aveva promesso proprio ai Riminesi di fare, arringandoli dal balcone di Palazzo Gioia.

Bene. Sarà stato forse un caso ma, guarda un po’, subito dopo la solenne apposizione della lapide repubblicana alla presenza delle massime autorità civili e militari, ecco comparire zitta zitta sulla facciata della Chiesa dei Paolotti una… ”contro-lapide” (con tanto di stemma pontificio) del seguente tenore: “A ricordo del 150° Anniversario della trionfale visita di S.S. Pio IX alla Città di Rimini i Riminesi posero”.

Apriti cielo. “I riminesi posero?” Ma quali Riminesi? I Repubblicani presentano una istanza al Sindaco per far rimuovere dalla lapide la firma “I cittadini Riminesi”. Oltretutto la lapide papalina non può dirsi sottoscritta “dai cittadini” non avendo ottenuto la necessaria autorizzazione da parte del Comune, unica Istituzione legittimata a rappresentarci… E poi di quale ‘trionfale visita’ si parla? Ad applaudirlo saranno stati i soli baciapile, quattro gatti paragonati alla nostra città mazziniana e rivoluzionaria!

Risulta che Pio IX, evitò perfino di arrivare a Rimini da Via Covignano, come programmato, essendogli giunta notizia di una congiura… intesa a ribaltargli la portantina! E infine come si conciliano le luminarie, i drappi, i fuochi di artificio i colpi di cannone in onore dell’illustre visitatore riferite dai papalini sulla scorta di testimonianze d’epoca, con la Storia di Rimini del Tonini secondo il quale, appena due anni dopo la visita di Pio IX (1857) il vero, immenso trionfo lo ebbe proprio il suo nemico giurato? Il Generale, infatti fu accolto il 17 settembre del medesimo anno da folle tripudianti che, come riferisce il nostro massimo storico, dopo aver tolto i cavalli dalla sua carrozza, la sollevarono a braccia, applaudendo poi l’arringa che l’Eroe dei Due Mondi tenne contro il Papa dalla ringhiera di Palazzo Gioia preannunciando la sua intenzione di distruggerne il potere.*

Insomma, dopo le guerre d’Indipendenza, abbiamo avuta quella delle lapidi. Certo è che, mettendola su questo piano, Pio IX dovrebbe arrendersi, circondato da Garibaldi in Via Garibaldi da Mazzini (a Borgo Mazzini) da Saffi (in Via Saffi), di nuovo da Garibaldi all’incrocio tra Via Gambalunga e Piazza Cavour, sotto il balcone dell’arringa, e infine da Garibaldi sopra il voltone dell’Arengo.

Per usare il gergo calcistico…una vera goleada repubblicana contro la squadra dei nostalgici dello Stato Pontificio…

Giuliano Bonizzato

*“Dopo aver staccato i cavalli del cocchio in cui veniva, in mezzo a fragorosi applausi e alla vivida luce di numerose faci tirato a mano e quasi portato, fu condotto al palazzo Gioia, destinato a sua residenza. Chiamato dagli evviva si presentò subito dalla ringhiera, che guarda sul Corso, e proferì poche ma vibrate e focose parole, ringraziando delle grandi accoglienze, e vituperando, al suo costume, il dominio papale, alla cui distruzione dicevasi accinto”.

(nell’immagine in apertura: Vignetta di John Tenniel da Punch, Londra, 29 settembre 1860)