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Il presidente del Coordinamento Nazionale Mare Libero: "Da lunedì non ci saranno più concessioni valide ed efficaci"


Roberto Biagini: “Non esiste un sultanato della spiaggia, è finita un’era”


30 Dicembre 2023 / Stefano Cicchetti

Avvocato Biagini, e siamo arrivati al 31.12.2023. Le si deve dare atto che quello che da anni come Coordinamento Nazionale Mare Libero andate dicendo, si sta puntualmente avverando. Siamo alla resa dei conti e sembra che anche l’attuale governo con quello che è successo l’altro ieri Consiglio dei Ministri se ne stia rendendo conto: poche idee, ma confuse.

«Non lo diciamo noi ma l’ordinamento giuridico. Il nostro compito è sempre stato quello di evidenziare l’ incapacità e la mancanza di volontà della politica (di tutti i “colori”, e di tutti i ”livelli”, senza distinzioni) di assumere decisioni a favore del pubblico interesse, del bene demaniale “spiaggia”, nonostante l’ordinamento giuridico nazionale e comunitario, quanto meno dalla famosa sentenza spartiacque della Corte di Giustizia “Promoimpresa”  del 14 Luglio 2016,  abbia categoricamente stabilito una precisa linea di indirizzo, una sorta di punto di non ritorno, contro il monopolio degli attuali concessionari demaniali e a favore delle pari opportunità concorrenziali, all’ utilizzo per scopi imprenditoriali delle spiagge accessibile a tutti gli imprenditori e non ad una casta di privilegiati».

Anche se, da quanto si evince, a voi l’aspetto concorrenziale interessa fino ad un certo punto.

«È così. A noi interessa relativamente questo aspetto, in quanto la nostra “battaglia” è quella di avere in ogni ambito comunale una maggior quota di spiagge libere, gratuite ed attrezzate con i servizi garantiti, ad iniziare da quello di salvamento, erogati direttamente dall’ente pubblico gestore. Non chiediamo altro che il ripristino della “regola“, e cioè  spiagge = bene pubblico a favore della generalità dei cittadini e non spiagge = bene pubblico utilizzato a scopo di lucro da pochi, che dovrebbe invece costituire la mera “eccezione”. Questo non lo dice il CO.NA.MA.L. ma il Codice della navigazione, insieme alle sentenze che lo applicano ai casi singoli. È chiaro poi che la libertà di concorrenza e quindi la possibilità per chi fino ad ora è stato sempre estromesso da questo mercato “chiuso” di presentare delle offerte ai Comuni potrà sicuramente tornare a beneficio anche per la collettività che richiede più servizi e più spiagge libere, senza dubbio».

In che senso?

«È semplice. Siccome il criterio che deve sempre guidare l’ente pubblico concedente è il pubblico interesse, il miglior utilizzo delle spiagge per la generalità dei cittadini e non il vantaggio, l’utilizzo imprenditoriale che possa derivarne al concessionario, ci sarà maggior tendenza per gli offerenti ad orientare i progetti a vantaggio di tutti i fruitori dell’arenile. E in questa prospettiva è fondamentale l’apporto degli enti locali nell’approntare le condizioni dei prossimi bandi verso l’interesse pubblico e non speculativo privato.  Senza però dimenticare un aspetto fondamentale da tutti volutamente trascurato, in particolare quando ipocritamente si “strologa” sul concetto “di scarsità delle risorse” (che in ogni caso non serve a nulla ai fini delle pubbliche evidenze che verranno lo stesso bandite a prescindere)».

Quale sarebbe?   

«Che sia “il concetto di scarsità o meno della risorsa spiaggia” che le future pubbliche evidenze devono avere per ragioni logiche e giuridiche, sempre come riferimento solo ed esclusivamente le quote comunali di arenile deputate alla modalità concessoria, dovendo restare la quota obbligatoria di spiagge libere intonsa e quindi esclusa da ogni eventuale conteggio. Mutuando dagli schemi del diritto ereditario, i comuni possono “giocarsi”, se lo ritengono, perché come sapete non sono obbligati a rilasciare concessioni, solo ed esclusivamente la “quota disponibile” (per la modalità concessoria) e non intervenire sulla “legittima” (demaniale) che non deve essere toccata in quanto rimanere in modalità libera. Stesso ragionamento vale per i “cultori” del concetto “scarsità” o meno della risorsa spiaggia. Le quote di arenile eventualmente ancora “assentibili” a livello comunale devono essere calcolate su quella parte “disponibile per la modalità concessoria” senza inserire nel conteggio la percentuale che deve sempre rimanere libera e gratuita. Come può notare la “risorsa demanio marittimo” da utilizzare a fini di lucro non solo è scarsa ma addirittura inesistente in alcune zone italiane, Romagna compresa».

Concetto chiaro. Avete sempre accomunato tutti i partiti politici come “nemici del pubblico interesse, della difesa dei beni comuni” e allo stesso tempo “amici e sensibili ai desiderata dei concessionari e al consolidamento dei loro interessi”. Ma è proprio così? Sono davvero tutti uguali?  

«Perché ha dei dubbi in proposito? Breve panoramica: 1) anno 1993 Governo “tecnico” Ciampi, con Costa Ministro della Marina Mercantile. Introdotto il famigerato “diritto di insistenza a favore del balneari” (una sorta di prelazione perpetua in caso di eventuali gare) con la modifica dell’art. 37 del codice della navigazione; 2) anno 2001 Governo di “csx” Amato, con Bersani Ministro dei Trasporti e della Navigazione. Con la famigerata “legge Baldini” si è allungata la durata della concessioni da 4 a 6 anni e si è stabilito alla scadenza “il rinnovo automatico per altri sei anni e così successivamente ad ogni scadenza”; 3) anno 2006 , Governo “csx” Prodi durata delle concessioni da 6 a 20 anni in ragione dell’ entità degli investimenti; 4) anno 2009 Governo Berlusconi ”cdx”  con il Milleproroghe prima “proroga” al 2015; 5) anno 2012, Governo “tecnico” Monti con il decreto “Crescita” allungamento proroga al 2020; 6) anno 2016, Governo Renzi “csx” con Franceschini Ministro del Turismo. Dopo neanche un mese dalla sentenza “Promoimpresa”, invece di prendere atto del contenuto della pronuncia della Corte di Giustizia e iniziare a riordinare la materia in prospettiva eurounitaria, con il “decreto Salva-Spiagge” dell’Agosto 2016, si “sono stabilizzati gli effetti delle durata delle concessioni al 2020” con un provvedimento “mondezza” immediatamente disapplicato dai tribunali amministrativi e ordinari con buona pace di Pizzolante che allora ne tesseva le lodi come salvifico del mare, della spiaggia, del sole e del vento…7) anno 2018 Governo Conte “giallo-verde” allungamento durata delle concessioni al 2033 con la “legge Centinaio”; 8) anno 2021 Governo Conte “giallo-rosso” decreto “Rilancio” che conferma la “legge Centinaio” e blocca le procedure di pubblica evidenza e di incameramento; 9) anno 2022 Governo Draghi “tecnico” che con la legge per il Mercato e la concorrenza del 2021, recepisce la scadenza del 31.12.2023 stabilita dalle “Sentenze Gemelle dell’ Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato” il 9 novembre 2021, ma “allunga il brodo” di un anno al 31.12.2024 in caso di difficoltà tecniche a “concludere”, si badi bene a “concludere” le gare; 10) anno 2023 Governo Meloni “cdx”, Milleproroghe che aggiunge un anno alle scadenze previste dalla legge “Draghi”.  L’ho convinta?».

E le Regioni, visto che le “Leggi Bassanini” hanno conferito loro competenza gestoria-amministrativa sul demanio marittimo che poi hanno successivamente delegato ai comuni, che ruolo hanno avuto?

«Stendiamo un velo pietoso… A parte alcune virtuose che almeno hanno provato ad inserire obblighi di percentuali equilibrate tra spiagge libere e in concessione da rispettare nella pianificazione attuativa (penso al Lazio e alla Puglia, le prime due che mi vengono in mente) tutte le altre, per strappare i cedolini elettorali ai concessionari, nella logica de “io proteggo i tuoi interessi se tu mi voti e io ti voto se tu proteggi i miei interessi”, hanno spudoratamente aperto una “concorrenza legislativa parallela a quella dello Stato”».

Cioè?    

«Visto che con la prima procedura di infrazione contestata all’Italia nel 2008 il Parlamento, come dicevo prima, ha dovuto abrogare sia il “diritto di insistenza” che il “rinnovo automatico” (2009-2010), le Regioni hanno provato a guadagnarsi il loro posto al “sole” (ed in spiaggia) emanando leggi-vergogna che non solo prorogavano fino a 20 anni le concessioni in essere senza gare e solo in base a potenziali investimenti, ma addirittura prevedendo, in caso di “perdita” della concessione da parte dell’uscente in una eventuale pubblica evidenza, “indennizzi  compensativi”. Compensativi di cosa?  Una follia!!».

Ma queste leggi sono vigenti?

«Tutte dichiarate incostituzionali dalla Consulta, è ovvio. Consideri che la prima Regione ad essere “bocciata” è stata proprio l’Emilia Romagna nel 2010… a cascata tutte le altre».

Quindi da quello che si può capire la magistratura, da quella costituzionale a quella amministrativa-ordinaria passando anche dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europa, rimane l’unico baluardo istituzionale per l’affermazione di principi tipo la libera concorrenza, l’iniziativa economica privata che deve essere uguale per tutti senza privilegi di sorta, la difesa della proprietà pubblica, eccetera. Non credo possa andar bene.

«Non va bene per niente, anzi è deleterio per gli equilibri politici e sociali quando un potere dello Stato si deve per forza sostituire ad un altro che non vuole svolgere il proprio dovere perchè al soldo elettorale di una lobby che ne condiziona le decisioni. È “democratura” non democrazia. Un cittadino, singolo o componente di una associazione, non è concepibile che debba rivolgersi ad un organo giurisdizionale per sollecitare una pronuncia per farsi eventualmente riconoscere un diritto costituzionale negato dalla politica (libero e gratuito accesso al mare) oppure per indurre coattivamente la politica ad esercitare le sue doverose funzioni amministrative (bandire le pubbliche evidenze per consentire a tutti gli imprenditori turistici di entrare in un mercato ad oggi per loro chiuso). Troppe incognite. Noi ne sappiamo qualcosa».

Cioè?        

«Insieme a singoli cittadini abbiamo impugnato ordinanze o provvedimenti amministrativi che “negavano” l’elementare diritto di accedere ad una spiaggia libera (Posillipo) oppure che “allargavano” la consistenza di spiagge in concessione “restringendo quelle ad utilizzo libero e gratuito” (Chioggia). Ottenendo nel primo caso una pronuncia favorevole dal Tar Napoli e nell’altro il “ripensamento in autotutela del Comune” che ha ristabilito le precedenti percentuali. A Napoli siamo ancora in ballo per due questioni. In quei due casi ci è andata bene».

In altri, invece?

«All’inizio del 2021, in piena vigenza della “legge Centinaio” con proroghe blindate al 2033 e senza che ancora l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato si fosse pronunciata con le due sentenze gemelle che hanno stabilito poi la scadenza delle concessioni al 31.12.2023, abbiamo come CO.NA.MA.L inoltrato istanze concessorie a più Comuni per indurli a bandire pubbliche evidenze aperte a tutti. Lo scopo era quello di avere dai Comuni una pronuncia, un provvedimento che, o iniziasse un percorso comparativo, o che lo negasse esplicitamente in modo da poterlo impugnare per poi “richiedere in giudizio” l’illegittimità e quindi la disapplicazione della Legge Centinaio per violazione di principi eurounitari” e la successiva pubblicazione di una gara aperta a tutti».

E come è andata?

«Il Comune di Viareggio è stato uno di quelli che con un diniego palese ha rigettato la nostra istanza; di conseguenza abbiamo scelto di impugnare davanti al Tar Toscana il diniego, consapevoli dell’alea sottesa ad ogni contenzioso, soprattutto in una materia come questa. In quel caso ci è andata male, in quanto i giudici toscani lo scorso 18 dicembre hanno dichiarato inammissibile il ricorso ritendo il diniego viareggino non un provvedimento definitivo (e quindi impugnabile) ma un mero “preavviso di rigetto” (non autonomamente impugnabile)».

Capito perfettamente, vista l’inerzia della politica avete provato, per avere un precedente, ad aprire un “filone” giudiziario rischioso per avere quello che poi a novembre di quell’anno (2021) ci ha pensato l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato a darvi con le due sentenze gemelle e cioè una scadenza certa delle concessioni in tutta Italia con l’obbligo di procedure di pubblica evidenza.

«Pazienza, ci abbiamo provato e continueremo la nostra battaglia su altri fronti, anche giudiziari, insieme ad altre istituzioni che, ad esempio l’A.G.C.M. è molto attiva su tale campo».

E da lunedì prossimo cosa succederà, visto che molti Comuni italiani hanno chiesto tempo ancora per un anno minimo per iniziare le gare?

«Quello delle gare è un problema secondario che dovranno affrontare dal 1° gennaio i Comuni. Ma non è il primario, quello che tutti fanno finta di accantonare o di dimenticare».

E quale sarebbe?

«Che gare sì o gare no, da lunedì i Comuni torneranno nella piena e diretta gestione del bene “demanio marittimo” in quanto anche le proroghe Draghi-Meloni sono state dichiarate non conformi al diritto unionale. Quindi come si dice in gergo, sono “tamquam non esset” e non ci saranno concessioni valide ed efficaci, con tutte le conseguenze del caso».

Anche la proroga tecnica che serve per allestire le gare?

«Certo anche quella. Anche qui i Comuni fanno orecchie da mercante, sapendo benissimo che la giurisprudenza si è ampiamente espressa sul punto. Non solo: in ogni caso l’art. 3 comma 3 della legge Draghi sarebbe andata incontro con la “proroga tecnica al 2024” solo a quei Comuni che avendo già iniziato le gare nel 2023 sarebbero stati nell’ impossibilità di concluderle per motivi oggettivi. E non avrebbero potuto certamente avvalersene quelli che furbescamente, non avendole neppure iniziato le procedure comparative come la totalità dei Comuni italiani, pretendevano (e pretendono) di avere la proroga al 2024 affermando che in ogni caso sarebbero stati nell’impossibilità di aprirle e chiudere nel 2023 (della serie  “non le apro neanche tanto non riuscirò mai a chiuderle e rimando tutto al 2024”); oppure quelli che provano ad impietosire la pubblica opinione affermando ”formalmente non prorogo nulla perché sono al corrente della illegittimità delle proroghe ma di fatto continuo l’attività per tutto il 2024 fino a che (forse) non sarò pronto a fare i bandi…”».

Voi come vi comporterete da lunedì prossimo?

«Innanzitutto andremo a verificare in tutte le zone in cui siamo presenti come si sono mossi o si muoveranno gli enti locali e gli altri deputati al controllo del demanio marittimo. In particolare vedremo che provvedimenti assumeranno i funzionari delle aree demanio marittimo-sportello unico dell’edilizia e delle attività produttive- e pretenderemo da loro lo stesso trattamento sanzionatorio usato nei confronti di tutti i cittadini e di tutti quegli imprenditori “diversamente balneari” (albergatori, ristoratori, pubblici esercizi), che a fronte di controlli sono risultati sprovvisti di titoli autorizzativi, edilizi e o commerciali. Non esiste e non deve esistere un “sultanato della spiaggia” dove ognuno possa fare come gli pare con la complicità della politica, dei partiti e delle istituzioni. È finita un’era».

Insomma il caos, come dice oggi l’onorevole Gnassi.

«Certo, come afferma il Gnassi oggi parlamentare che cita quelle leggi europee e quella giurisprudenza che però il Gnassi sindaco nel 2020 dimenticava quando anche lui prorogava, sebbene di controvoglia a suo dire, le concessioni al 2033. A dir così era buono anche “Gambela” ma questa è un’altra storia…».

Stefano Cicchetti