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Due premesse. La prima: alcuni anni fa, nell’estate del 2014, organizzai per la Fondazione Rimini Democratica per la Sinistra la mostra alla Festa provinciale del PD dedicata alle donne comuniste: “Libere uguali differenti. Le donne nel PCI Riminese, 1949-1991”. Mostra e catalogo di grande successo. Ma con un serio, seppur amichevole, rimprovero che mi giunse da parte delle numerose amiche che erano state impegnate negli strumenti di comunicazione della Federazione Comunista Riminese e che nella Mostra e nel catalogo non avevano trovato neanche una citazione. Non voglio oggi riparare a quella omissione, ma mi sembrava giusto sottolineare quel giusto richiamo. La seconda: io Radio San Marino l’ho venduta alla fine del 1985 in quanto responsabile del Dipartimento Informazione insieme all’amministratore della Federazione Stefano Cevoli. Per dire solo che fui esecutore di decisioni politiche assunte collegialmente dal Partito per far fronte alla difficilissima situazione economica in cui si era venuto a trovare. Detto questo proverò a raccontare sinteticamente una delle più belle avventure giornalistiche vissute a Rimini nella prima metà degli anni ’80. Lo farò avvalendomi del ricco materiale documentario presente nella tesi di laurea in Storia contemporanea di Patrizia Lanzetti discussa nella sessione dell’Anno accademico 2012-2013 all’Università di Bologna (relatore prof.

Da qualche anno l’antifascismo romagnolo deve convivere con il terribile j’accuse di Giorgio Fedel (1936-2014), figlio di “Libero” Riccardo Fedel (1906-1944), primo comandante delle forze partigiane romagnole sull’Appennino. Nella nota dell’autore, alla fine del libro che Giorgio Fedel ha pubblicato, uscito due giorni dopo la sua morte avvenuta l’11 luglio 2014 a Treviso, “La prima resistenza armata in Italia alla luce delle fonti britanniche e tedesche” (Fondazione Riccardo Fedel – Comandante Libero, 2014), lancia la sua accusa su chi furono gli esecutori e i mandanti dell’uccisione di suo padre: “I mandanti dell’omicidio, e quindi i veri colpevoli, risultano essere stati: Ilario Tabarri, detto Pietro; Guglielmo Marconi, detto Paolo. I due decisero di assassinare Libero senza aver ottenuto alcuna autorizzazione dai comandi superiori”. Con Giorgio, nel corso degli ultimi dieci anni, gli Istituti Storici della Resistenza discussero infinite volte, anche noi a Rimini. Giorgio non era un nemico della Resistenza, cercava e chiedeva di conoscere la verità sulla morte del padre, e soprattutto di sapere dove suo padre fosse stato seppellito. La vicenda venne ripresa e strumentalizzata dai giornali di destra, nonché da vari autori fra cui Giampaolo Pansa. Non voglio qui oggi riprendere quella discussione, anche se l’accusa mossa da Giorgio Fedel

“Santarcangelo è una cittadina molto bella, ma anche un po’ strana. Basti dire che il Sindaco è una ragazza che va in giro in bicicletta”. Questo è quanto scritto da un bambino di una scuola elementare in gita scolastica nella città clementina nel tema assegnato dalla maestra per raccontare l’esperienza vissuta. Cristina Garattoni era innamorata della sua città, amava la piazza, le strette vie del Centro storico dove era nata, il Festival del Teatro era una sua passione. Cristina interpretava la politica come servizio, come strumento per mettersi a disposizione degli altri. E gli anni da Sindaco di Santarcangelo di Romagna sono stati nella storia della sua vita politico-amministrativa quelli di maggiore espressione ed intensità. Ma chi era Cristina, questa giovane donna morta troppo presto a soli 44 anni, stroncata da un ictus cerebrale il 9 luglio 1996? Era nata a San Justo, in Argentina, l’1 novembre 1952. Laureata in pedagogia, lavora alla fine degli anni ’70 prima come insegnante nelle scuole elementari e poi come responsabile dei Servizi scolastici di Santarcangelo. Si era iscritta al PCI nel 1978. Nel 1985 viene eletta nelle liste del PCI in Consiglio Comunale e diventa Assessore alla cultura con il Sindaco Giancarlo Zoffoli. Approda poi come giornalista

Walter Ceccaroni, Sindaco di Rimini dal 1948 al 1970 (tranne le due parentesi delle sospensioni prefettizie: la prima dal 15 novembre 1949 al maggio 1951; la seconda dal 29 novembre 1954 al 23 gennaio 1958), e Nicola Pagliarani, Sindaco dal 1970 al 1978 (tranne per la parentesi di autosospensione per le vicende del Salumificio riminese dal giugno 1976 al marzo 1977) si avvalsero nell’espletamento dei loro mandati di un gruppo di assessori di grandi capacità amministrative. Anche se non sempre di uguale peso politico nel Partito. In particolare dalle elezioni del 31 marzo 1957 quando finalmente, alla luce di una chiara maggioranza PCI-PSI e di una secca sconfitta della DC (ribadita nelle successive elezioni amministrative), si dispiegò l’azione amministrativa che trasformò la Città dal punto di vista urbanistico, economico, infrastrutturale, scolastico, culturale. Per citarne alcuni: i comunisti Gino Arcangeli (1926-2007), Augusto Randi (1922-2011), Giovanni Baldinini (1921-2000), Vincenzo Mascia (1920-2003), ma soprattutto Ruggero Diotallevi; i socialisti Giordano Gentilini (1925-2014), Luciano Gambini (1924-2010), Giorgio Franchini (1938-viv.). In un intervista che rilasciai molti anni fa a La Gazzetta di Rimini (“40 anni di PCI” del 26 febbraio 1991) li definii “gli assessori pragmatici e pratici”. Ruggero Diotallevi nacque a Macerata Feltria il 9 ottobre

“Ho voluto raccontare la mia vita di militante comunista, non solo a Rimini ma anche a Pesaro. Sono stato lontano tanto tempo da Rimini, e giunto al traguardo della mia esistenza, interamente vissuta al servizio del glorioso Partito Comunista Italiano, voglio che una mia biografia completa sia conosciuta dai compagni”. Questo il racconto autobiografico di Roberto Carrara (1904-1977), che venne scritto alla fine del 1970, in occasione delle celebrazioni del 50° del PCI nel 1971. Giorgio Giovagnoli e Primo Ghirardelli per conto della Federazione Comunista Riminese e de “Il Progresso”, il periodico comunista riminese di quegli anni, effettuarono una serie di interviste ai vecchi militanti del PCI e provvidero a trascriverle. Carrara, invece di sottoporsi ad una intervista, scrisse un memoriale autobiografico. Per la ricchezza degli episodi contenuti, dei particolari raccontati, per la sostanziale esattezza di date e di nomi, fu sicuramente il contributo più prezioso raccolto da Giovagnoli e Ghirardelli. Giovagnoli usò gran parte del memoriale, soprattutto le pagine sul riminese, nel suo libro “Storia del Partito comunista nel Riminese 1921/1940” (Maggioli, 1981) ed ampi stralci furono pubblicati, in più occasioni, sulle pagine de “Il Progresso”. L’intero memoriale invece venne edito a mia cura nel 1984 sulla rivista dell’Istituto Storico della Resistenza di

Non è mai semplice condensare in poche righe la vita di una persona impegnata, ricca di fatti e di amicizie. Lo è ancor di più se questa è una persona schiva, refrattaria ad apparire, riservata. Nonostante gli importanti ruoli pubblici ricoperti in tanti anni. E dunque raccontare di Giovanni Baldinini, per tutti Gianni, non è semplice. Ho dovuto appellarmi, oltre ai miei ricordi personali (lo conobbi a metà degli anni ’70), ai ricordi di tanti amici che con lui hanno vissuto vicende politiche, amministrative e culturali in epoche spesso lontane: Giancarlo Zanuccoli, Vinicio Vergoni, Zeno Zaffagnini, Sergio Zavoli, Gualtiero Masi, Giorgio Giovagnoli, Nando Piccari. E al piacere di una lunga telefonata con la figlia Maura che da tantissimo tempo non sentivo. Giovanni Baldinini nacque a Rimini il 13 gennaio 1921, da una famiglia benestante: il padre gestiva la macelleria nel Borgo Sant’Andrea ed aveva diversi poderi. Negli anni del fascismo Gianni non si occupò di politica. Ricorda in un’intervista rilasciata ed apparsa nel volume “Viale don Minzoni 1. Il Partito Comunista Italiano. Riccione”, a cura di Daniele Montebelli ed Ezio Venturi (La Piazza, 2015) “io non ero iscritto al partito durante il periodo clandestino. A Fermo presi il diploma di perito

Quadrio "Dino" Muratori, allora proprietario ed editore de “L’Ape del Conca”, periodico morcianese, una delle più antiche testate giornalistiche della nostra Regione, avversario politico per lunghissimo tempo di Luigi Cavalli, nel numero del luglio 1972 gli dedicava un ampio profilo biografico. Da questo riprendiamo alcune notizie: “Luigi Cavalli è nato a Roma il 24 giugno 1902 [figlio di Francesco e Clarice Cipollini]. E’ venuto a Morciano all’età di 6 anni [risulta immigrato all’anagrafe morcianese il 12 ottobre 1909] e qui ha incominciato ad andare a scuola per terminare gli studi alla V.a elementare. Dopo aver fatto svariati lavori fin da bambino, all’età di 15 anni fu assunto dalla tipografia Gaspari; ma il suo carattere scontroso e l’insofferenza di stare agli ordini del datore di lavoro, gli fecero prendere la decisione di impiantarsi da solo con una piccola tipografia. Nel 1920-1921 in Italia fu fondato il Partito Comunista e Luigi Cavalli fu uno dei primi ad iscriversi. Da allora la tessera “rossa” è stata sempre rinnovata. Durante l’ultima guerra egli stampava clandestinamente manifesti antifascisti: lo faceva con precauzione ed intelligenza tanto che le varie perquisizioni non hanno mai portato ad alcuna prova di colpevolezza. E’ stato eletto Sindaco di Morciano subito dopo

Da qualche mese sto provando a scrivere di persone che sono state importanti sul territorio riminese, pur non avendo i fari puntati su di loro. Persone che non sono citate nei libri, che spesso non hanno mai avuto l’onore di un articolo su un giornale (neanche il necrologio), pur ricoprendo incarichi politici o amministrativi di primo piano nelle loro comunità. Finora ho scritto di Carlo Zaghini di Coriano, sindaco dal 1946 al 1951, di Giuseppe Ricci di Cattolica, sindaco dal 1946 al 1951 e deputato dal 1946 al 1953, di Silvano Lisi, partigiano e sminatore, di Giovanna Zoboli di Misano Adriatico, consigliera comunale dal 1961 al 1975, di Davide Celli di Torriana, Sindaco dal 1951 al 1981, di Mauro Spadoni di San Giovanni in Marignano, assessore comunale dal 1979 al 1995. Tutti comunisti. Tutti impegnati a far crescere le loro comunità, in uno stretto rapporto con i loro concittadini. Ho avuto la fortuna di conoscerli, chi meglio chi più superficialmente, tutti. Ed è per questo che li ho scelti. Facevamo tutti parte di un partito, ci battevamo per un ideale, per delle convinzioni, per una politica che era molto diversa da quella di oggi. Il partito era lo strumento per

Il prossimo 19 aprile saranno vent’anni dalla scomparsa di Mauro Spadoni. Morto giovane, troppo giovane, a quasi 47 anni per una sua insofferenza a combattere seriamente il male (il diabete) che lo stava minando ormai da qualche anno gravemente nel fisico (tanto da ridurlo negli ultimi tempi quasi alla cecità). Mauro è stato un uomo politico impegnato nel PCI di San Giovanni in Marignano, della Valconca e della Federazione riminese, pubblico amministratore a San Giovanni, uomo di cultura a San Giovanni e a Cesena. In tutte queste funzioni egli ci mise tutta la sua passione e competenza: scrisse Maria Grazia Tonti, Assessore in Giunta a San Giovanni dal 1995 al 2002, sul giornalino del Comune in occasione della sua morte “Mauro ha lasciato tracce sicure in tutta la comunità dove ha speso il suo vivere per i valori in cui credeva, nella socialità dell’impegno, nell’intendere la politica come partecipazione ad un servizio per la collettività”. Mauro era nato a Senigallia il 29 maggio 1950. A 8 anni, alla morte della madre, venne messo prima in un collegio ad Ancona e poi al Seminario saveriano di Venezia da dove venne espulso a 18 anni, al termine del 4° anno del Liceo classico,

Rimini, microcosmo di quel sentimento italiano, un po' sfumato, che ha caratterizzato i ruggenti anni '90. Nel libro “Italy & Italy” sfilano 300 foto scattate tra il 1985 e il 2000 dal noto reporter riminese Pasquale Bove, e selezionate con cura dal giovane milanese Luca Santese, promotore e cofondatore del gruppo Cesura. Da queste immagini emerge la storia di una città che ha visto e vissuto di tutto Dalle situazioni più borderline, fatte di crimini, eccessi, abuso di stupefacenti, alle spensierate gite al mare e risate al bar. Rimini si fa così emblema dell'intera italianità, in tutte le sue intime contraddizioni e sfaccettature. Il progetto ha avuto inizio qualche anno fa, quando il collettivo Cesura, che si occupa di foto-giornalismo e fotografia indipendente, ha deciso di raccontare per immagini l'Italia e la vita dei suoi cittadini. Così, Luca Santese, classe '85, casualmente, ha visto le foto contenute nel vasto archivio di Pasquale Bove, e grazie alla loro potenza espressiva ha deciso di utilizzarle per realizzare il suo libro. Il titolo “Italy & Italy” allude, come sappiamo, al primo fast food nato a Rimini, che oggi è stato sostituito dalle ancora più grandi multinazionali MacDonald's e Burger King. “Un nome che mi sembrava efficace per dare il

Essere Sindaco per 30 anni e 15 giorni. Davide Celli è il recordman di durata dei pubblici amministratori riminesi. A 25 anni, il 27 maggio 1951 entrava, nella lista del PCI, a far parte del Consiglio Comunale di Torriana e ne diventava il Sindaco. Lo sarebbe rimasto sino al 12 giugno 1981 (e in Consiglio Comunale come consigliere e capogruppo del PCI sino alla morte avvenuta l’11 ottobre 1985), tranne una breve sospensione inflittagli dal Prefetto di Forlì pochi mesi dopo la sua elezione nel 1951 nel pieno del conflitto con i governi centristi democristiani. Celli era nato l’1 aprile 1926 e morì in pochi mesi, a seguito di un tumore allo stomaco, all’età di 59 anni. Venne eletto in Consiglio Comunale 8 volte e Sindaco 7 volte, alla guida di liste formate dal solo PCI o unitarie di sinistra (con il PSI e il PSIUP). Mediamente con voti alla lista oscillanti fra il 56 e il 61%. Membro del Comitato Circondariale dal 1974 al 1978. Sceso da Sindaco, divenne Assessore al personale al Comitato di gestione dell’USL 40, presieduto da Giancarlo Zanuccoli (vi rimase sino a pochi mesi prima della morte). Il 4 ottobre 1952 venne cooptato nel Comitato Federale riminese del

E’ difficile crederlo, ma è così. Ad oggi non esiste una storia della DC riminese, un repertorio dei congressi e dei segretari, solo qualche breve traccia in alcune pubblicazioni: “La Democrazia Cristiana” di Francesco Succi nel secondo volume della “Storia Illustrata di Rimini” (AIEP, 1990), il capitolo “Leader politico nella Democrazia Cristiana” nel volume biografico dedicato a Giuseppe Gemmani scritto da Valerio Lessi (San Paolo, 2008). E poi materiale elettorale, alcune relazioni congressuali sparse in alcune biblioteche (alla Gambalunga di Rimini e alla Battarra di Coriano). E quel che si è riusciti salvare dell’archivio della Federazione della DC riminese, grazie al Senatore Armando Foschi, oggi depositato presso l’Istituto per la Storia della Resistenza e dell’Italia Contemporanea della Provincia di Rimini (l’elenco delle carte è descritto in “Inventario degli archivi dei partiti politici riminesi” a cura di Gianluca Calbucci e Gabriele Rodriguez, La Pieve 2005). Questo ad oggi è tutto: un po’ poco per il maggior partito italiano per 50 anni e il maggior partito di opposizione nel Riminese. La DC a Rimini come Federazione autonoma nasce tardissimo, nel novembre 1968, al termine di un lungo percorso di separazione da Forlì. Percorso già compiuto dal PCI nell’aprile 1949 e dal Psi nell’ottobre 1955. Di