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Riccardo Gresta – Oreste Delucca: "La ceramica a Rimini nel Cinquecento. Maioliche istoriate e documenti d’archivio" - La Piazza. Questo libro ci fa riappropriare di un patrimonio culturale e artistico che Rimini sembra non aver mai posseduto nel proprio DNA. La scuola pittorica riminese del Trecento fa parte ormai della storia della pittura, il cenacolo di artisti alla corte di Sigismondo nel ‘400 colloca Rimini fra le grandi signorie rinascimentali italiane, ma della scuola riminese di ceramica istoriata del ‘500 non se ne parla da nessuna parte. Anzi, i magnifici pezzi di maiolica riminese realizzati dagli artisti e dai laboratori attivi in Città, sparsi ormai per il mondo, sono attribuiti ad altre realtà a noi limitrofe come Pesaro, Urbino, Faenza. Questo lavoro di Riccardo Gresta, studioso da almeno un trentennio della maiolica italiana del Rinascimento, e di Oreste Delucca, profondo conoscitore degli archivi riminesi, costringerà moltissimi musei europei a rivedere i cartigli delle opere di ceramica esposte nelle loro bacheche: a Londra, Parigi, Berlino, San Pietroburgo, Stoccolma, Cracovia, New York, Francoforte. Oltre a numerosi musei italiani. Riccardo Gresta ha selezionato 112 opere, di cui racconta di ognuna una infinità di dettagli, assegnandole (in base a documenti certi) ad artisti che a Rimini hanno

Letizia Magnani: "100 anni di Confagricoltura di Forlì-Cesena e di Rimini. Storia di impresa, innovazione e territorio"- Panozzo. “L’agricoltura è e sarà fondamentale:gli agricoltori ogni giorno portano il proprio lavoro delle mani nei nostri piatti. La loro è una storia di lavoro, dignità, fallimenti, ma anche di successi, innovazioni brillanti e visioni future”. Questo libro, curato da Letizia Magnani giornalista freelance e addetta stampa di Confagricoltura di Forlì-Cesena e di Rimini oltre che di altre aziende (fra cui il gruppo Batani Select Hotels per cui ha curato il volume “Grand Hotel: Rimini il mito” edito da Minerva nel 2018), vuole celebrare i cento anni della nascita di Confagricoltura a Forlì e Rimini. Ricorda l’attuale Presidente dell’Associazione Carlo Carli: “Era il 26 maggio del 1919, quando, un nutrito numero di agricoltori romagnoli si incontrarono a Forlì per fondare anche da noi la S.A.I. – Società degli Agricoltori Italiani, Sezione Provinciale di Forlì, che si rifaceva alla medesima Associazione di livello nazionale”. Nella storia nazionale le sigle delle diverse associazioni del mondo contadino sono infinite: realtà che si sono costituite, spaccate, unite. Sia dei proprietari che dei lavoratori agricoli (è la CGIL che organizzò mezzadri, coloni, braccianti, salariati agricoli). Bisogna però dare atto che Confagricoltura, nata

Antonio Stampete: "Il Ponte di Tiberio. Duemila anni di storia riminese" - Primiceri. E’ un libriccino piccolo piccolo quello che l’editore Primiceri manda in libreria, opera di Antonio Stampete, quarantenne romano, pittore e scultore, nonché storico d’arte, in occasione dei duemila anni del Ponte di Tiberio. Probabilmente il primo di altri, e forse più corposi, volumi che usciranno nel corso dell’anno. Del resto non si può dire che il nostro amato Ponte non sia presente già in tanti altri volumi, a cominciare da quelli che nel corso dei secoli hanno dettato le tappe della nostra storia urbana: il Clementini e il Tonini in primis, ma poi anche il Palladio, il Martinelli per arrivare agli articoli e ai libri che Ferruccio Farina (quando non si occupa di Francesca da Rimini) ha dedicato al Ponte di Tiberio: da “Uno sguardo sul ponte. Le antiche vedute del ponte di Tiberio di Rimini nelle incisioni tra il 16. e il 19. Secolo” (Ramberti, 1997) a “The magnificent bridge. Il ponte di Tiberio in alcuni sconosciuti disegni inglesi” (sulla rivista “Romagna arte e storia” n. 99 del 2013).E poi lo speciale “per il bimillenario del Ponte di Augusto e di Tiberio” della rivista “Ariminum” (n. 2/2014), curato

Cumited “Com una volta” – San Clemente: “Giustiniano Villa. 28. concorso di poesia dialettale" - La Piazza. Ventotto anni di esistenza e di attività per un Concorso di poesia dialettale è un tempo lunghissimo. Quello intitolato a “Giustiniano Villa” a San Clemente (promosso ed organizzato dal “Cumited Com una volta” con il sostegno dell’Amministrazione Comunale) è quasi sicuramente uno dei più longevi. Anche nel 2020, “annus orribilis” a causa della pandemia di Covid-19, il comitato organizzatore e la Giuria, presieduta da Piero Meldini, sono riusciti, pur in mezzo a mille difficoltà organizzative, a gestire e a premiare le migliori poesie e zirudeli pervenute (48 i partecipanti, alcuni dei quali sia per la sezione Poesia sia per la sezione Zirudela). Tra gli autori, spiccano la giovanissima Nina Ummarino di Misano Adriatico, 10 anni, con una simpatica poesia dedicata alle “Bole ad savon” e il più vecchio/giovane della manifestazione sanclementese: l’amico Mario Tonini, anche lui di Misano Adriatico, suonatore di flicorno nelle bande ma anche, a tempo perso, poeta dialettale. Ancora una sua poesia sul covid (“Una preghiera ma d’jeroi”), dopo quelle pubblicate nel volume “Per non dimenticare. Riflesion d’un cittadèn pursia (Riflessioni d’un cittadino qualunque). Coronavirus” (La Piazza, 2020). Ha scritto la sindaca Mirna

Roberto Renzi: "Romagna in carrozza. Trasporto pubblico tra Otto e Novecento" - Amr Ho provato a raccontarlo alcune altre volte negli ultimi anni, ma lo ripeterò ancora una volta: i volumi che raccontano la storia del nostro territorio si sono fatti rari. Le nostre case editrici pubblicano sempre meno. La ricaduta di questa situazione è che chi, come me, da tanti anni si diverte a recensire libri locali, almeno uno a settimana, diventa sempre più difficile avere un libro da segnalare a disposizione. Poi c’è però un’altra realtà, quella delle pubblicazioni fatte da enti, associazioni, comuni, chiese. Non reperibili in libreria, ma ottenibili solo attraverso un complicato sistema di relazioni ed avendo un radar attento a captare l’uscita di questi libri “fantasma”. Questa premessa per dire che il volume che oggi segnalo è uno di quei casi in cui il mio radar non ha funzionato. Esso è stato pubblicato dalla Agenzia Mobilità Romagnola (AMR) come cadeau natalizio del 2019, e a me è stato regalato come mio cadeau natalizio del 2020 da un’amica che lo aveva ricevuto in dono l’anno prima. Non lo conoscevo, mi era sfuggito fra le uscite avvenute. Eppure, sebbene edito come strenna natalizia, esso è un bel libro. Racconta la

Primo Silvestri: "CARIM. Ascesa e caduta di una banca del territorio" - Il Ponte. Primo Silvestri ha scritto un piccolo bignami di una brutta storia tutta riminese, durata dieci anni, dove 7.000 piccoli e medi azionisti sono stati “tosati” brutalmente da … non si sa da chi, secondo la sentenza del Tribunale di Rimini del febbraio 2018 (“i fatti non sussistono” e i 23 imputati sono stati tutti assolti). Silvestri ha descritto, passo dopo passo la fine della Cassa di Risparmio, la banca della Città secondo la volgata comune, dopo 177 anni (era nata nel 1841 regnante il Papa Re) di attività non sempre tranquilla. Le relazioni degli ispettori della Banca d’Italia del 2010, che portarono al primo commissariamento della banca, ed anche diverse disamine di valutazione espresse dal Tribunale, dicono altro rispetto alla mission che Carim diceva di avere: promuovere lo sviluppo e il progresso della nostra economia. I numeri del 2012 della Cassa di Risparmio: circa 800 dipendenti, il controllo di un terzo del mercato del risparmio provinciale e di un quinto dei crediti, 126mila clienti (un decimo costituito da piccole imprese, poco più dell’1 per cento da medie e grandi imprese, il resto da altri privati). Ma i primi 50 clienti,

Matteo Corso: "La madre della strega" - Dragonfly Edizioni. In una serata d’estate dei primi anni ’90 a Montebello, dopo essere stati a cena da Pacini, decidemmo con i miei figli di visitare il castello nel cosiddetto "tour del mistero" che partiva a mezzanotte, l'ora adatta per fare un saluto ad Azzurrina, la bimba fantasma sparita tragicamente lungo quei corridoi bui e che dal lontano Medioevo si racconta che abiti in quelle mura e si faccia sentire ogni cinque anni durante il solstizio d'estate. Guida del nostro tour notturno Welleda Villa Tiboni (nata nel 1922) che, con il figlio Sergio, dal 1989 sino alla sua morte nel 1998 gestì il castello di Montebello, di proprietà ancor oggi dei conti Guidi di Bagno. Lo avevano ottenuto dal Papa nel 1463 come ricompensa per l’aiuto datogli contro la famiglia Malatesta. Fu questa famiglia che nel corso dei secoli mutò l’interno da fortezza in una dimora signorile. La professoressa Welleda, vedova del leader socialista riminese Ercole (Lino) Tiboni (1925-1990), ci fece passare un’ora piacevolissima, immergendoci in storie medievali con la suspence finale nel cortile interno dove c’è un pozzo nel cui interno si diramano varie gallerie. Ed è in questi corridoi che raccontano che si

Maria Pia Zanelli: "Rosso di sera" - Il Ponte Vecchio. Un affettuoso omaggio da parte dell’Autrice alla cara nonna Gianna, sua nonna paterna. “Sempre allegra e indaffarata, di sé non raccontava mai niente, soprattutto della sua infanzia così particolare che non ricordava mai, non si lamentava mai di niente, nemmeno della grande povertà che la famiglia, un tempo benestante, si trovò ad affrontare a causa delle guerre”. Questa raccontata è una storia vera: anche se i fatti descritti, nella loro complessità, parrebbero derivare da un’opera di fantasia, i personaggi che vi sono coinvolti – tutti appartenenti alla famiglia della narratrice – sono persone realmente esistite. Tanto che spesso ne hanno influenzato il vivere e la visione del mondo. Per questo sono state conservate nella memoria come un bene prezioso per la somma degli affetti che in sé contengono e come fondamento dei costumi e dei valori cui tenersi fermi. Maria Pia Zanelli è nata a Casalbono, nel Cesenate. Trasferitasi a Forlì, per tutta l’infanzia ha trascorso le vacanze estive al suo paese natìo, dove nessuna terra al mondo ha colori così profondi. Diventata grande troppo in fretta, per forza maggiore ha abbandonato gli studi senza nemmeno troppi rimpianti, ma poi, tormentata da una

Angelo Turchini: "La Romagna nel Cinquecento 3. Ambiente, uomini, colture del territorio" - Il Ponte Vecchio. Angelo Turchini con questo è arrivato al terzo volume, 860 pagine, della sua monumentale storia “La Romagna nel Cinquecento”. Il primo volume di 450 pagine era dedicato alle “Istituzioni, comunità, mentalità” (2003), il secondo di 650 pagine alla “Romagna illustrata” (2003). E ne sono annunciati perlomeno un altro paio per i prossimi anni. Una ricerca, quella di Turchini, partita nella seconda metà degli anni ’70 del secolo scorso, legata inizialmente ad un approfondimento sulle vicende della Chiesa in Romagna negli anni della Controriforma dopo la pubblicazione delle 95 tesi di Lutero nel 1517. La Chiesa cattolica riformò le proprie istituzioni dopo il Concilio di Trento (fra il 1545 e il 1563) per reagire alla diffusione della riforma protestante in Europa. Un’Europa che stava modificando anche i propri assetti istituzionali con la nascita dei grandi stati moderni. Non esistono molti studi su questo periodo, la prima età moderna, dedicati alla Romagna. Ce ne sono tanti sul periodo medievale, per saltare poi alle vicende dello Stato Pontificio e al periodo risorgimentale. La Romagna nel ‘500 (ma lo sarà anche nei secoli successivi) è una realtà periferica, fuori dai centri di ricerca come poteva

Marco Valeriani: "I girasoli" - L’Infernale Edizioni. “Fa freddo. Piove. La baracca non si scalda e la stufa sbuffa fumo. La legna asciutta scarseggia. Ne avremo prima del cambio. I cecchini austriaci si sono scavati dei buoni ripari sulla parte rocciosa verso nord est. Stare allo scoperto costerebbe caro. Dai nidi delle mitragliatrici è impossibile sgusciare via senza essere presi di mira”. Ada ha 14 anni. Trascorre le vacanze estive nella casa che i nonni possiedono a San Clemente. E qui, frugando nei cassetti, scopre per caso il diario scritto dal soldato Adamo Bacchini, morto per tubercolosi polmonare durante la Prima Guerra Mondiale nel 1918, rinchiuso nel lager tedesco di Sprottau all’indomani della disfatta italiana a Caporetto. Attraverso le lettere che il giovane scambia dalle trincee con la madre Rosa e grazie ai racconti che il militare fa della sua vita prima dell’arruolamento, Ada riesce a ricostruire la storia dell’uomo: un contadino nato e cresciuto in campagna, ad Agello, costretto, come tanti altri compaesani, a indossare l’uniforme contro la propria volontà. Adamo Bacchini, del 55° Reggimento Brigata Marche e promosso a Caporale mitragliere della 268a Compagnia Fiat, è il trisnonno di Ada. Era un ragazzo ventenne improvvisamente catapultato in alta montagna a combattere

Carlo Cervellieri: "Iscì per mod da dì" - La Piazza. Devo al Sindaco di Saludecio, l’amico Dilvo Polidori, il regalo di questo ultimo libro di Carlo Cervellieri. Il volume contiene 29 poesie in dialetto che esprimono lo spirito di Saludecio, così come lo sente l’Autore. Un po’ qualunquista, un po’ smargiasso. Tanto nobile decaduto. A cavallo dei settant’anni Cervellieri torna ad immaginare un mondo passato, a volte migliore a volte peggiore di quello odierno. E lo fa ricorrendo ad un dialetto verace, che colpisce con la sua sinteticità e capacità di espressione. Scrive Vincenzo Sanchini nella sua Presentazione: “Carlo ha scritto in una sua poesia che ‘e’ djalèt l’è na roba viva’, ma più che è, direi era, perché come ha riportato da qualche parte ‘el djalèt s’è n’è parlèd / sèta el tet l’è cundanèd’ (il dialetto se non è parlato / sotto il tetto è condannato). Si, vabbè, si potrà dire qualcosina sugli accenti, sulla grafia, ma se non lo parli nelle case e non solo, è destinato a finire sui libri. Il dialetto, da orale, sta diventando una lingua scritta”. Il Sindaco Polidori annota come Cervellieri “con i suoi libri riesce sempre a ripescare nella nostra memoria personaggi, situazioni e

Fosco Rocchetta: "Neozelandesi a Riccione nella II Guerra Mondiale" - La Piazza. Ho scritto qualche mese fa, presentando il libro di Matteo Incerti “I pellerossa che liberarono l’Italia” (Corsiero Editore, 2020), che fra le pieghe delle vicende della Seconda Guerra Mondiale continuano ad emergere, grazie al lavoro dei ricercatori storici, particolari che non finiscono mai di stupirci. Così è anche per questo nuovo libretto redatto da Fosco Rocchetta, che prosegue nella costruzione di una sua personale biblioteca storica riccionese, che ci racconta delle truppe neozelandesi sul fronte italiano nell’ambito dell’Ottava Armata Inglese, composta da innumerevoli soldati provenienti dai vari paesi dell’Impero, guidata dal gen. Oliver Leese. E della presenza, inquadrati nella 2. Divisione neozelandese, del 28. Battaglione Maori, “diviso in più compagnie formate da volontari delle diverse tribù di questo popolo, ciascuna delle quali era comandata da un ufficiale Maori. Un forte legame univa i soldati di ogni singola compagnia, giacchè erano quasi tutti imparentati tra di loro, essendo membri della medesima tribù”. 230 Maori provenienti dalle isole polinesiane caddero in combattimento in Italia, ma quelli uccisi nel corso della Seconda Guerra Mondiale sui fronti europei furono complessivamente 649. I neozelandesi, Maori compresi, sbarcarono sul suolo italiano a Taranto il 14 ottobre 1943. Schierati