E pensare che con una sceneggiatura del genere Tonino Guerra magari ci avrebbe vinto un Oscar
Quando la realtà ti serve su un piatto d’argento una trama succulenta, pronta per essere trasformata in un progetto per Netflix e piattaforme assortite, bisognerebbe gettarcisi a pesce. E la guerra fra Pennabilli e i vampiri, già rimbalzata sui quotidiani nazionali, è uno spunto che vale oro perché intreccia horror, politica, commedia sullo sfondo di un pittoresco borgo italiano, ingredienti che hanno fatto il successo di innumerevoli film e serie.
Agli sceneggiatori si richiederebbe uno sforzo minimo, perché i personaggi sono già belli e pronti: il leader della setta dei Real Vampires, il sindaco-sceriffo fascistoide che non vuole fare del suo comune una succursale della Transilvania, il pugnace regista deciso a realizzare un film vampiresco proprio nell’ameno paesino caro a Tonino Guerra, e, a rappresentare la voce della ragione e della scienza, il direttore del Museo del Calcolo e della Matematica, ovviamente ostile agli eredi contemporanei di Dracula.
Manca solo una presenza femminile, indispensabile in tutte le storie di vampiri: se la cronaca non la offre, dovranno pensarci gli autori, cambiando genere a qualcuno dei protagonisti o aggiungendo ex novo un’anemica eroina da salvare, un’affascinante vampira, un’inquietante badessa custode di inconfessabili segreti o la classica reporter d’assalto venuta a infiltrarsi tra i