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In occasione della 94a adunata a Udine (11-14 maggio) gli Alpini hanno evitato accuratamente di prestare il fianco alle accuse femministe che avevano turbato la serenità dell’incontro tra la nostra Città e un Corpo glorioso e unico al mondo. L’esperienza riminese ha fatto scuola! Si è capito, ad esempio, che certi equivoci nascono dal contesto. Ne volete un esempio? Beatrice interpellata in luogo solitario da uno sconosciuto di mezza età (Dante Alighieri) con un: “Mi par tu sia una cosa venuta - da cielo in terra a miracol mostrare…”) sarebbe fuggita terrorizzata scambiandolo per un maniaco sessuale. Se invece accompagnata dalle sue ancelle, ‘ella sen va sentendosi laudare’ per Via dei Calzaiuoli, ecco che sorride ‘benignamente’ non solo all’alato endecasillabo del sommo Poeta ma (ne sono certo) perfino ai complimenti piuttosto spinti di un Cecco Angiolieri. A Rimini il ‘contesto’ ha avuto certamente il suo peso. Pare infatti che in zona piuttosto decentrata della nostra Città le Penne Nere ivi accampate abbiano allarmato qualche bella passante con omaggi verbali ritenuti troppo invasivi. Purtroppo esistono preclusioni dettate dalla sensibilità moderna, che un ‘vecio’ fatica a percepire. Non per nulla il termine ‘cat calling’ è un neologismo. Parole nuove, dunque, per censurare comportamenti obsoleti.

A Campo Trieste eravamo come i ‘ragazzi della Via Paal.’ Il territorio che difendevamo strenuamente era il ‘Campo Trieste’. Una vasta area fabbricabile che si estendeva da Viale Cormons a Viale Trieste. C’era ancora la buca di una bomba. I due fratellini che avevamo catturato con contestuale sequestro del pallone col quale stavano giocando sul nostro Campo, provenivano da Viale Mantegazza, come da loro stessi ammesso. Sostenevano peraltro di essersi trasferiti da poco con la famiglia e di ignorare l’esistenza della banda con la quale eravamo costantemente in guerra. Di solito i Mantegazziani venivano fatti prigionieri durante le battaglie, processati, condannati e, prima del rilascio, fustigati con una leggera canna da fiume dal medesimo bambinetto presentatosi subito come unico volontario: Iaia, (otto anni), così soprannominato per la sua abitudine di gridare “Iah…Iah…” ad ogni frustata inflitta sulle spalle nude delle vittime legate a un fico ai bordi del Campo Trieste. Supplizio ispirato ai film sui pirati visti in terza visione al Cinema dei Salesiani e quasi simbolico, data la sostanziale innocuità dello strumento e la debolezza dell’esecutore. (Qualcuno, per la verità, veniva risparmiato, soprattutto se si era battuto secondo le regole: lotta, pugni niente  calci né oggetti contundenti). A rappresentare l’accusa, c’era sempre Fulvio, un

Sono un “Testimone del Kine” e, come impone la nostra Tradizione monacale, devo, almeno una volta nella vita, recarmi al SANTUARIO. Siamo pochi, ormai. Ma sappiamo anche di essere gli Eletti, destinati a tramandare devotamente alle generazioni future, la parola e le immagini donateci dal Profeta. Ahimè! I luoghi di culto del Kine-ma, che dieci secoli fa sorgevano a migliaia sul nostro Pianeta, scomparvero col diffondersi dell’Eresia dell’Ologramma digitale che abolì i riti della Proiezione Eterologa. La Fede nel Kine-ma si spense quasi ovunque. Ma, a consolazione degli ultimi Kinefili rimasti fedeli al Culto, il Santuario del Santo Fellah, è rimasto. Ed è là che sto ormai per giungere dopo due mesi di cammino, tra i monti, onde sfuggire alle radiazioni provocate dall’ultimo Conflitto. Assieme allo sparuto gruppo di monaci, coi quali ho diviso il misero cibo donatoci devotamente dai rari fedeli, ho disceso la Valle Sacra, seguendo il corso giallastro del fiume Mar-e-kya e visto apparire all’orizzonte, ove si staglia la linea nera del Mare Mortum, ARIM’NI, la Città Santa. Prima di farvi ingresso, il rituale ci ha imposto di sostare presso la Confraternita della Fondazione Fellah, che sorge sul Colle di Covy. Un vecchio Frate dalla lunga barba bianca, ci spiega che

Cosa resta quando non ci sono più tabù da infrangere e i politici si sono sputtanati da soli?

Cosa resta quando non ci sono più tabù da infrangere e i politici si sono sputtanati da soli?

Secondo Fileni un intero allevamento avicolo produce gas serra pari a 50 mucche

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Federico non poteva che nascere qui. Dove quelli che restano fanno ciò che in Italia succede dopo e quelli che partono quello che in Italia non è mai stato fatto prima

Federico non poteva che nascere qui. Dove quelli che restano fanno ciò che in Italia succede dopo e quelli che partono quello che in Italia non è mai stato fatto prima

Il gesto vandalico compiuto su quel messaggio d'amore che supera ogni ostacolo prova una volta di più la difficoltà di un dialogo su argomenti considerati tabù che si presterebbero invece a un indispensabile e sereno scambio di opinioni

Il gesto vandalico compiuto su quel messaggio d'amore che supera ogni ostacolo prova una volta di più la difficoltà di un dialogo su argomenti considerati tabù che si presterebbero invece a un indispensabile e sereno scambio di opinioni

I ricordi. Per farli rivivere può bastare un sapore, un profumo, una musica. O un luogo. E a proposito di luoghi, cosa succede ai nostri ricordi quando quei luoghi, improvvisamente, scompaiono? I miei ricordi più belli, da bambino a ragazzino, sono legati al Porto Canale di levante dove praticamente trascorrevo, tra pesca, nuotate scherzi e patacate, l’intera stagione estiva. E dunque ci rimasi davvero male quando l’allargamento della banchina eliminò quasi del tutto il lunghissimo stretto camminamento della Palata che aveva fatto da sfondo a tante indimenticabili stagioni. Cercai faticosamente di reagire sistemando tutto quel materiale mnemonico nell’ultimo tratto superstite: la strettoia che va dal Rockisland al Faro. Piazzai lì Omero il fiocinatore, che al turista che gli chiede perché porta al guinzaglio un cefalo risponde che sta insegnandogli a nuotare… Il trampolino in profilati metallici, dal quale si lanciano tuffatori di testa e ‘scaranatori’ di chiappa… I ‘pensatori’, stesi sui loro scogli personali che, a intervalli lunghissimi, si scambiano il frutto delle loro meditazioni… Il mio professore di ginnastica che emerge con un mormora trafitta da uno dei primi fucili subacquei… Il magico ‘passaggio’ di centinaia di sgombri, tirati su con una minuscola bilancia acquistata col fratellino mettendo assieme i risparmi…

Il Rotary International ha ammesso le donne sulla base di una sentenza della Corte Suprema USA eppure perfino in Inghilterra la decisione non è stata accolta di buon grado

Il Rotary International ha ammesso le donne sulla base di una sentenza della Corte Suprema USA eppure perfino in Inghilterra la decisione non è stata accolta di buon grado

Il termine “gabietto” è esclusivamente riminese. Non si trova neppure su Internet… La ragione, secondo il mio sommesso avviso, deriva dal fatto che esso nasce in una città dalla duplice personalità: metropoli e borgo. E quindi, nel contempo, cosmopolita e provinciale, elegante e rustica, aperta al mondo e chiusa tra le mura. Da qui l’accusa di gabiettismo rivolta dagli ‘americani’ di Marina ai ‘borghigiani’ e questi ultimi, fieri delle proprie splendide origini malatestiane che, viceversa, considerano gabietto il comportamento dello “sburone” globalizzato. Ne consegue che il termine si presenta peculiare proprio in quanto è in grado di esprimere due significati diversi a seconda del duplice punto di vista del riminese che lo utilizzi. A proposito. Se ci fate caso si assiste oggi, per quanto riguarda le nostre due anime, a un vero e proprio scambio di ruoli. Borgo S. Giuliano (occupato per buona parte da benestanti che hanno trovato molto “figo” acquistare, per un occhio della testa, la casetta pittoresca dei vecchi marinai) è divenuto un centro culturale di tutto rispetto. Mentre la Rimini di Marina, quella favolosa dei Caffè Concerto, dei Dancing e dei Cinema all'aperto, si è trasformata in un Grande Borgo. L’unico evento cosmopolita sopravvissuto era il Festival

Fellas. Il caricaturista e vignettista più geniale e prolifico emerso da una Città che, grazie alla sua natura beffarda, vanta i migliori dissacratori con matita, inchiostro di china e acquerello della Romagna. Dai Campioni del passato come Giulio Cumo (Ardo), a quelli del presente come Giuliano Maroncelli (Giuma). Bene. Federico Fellini utilizzò il proprio talento grafico anche per descrivere i propri sogni e ciò su consiglio del suo analista Bernhard. Uno psicanalista tedesco con frequentatissimo studio in Roma, col quale intrattenne rapporti affettivi profondi. In una delle fantasie oniriche illustrate e descritte nel famoso Libro dei Sogni Federico si raffigura, di spalle, seduto alla scrivania di un ufficio all’interno di un imprecisato aeroporto. Dinanzi a lui, in piedi, se ne sta uno strano personaggio dal volto orientale, immobile e silenzioso, in evidente attesa del visto di entrata. Sotto questa vignetta si legge la seguente annotazione:“Il suo atteggiamento è quello di chi non dubita del proprio diritto… Io non sono il vero capo dell’Aeroporto, gli dicevo arrossendo, non ho l’autorità per farla entrare… Ma sapevo che non ero completamente sincero e avevo vergogna per questa viltà. L’orientale attendeva, immobile, il volto chiuso, impenetrabile. Leale e minaccioso. Lo sconosciuto emanava una grande forza che

E che vogliate bene a noi uomini, quello sì è un miracolo

E che vogliate bene a noi uomini, quello sì è un miracolo