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Com’è che fra tutti i video di quarantenati canterini al balcone che girano rete non ce n’è nessuno di Rimini? A Milano c’è Ricky Gianco che intona Pugni chiusi sul terrazzo, ad Agrigento un coro polifonico di condominio esegue Ciuri Ciuri, a Napoli vanno di neomelodico, a Torino si è esibita una cantante d’opera, a Siena i casigliani di un vicolo hanno intonato l’inno cittadino, il Canto della Verbena, per non parlare del singing flashmob con Fratelli d’Italia. Tutto filmato, postato, ripreso da Bbc, Independent, New York Times, e chi più ne ha più ne metta, con parole di lode e ammirazione per il «brave Italian people». E noi riminesi? Aspettiamo l'iniziativa di Matteo Munaretto per salutare la primavera il 21 marzo. Ma per ora non abbiamo dato nessun contributo a questa iniziativa spontanea che, per quanto fragile e improvvisata, sta riportando l’Italia nel cuore degli stranieri e riscattando agli occhi del mondo i tanto bistrattati italiani, noti tanto per l’allegria e la giovialità quanto per una presunta incapacità di sdrammatizzare i momenti difficili. Voglio dire, la voce l’abbiamo, finestre e balconi pure, alcuni magari hanno pure vicini di casa intonati per fare il controcanto. Perché non ci siamo buttati? (Non dalle

Devo fare uno sforzo per rendermi conto che il Coronavirus non c’entra niente con il tatuato ex re dei paparazzi, anche se vista la psicosi dilagante, il suo nome dev’essere stato già inserito negli elenchi delle persone non grate dei maggiori talk show, tanto per andare sul sicuro. Ma se volevamo iniziare il 2020 con una botta di emozione, l’influenza che viene dalla Cina ci ha accontentato. E’ il primo virus dell’età di Netflix, e infatti l’epidemia segue un copione da serie televisiva, in un climax crescente a base di bilanci di contagiati e di morti aggiornati ora per ora, di bufale e controbufale, di dichiarazioni e smentite. L’ultimo scoop è la teoria di un esperto israeliano secondo cui il virus sarebbe stato creato in un segretissimo laboratorio militare in cui si lavora a un progetto di arma batteriologica, e situato proprio a Wuhan, il maggior focolaio dell’epidemia. E in effetti, se si poteva capire come la famigerata «spagnola» del 1917 fosse potuta trasmettere dai polli agli operai impiegati negli allevamenti del Kansas (perché era da lì che veniva, ma non si poteva dire perché gli americani stavano salvando le sorti della Triplice intesa nella Grande Guerra), è più difficile spiegarsi come il

Accidenti. Ho perso la mia unica occasione per comparire senza veli su un calendario. Pazienza, il calendario del «Punto rosa» lo comprerò ugualmente e lo raccomanderò agli amici, anche se non sono stata selezionata fra le modelle che hanno posato per l’iniziativa. Tutte donne operate di tumore al seno, come me, che hanno declinato a modo loro la trama della deliziosa commedia inglese Calendar Girls. Chi l’ha vista, sul grande schermo o sul palcoscenico (è passata al Novelli la primavera scorsa, protagonista un’irresistibile Angela Finocchiaro), ricorderà che gira tutta intorno a un calendario sexy realizzato dalle probe e non più giovanissime signore di un villaggio di campagna, pronte a spogliarsi davanti all’obiettivo allo scopo di raccogliere fondi per la ricerca contro la leucemia, di cui soffre il marito di una di loro. Le «girls» romagnole, sono ancora più audaci e ambiziose: espongono il loro corpo passato attraverso la malattia e le cure non solo per finanziare i progetti del «Punto rosa», l’associazione che sostiene le pazienti colpite dal cancro al seno, ma anche per dimostrare che la bellezza e il coraggio delle donne non si lasciano vincere dal «brutto male», un male, per fortuna, sempre meno fatale, grazie alla ricerca e soprattutto

"Un medico d’altri tempi" A cura di Pietro Bisoni - Silverbook. Mi piacciono le biografie quando queste servono a far conoscere una persona, l’ambiente in cui ha operato, le cose che ha realizzato. Questa biografia di Bisoni non mi sembra (nonostante l’impegno profuso) sia riuscita a raggiungere appieno lo scopo che si prefiggeva: raccontare la vita di un medico-pediatra di Misano Adriatico, Alfiero Gentilini detto “Fiero”, scomparso il 14 luglio 1978 (cioè 40 anni fa), ma mai dimenticato dalla popolazione misanese per la sua umanità, professionalità, disponibilità con i pazienti e la gente. Gentilini morì giovane quando non aveva ancora 48 anni (era nato il 24 novembre 1930) per un improvviso infarto. Il Sindaco di Misano, Stefano Giannini, lo ricorda così: “Il dottor Alfiero Gentilini è stato una figura di grande rilievo per la nostra comunità. E non perché è stato uno dei pochi ad aver studiato e a laurearsi alla fine degli anni ’50, in quel paesino, ancora sparso e anonimo, che nel dire comune non era ancora Misano Mare ma era ‘e Fnil’, il fienile: un paesino che stava compiendo ancora timidamente la sua transizione da luogo di campagna e di colonie marine a località turistico-alberghiera. Il dottor Gentilini è stato una

"Un Mosaico di storie" - La Piazza. Oggi registriamo un grande silenzio sull’uso della droga in Italia, in particolare fra i giovani. Tacciono le istituzioni, i grandi giornali, le TV, ma anche, per molti versi, le scuole e le famiglie. Fa notizia se qualcuno viene sorpreso a coltivare qualche piantina di marijuana sul terrazzo, ma non la nuova ondata di consumo di massa delle sostanze stupefacenti. Bene, benissimo dunque hanno fatto i protagonisti storici del Gruppo Mosaico di Misano Adriatico a raccontare la loro straordinaria storia vissuta dal 1989 al 1999. L’avventura di questo gruppo di prevenzione del disagio giovanile e delle tossicodipendenze inizia il 4 aprile 1989 su iniziativa del Ser.T. (Servizio tossicodipendenze) dell’ASL di Rimini e Riccione. Il gruppo di Misano era formato da 12 persone, cittadini con caratteristiche diverse per età, professione e residenza: “donne, uomini, mamme, papà e giovani, con la voglia di impegnarsi nel proprio territorio per promuovere l’aggregazionismo giovanile e combattere il dilagare dell’uso di sostanze stupefacenti che in alcuni quartieri aveva assunto dimensioni e caratteristiche significative”. Scrive l’ex Sindaco di Misano Sergio Morotti: “Negli anni1970-1980, fra i tanti problemi che le istituzioni pubbliche si trovarono ad affrontare, ci fu il fenomeno della diffusione delle tossicodipendenze che