E il Roberspierre riminese andò in Francia coi garibaldini
26 Ottobre 2016 / Redazione
Prima ancora che l’Italia entrasse nella Grande Guerra, il 24 maggio 1915, in molti erano già corsi a combattere. Furono 2.300 i volontari italiani che si arruolarono nelle brigate garibadine con alla testa i nipoti dell’Eroe dei Due Mondi, per unirsi alle truppe francesi sul fronte dell’Argonne. E di questi, ben 150 partirono dall’Emilia e dalla Romagna, Rimini compresa.
A raccontare le loro vicende è ora una ricerca coordinata da Mirtide Gavelli e Fiorenza Tarozzi e condotta da due ricercatori, Giacomo Bollini e Andrea Spicciarelli. Il museo del Risorgimento di Bologna l’ha pubblicata con il titolo “Tra Nizza e le Argonne. I volontari emiliano-romagnoli in camicia rossa. 1914-1915”. Domani 27 ottobre, alle 17, la presentazione nella sede del Museo in piazza Carducci a Bologna, con autori e curatori. Che hanno scavato a fondo negli archivi da Piacenza a Rimini, riscoprendo nomi, storie, motivazioni.
Erano stati Peppino, Sante, Ezio, Ricciotti Jr., Bruno, Costante, tutti figli di Ricciotti Garibaldi e nipoti di Giuseppe, a lanciare l’appello per correre in soccorso della Republique che sembrava soccombere sotto l’urto tedesco. A rispondere, giovani e meno giovani che in un’Italia ancora ferocemente divisa fra neutralità e intervento, scelsero il secondo e con i fatti.
Ribelli per indole, con trascorsi spesso turbolenti. Ma spesso rivoluzionari per tradizione di famiglia, come nel caso di un riminese dal nome inequivocabile: Robespierre Capponi.
I garibaldini indossarono con entusiasmo la camicia rossa, furono inquadrati dai francesi nella Legione Straniera e lanciati nelle imprese più arrischiate, per lo più assaltando alla baionetta. Si coprirono di gloria in una prima battaglia, subirono gravi perdite in una seconda. Dal novembre 1914 al marzo 1915 la legione ebbe 300 morti, 400 feriti e un migliaio di ammalati. Anche Bruno e Costante Garibaldi restarono uccisi.
Il Robespierre riminese invece riuscì a cavarsela. Nel maggio 1915, con l’intervento dell’Italia, la legione venne sciolta e i garibaldini rispediti in patria a combattere gli austriaci. Ancora guerra, poi il ventennio fascista e ancora un’altra guerra. Ma nel 1956 il nome di Robespierre Capponi riemerge ancora: è candidato alle elezioni del comune di Rimini nella lista del Partito Repubblicano.
Fin qui la storia. Ma un nome tanto evocativo non poteva non colpire l’immaginazione. E infatti la “comune letteraria” Wu-Ming l’ha scelto per un personaggio del romanzo 54, uscito nel 2002. Una parte del libro è centrata proprio su Robespierre Capponi (detto Pierre), che però qui diventa ballerino provetto e gestore, insieme al fratello Nicola, del bar Aurora di Bologna. Vittorio, il padre di Pierre, era stato soldato italiano durante l’occupazione della Jugoslavia e aveva disertato, unendosi ai partigiani, per non dover partecipare alla fucilazione di dieci civili.