Home___primopianoQuando Anquetil, Bobet, Baldini, Aldo Moser e Rik Van Looy si sfidarono a Rimini

E prima del "Trofeo Longines" il fascinoso Jaquot era al Paradiso alla corte dell’incomparabile Ivo Del Bianco fra whisky e belle donne


Quando Anquetil, Bobet, Baldini, Aldo Moser e Rik Van Looy si sfidarono a Rimini


29 Ottobre 2023 / Enzo Pirroni

Il 23 agosto 1959, era una domenica, si correva a Rimini il “Trofeo Longines”, una prova a cronometro a squadre. Teatro di gara il Lungomare. La distanza complessiva era stata fissata in Km.31,486 (un circuito di 4500 metri da percorrere sette volte).

Il pubblico numeroso si accalcava alle transenne. Lo spettacolo non mancava sicuramente, ma la stampa sportiva del tempo non fu, in quell’occasione, tenera con gli organizzatori (il Pedale Riminese presieduto da Alfredo Masinelli). Il quotidiano “Stadio” scrisse: “Troppo breve la distanza, troppo complicata la formula (batterie, finali dei primi e dei battuti), troppo esiguo il distacco tra le pattuglie ed assurdo il regolamento”.

Rik Van Looy vincitore di tappa e prima Maglia Rosa del 42° Giro d’Italia dle 1959, alla sua destra Gino Bartali

Erano presenti i migliori specialisti delle gare contro il tempo. Ogni squadra era composta di cinque corridori. Si presentavano al via tre quintetti d’oltralpe: la “Heliett-Leroux”, guidata da Jaques Anquetil, la “Bobet BP” con a capo Luison Bobet e la “Raphael- Geminiani” del giovane Roger Rivière.

L’Italia confidava nello squadrone della “Ignis” che aveva in Ercole Baldini il suo uomo di punta e nella compagine dell’“Emi” il cui leader era Aldo Moser. C’era inoltre il quintetto belga della “Faema” nel quale l’uomo più rappresentativo era Rik Van Looy. Fu una prova interessante ma le difficoltà e le storture della formula inficiarono il risultato.

Ercole Baldini nel 1959

Vinse (come era prevedibile) la “Heliett-Leroux” di Anquetil, Darrigade, Graczyk, Elliot, Vermeulin, che percorse i quasi trentadue chilometri in 38’05” alla media di Km. 46,192; seconda si piazzò la “Faema” a 59”; soltanto terza si classificò la ”Ignis” a 1’17”. In verità, come si può evincere dai referti stilati dai giudici di gara, tutto si svolse in un vero e proprio bailamme: “…la squadra “Faema”, nell’ultimo giro si fa trascinare, sfruttando la scia, dalla “Heliett-Leroux”, la “Saint-Raphael” è tolta di gara perché il suo quarto uomo (Tommy Simpson) è staccato dai compagni di squadra Rivière, Saint e De Haan”. Ma quest’impresa per il venticinquenne, biondo “Jaquot” fu niente più di un piacevole intermezzo mondano; una sorta di vacanza in riviera consumata, nella notte precedente la gara, tra whisky e champagne chez il night-club “Paradiso” sul colle di Covignano, alla corte dell’incomparabile Ivo Del Bianco.

La classifica del Premio Longines 1959-60

Il raffinatissimo ciclista normanno di Mont-Saint-Aignan, aveva conosciuto Ivo Del Bianco nel 1956 presso il locale parigino “Chez Regine”. In verità erano, sia l’affascinante Ivo sia maître Jaques, due veri fuoriclasse. Il primo era l’incontrastato tombeur de femmes di quell’irripetibile stagione che Federico Fellini splendidamente aveva rappresentato nel film “La dolce vita”; il secondo era un campione del tutto innovativo che, adottando, uno stile di vita contrario a quello che fino allora aveva imposto l’etica del ciclismo, riusciva ad ottenere risultati eccezionali non privandosi dei piaceri della tavola, frequentando il bel mondo e concedendosi non poche avventure amorose.

Eleganti e raffinati, i due, per una virtù magica dei gesti, riuscivano a conferire ad ogni loro azione la levità dell’aria. Non ci fu più nessun ciclista capace di esprimere la classe naturel di Jaques Anquetil né conosco una persona più compita ed urbanamente piacevole di Ivo Del Bianco.

Sergio Zavoli con Defilippis, capitano della Carpano. 1960

Vorrei dire ai lettori giovani che non hanno mai veduto pedalare Anquetil e mai hanno varcato la soglia di un locale diretto da Ivo del Bianco, che non pensino che questa attuale sia un’altra Italia. Ci sarà pure, da qualche parte, un luogo – come diceva Cesare Zavattini – dove il rispetto, il parlare sottovoce, l’educazione siano dei valori? Basta stare un po’ attenti e ripercorrere i tanti fili della storia per non smarrirsi definitivamente.

 

Enzo Pirroni

(nell’immagine in apertura: Jaques Anquetil)