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Il riscopritore della Rimini che non c’è più


26 Dicembre 2016 / Paolo Zaghini

Arnaldo Pedrazzi: “La Rimini che non c’è più. Spigolature” Panozzo editore.

Questo terzo volume di Arnaldo Pedrazzi completa le sue ricerche sulla Rimini che non c’è più, durate oltre un decennio (il primo volume “La Rimini che non c’è più” è del 2003; il secondo “La Rimini che non c’è più. Le dimore gentilizie” è del 2008. Entrambi editi dall’editore Panozzo).

Ma chi è Pedrazzi? Sicuramente un riminese doc, che è stato un affermato medico dentista, ma anche uno studioso di numismatica, oltre che collaboratore dai primi anni ‘90 di “Ariminum”, la rivista diretta da Manlio Masini.

Di lui scrive Masini, cogliendone la metodologia di lavoro: “Dopo avere esplorato la storia romana e malatestiana attraverso le monete e le medaglie, Pedrazzi ha spostato il tiro della sua indagine, mantenendone però il rigore metodologico. Come un segugio segue le “piste” partendo da un “indizio”: una pianta topografica, una foto, una testimonianza. E da qui inizia la sua minuziosa scorribanda tra i testi e gli archivi documentari. Una volta messi a fuoco i singoli aspetti della vicenda, la ricostruisce facendo parlare le fonti scritte. Acuto e distaccato cronista, non interviene con giudizi di merito, ma lascia che siano gli altri, i lettori, a trarre le conclusioni”.

In questo terzo volume, le “spigolature”, Pedrazzi completa le sue ricerche su la Rimini scomparsa in seguito agli eventi dell’ultimo conflitto bellico: sono 18 edifici o luoghi che si vanno ad aggiungere ai precedenti 44 dei primi due volumi. Potremmo definire l’insieme dei tre volumi una banca dati preziosa per la conoscenza dell’urbanistica riminese e dei suoi edifici scomparsi.

Ha scritto Daniele Susini nell’introduzione del volume “Sotto l’ombra di un bel fior … Il monumento ai Caduti per la Libertà in Piazza Tre Martiri 1946-2016” (Comune di Rimini, 2016): “Se ci fermiamo un attimo a riflettere e ci domandiamo quale sia stato l’avvenimento storico che più ha segnato fisicamente la nostra città, abbiamo un’unica e sola risposta: i bombardamenti avvenuti nel corso degli anni della Seconda Guerra Mondiale. Sono i vuoti che essi hanno creato con la distruzione di oltre l’80% del patrimonio immobiliare della città e l’uccisione di centinaia di persone. Le bombe ci hanno portato via per sempre pezzi rilevanti della nostra memoria collettiva”. Ecco, i libri di Pedrazzi aiutano i riminesi a ricordare quella città che oggi non c’è più, sicuramente effetto dei bombardamenti e successivamente dell’intensa edificazione avvenuta negli anni ’50 e ’60.

Le 18 schede di questo ultimo volume trattano, fra l’altro, del Borgo Marina (così come si era costituito dal XV secolo lungo la riva destra del Marecchia, oltre la cinta muraria medievale), della Caserma Castelfidardo (a fianco della Chiesa di Santa Rita), del Consorzio Agrario Riminese (nel Borgo Mazzini), del tratto riminese della ferrovia Rimini-Mercatino Marecchia (poi Novafeltria; attiva dal 1916 al 1952), la Fornace Fabbri (nell’area del V PEEP), il Foro Boario (il mercato del bestiame, inaugurato nel 1867, fra le attuali via Melozzo da Forlì e via Cignani), lo Sferisterio (costruito nel 1816 lungo le mura fra il Ponte di Tiberio e la Rocca Malatestiana per giocare a pallone col bracciale), Casa Buonadrata (in Via Gambalunga, palazzo patrizio del ‘700), Palazzo Zangari poi Petrangolini (al cui interno c’è la meravigliosa Cappella Petrangolini, gioiello architettonico sconosciuto alla maggior parte dei riminesi, sebbene al centro della città nell’angolo fra Corso d’Augusto e Piazza Tre Martiri), Villa Duprè (in Piazza Malatesta, a fianco di Castel Sismondo).

Si potrebbe ragionare a lungo sugli storici non storici, categoria a cui appartiene sicuramente anche Pedrazzi. Ma a volte questi non “professionisti” della storia mettono a disposizione (soprattutto a livello locale), grazie alla fatica delle loro ricerche e del coniugare assieme tutti i dati disponibili, repertori preziosi per altri e per gli appassionati di storia locale. Dunque un grazie convinto a Pedrazzi per il suo lavoro certosino di “scavatore” di informazioni.

Paolo Zaghini