Tratteggiata da Guido Nozzoli, è grazie a questa figura che Rimini riesce a costruirsi una sua icona nell’immaginario collettivo di tutta Europa
Campione regionale nel '64 e '65 si impose anche al Vigorelli, ma la sua luccicante Pogliaghi finì appesa nel garage di via De Bosis
Parlando con un amico di vecchissima data circa gli interventi della Chiesa sul fenomeno della pedofilia sacerdotale, abbiamo concordato sul fatto che le ‘regole d’ingaggio’ (voto di castità e obbligo di celibato) fanno certamente parte del problema. E che i pedofili, in generale, avevano certo vita meno facile nell’immediato dopoguerra quando bambini e ragazzi si ritrovavano tutti assieme a giocare nelle vaste aree cittadine non ancora preda della speculazione edilizia. Il Grande Gruppo di cui venivi a far parte produceva infatti gli anticorpi contro ogni pericolo, grazie allo scambio di informazioni, alla condivisione delle esperienze e alla protezione dei più grandi. Si imparava tutto molto presto e alla svelta. Giorgino (undici anni) riferì a noi di Campo Trieste di essere stato avvicinato al mare mentre faceva il bagno da un ciccione che voleva insegnargli a fare il morto, infilandogli però la mano sotto il costume. E che alla sua domanda: ‘Non sarai mica un finocchio, te?’ quello si era subito allontanato. Gilberto, più o meno della stessa età, ci raccontò che, mentre osservava, in mezzo a un gruppo di curiosi, le prime macchinette automatiche a gettone piazzate sul marciapiede davanti all’Embassy, si era sentito toccare da un tizio magro e pallido che fingeva
La curiosa storia ricordata dalla Biblioteca
Gli scavi di via Melozzo da Forlì stanno fornendo sorprese inaspettate: fra i reperti ritovati c'è anche un frammento di mosaico. Un indizio apparentemente minuscolo, ma che da solo ribalterebbe non solo tutte le ipotesi fin qui avanzate, ma basterebbe a riscrivere la storia di Rimini in uno dei periodi meno conosciuti. Secondo le prime datazioni degli archeologi, il mosaico sarebbe infatti stato realizzato nel V o VI secolo dopo Cristo. Dunque un'epoca di gran lunga precedente a quanto si era pensato quando muri antichi erano affiorati duranti i lavori di Hera per una conduttura fognaria PSBO nel Borgo Sant'Andrea. Allora si erano infatti ipotizzate strutture medievali costruite in quel luogo, il futuro foro Boario, ben dopo il Mille. Forse il convento delle Santucce, un ordine monacale femminile fondato a metà del '200. Oppure il monastero di S. Maria in Mirasole, anch'esso documentato a metà del XIII secolo in quella zona. [caption id="attachment_265581" align="alignleft" width="2048"] Lo scavo archeologico in via Melozzo da Forlì[/caption] Il mosaico farebbe invece compiere un balzo indietro di ben oltre mezzo millennio. E la struttura curva in mattoni e pietra di tipo "absidale", una canaletta, lacerti murari di vario tipo e consistenza fin qui scavati, potrebbero dunque appartenere a
E' o non è il "praticabile"? Quello che è emerso durante i lavori in corso in piazza Malatesta è il percorso sotterraneo che accompagna per 130 metri la conduttura d'acqua della Fontana della Pigna? Così ha pensato subito Paolo Semprini, appassionato di storia e archeologia di Rimini. Ne è meno convinta l'archeolologa Cristina Ravara Montebelli, che commenta su Facebook: "Non credo sia quello, è a quota troppo alta è spostato rispetto al praticabile ed è troppo piccolo, ma di certo è una struttura interessante". Interessante come tutti i reperti fin qui riemersi durante i lavori, di cui ancora nulla di ufficiale dice la Soprintendenza, nonostante siano passati ormai molti mesi dall'apertura del cantiere. Ma la ritrosia di Ravenna a far sapere qualcosa ai comuni mortali non rappresenta certo una novità. Nel frattempo, qualasiasi cosa fosse è già stata ricoperta col cemento. Comunque Ravara Montebelli aggiunge: "Il praticabile passava accanto alla Rocca, aveva una struttura di copertura e ci stava dentro una persona per le ispezioni. Potrebbe essere anche una condotta fognaria, speriamo che sia documentata dai colleghi
«Babbo che regali ti arrivavano per Natale?». La risposta mi fece meravigliare e anche un po' vergognare, mentre scartavo famelico i pacchetti senza trovare l'agognato e sempre richiesto trenino elettrico. «Du partugali», mi disse il babbo: due arance. Ma non per farmi sentire in colpa dei miei "vizi" da bambino moderno, anzi. Lo diceva con ancora negli occhi la felicità per quei doni. Mio babbo era il primo di quattro fra fratelli e sorelle (e di altri morti in fasce), orfano ben presto di padre, in una famiglia "sotto" il conte Girolamo Cantelli di Rubiera a San Fortunato. Il conte era stato generoso e aveva tenuto la famiglia nella sua proprietà nonostante la morte di colui che aveva sottoscritto il patto agrario; secondo le norme di allora non era assolutamente tenuto a farlo. Per chi restava voleva dire un tetto, un orto e un sostentamento, parte in natura e parte (piccola) in denaro, quali "bovari"; perchè tutti, maschi e femmine e fin da piccolissimi, erano addetti ad accudire le "bestie". Quegli orfani e la vedova erano stati presi sotto la tutela della "sgnora cuntessa", la madre del conte Girolamo, il quale era rimasto "antigòun", cioè scapolo. Era la contessa Rosetta, nobildonna
Gli scavi archeologici effettuati in piazzetta San Martino nel Comune di Rimini, nell’ambito del cantiere Connessioni Urbane per il IV stralcio del progetto del Museo Fellini, hanno permesso di riportare in luce i resti del complesso ecclesiale di San Martino ad Carceres. Le attività di scavo, finanziate da Hera Spa e condotte sotto la direzione scientifica della Soprintendenza Archeologia, Bella Arti e Paesaggio di Ravenna, hanno visto il coinvolgimento di 12 archeologi e di 1 antropologa della ditta adArte Srl, ditta incaricata per l’esecuzione delle verifiche archeologiche relative alle attività in progetto. Gli scavi, condotti da gennaio a maggio, hanno individuato immediatamente al di sotto dell’asfalto e sotto la pavimentazione in ciottoli del XX secolo, le fondazioni murarie della Chiesa medievale dedicata a San Martino vescovo, ricordata come già esistente in un atto del 996. Si sono così documentate numerose strutture ed evidenze archeologiche che ripercorrono tutta la storia dell’area a partire dall'epoca medievale fino ad arrivare all'epoca contemporanea. La Chiesa fu infatti in uso fino al 1806, quando il titolo passò alla chiesa di San Francesco Saverio – il Suffragio – di cui divenne sussidiaria, e venne definitivamente chiusa nel 1809; da allora fu utilizzata come magazzino per il grano, poi come
Quando ti metti scavare non sai mai cosa viene fuori. In Italia succede sempre e figurarsi se non succede a Rimini, con 2500 anni di storia stratificati nel suo sottosuolo. E capita di nuovo in piazzetta San Martino, dove le ruspe stanno svelando un'altra pagina inedita della città. Sollevando però nuovi interrogativi. Appena sono iniziati i lavori per il nuovo arredo urbano della piazzetta, una decina di giorni fa, rimossi l'asfalto e il sottostante selciato in sassi di fiume, ecco spuntare un dedalo di muri, muretti e perfino strutture circolari. Poi anche ossa umane, forse di due scheletri. Eppure lì non avrebbe dovuto esserci gran che. Le mappe della città risalgono al massimo ai primi del '600 è già allora lo spazio della piazzetta sembrerebbe corrispondere a quello di adesso, libero dagli edifici. Ma allora a cosa appartengono i resti di costruzioni che stanno tornando alla luce? E di che epoca sono? Gli archeologi sono al lavoro e non si sbilanciano. Bocche cucite alla Sovrintendenza di Ravenna: com'è giusto, nessuna comunicazione ufficiale prima di aver effettuato tutte le valutazioni. Intanto però lo scavo nel cuore di Rimini sta suscitando la curiosità di tutti i passanti e le ipotesi corrono a briglia sciolta. Anche
Si scava a Rimini in piazzetta San Martino, in vista dei lavori che prevedono un nuovo arredo urbano con tanto di fontana con rinoceronte ispirato a quello felliniano di "E la nave va" da collocare accanto al Cinema Fulgor. Ma si scava sotto l'occhio attento dell'archeologa. Perché siamo nel cuore di Rimini e non si sa mai quello che può spuntare fuori. [caption id="attachment_186795" align="aligncenter" width="793"] Il rinoceronte nelle scene finali di "E la nave va" di Federico Fellini[/caption] [caption id="attachment_186794" align="aligncenter" width="865"] Il rendering del nuovo arredo urbano in piazzetta San Martino[/caption] La piazzetta prende il nome da una chiesa scomparsa che esisteva già prima dell'anno Mille. E sono proprio le sue tracce che potrebbero emergere, insieme a qualche altra sorpresa. "Tutte le mappe antiche - spiega lo storico Oreste Delucca - concordano nel collocare la chiesa di San Martino sul lato della piazzetta dove ora sorge un condominio all'angolo con vicolo Battaglini". Però le antiche carte non erano precisissime, dunque il punto esatto dove sorgeva la chiesa è tutto da verificare. Ma soprattutto, fa notare l'archeologa "siamo nei pressi della cattedrale e in realtà non sappiamo di preciso cosa esistesse qui nel Medio evo. Anche durante gli scavi del Teatro Galli sono
E’ stata pubblicato ieri l'atto del Comune di Rimini che ne ha decretato lo status e la conseguente iscrizione nell’Albo delle Botteghe Storiche. Ma la gioielleria Burnazzi esiste a Rimini da tanto tempo. Ne ha ricostruito la storia Probo Burnazzi, che a 80 anni manda a ancora avanti la sua gioielleria sul Corso d'Augusto: “Ho fatto ricerche in Curia, sapendo che l’apertura di questa attività risaliva al periodo dello Stato Pontificio. Sono arrivato fino al 1828, poi mi sono… perso. Sembra che la bottega esista già alla fine del ’700 ma non ne ho trovato traccia documentale. Comunque sono quasi 200 anni di attività certa”. “Il primo - prosegue Burnazzi - fu Amos, mio bisnonno, combattente nel periodo risorgimentale e con Garibaldi. A lui è intitolata una via a Viserba”. Poi vennero mio nonno, mio padre e, adesso, tocca a me”. “Il riconoscimento dell’Amministrazione Comunale mi fa piacere”, afferma con orgoglio e ne ha ben donde. Il commercio non è cosa semplice, comporta conoscenza dei materiali, i questo caso i gioielli, modo di essere e di relazione con la clientela. Tutto questo, certamente si acquista maggiormente con l’esperienza. E Probo porta con sé tutta quella della sua famiglia, da bel quattro generazioni, se
La vecchia stazione Rimini Marina diventa spazio verde e culturale della città: la Giunta comunale approva il progetto “Fiori e tragitti”. Una vecchia stazione ferroviaria trasformata in uno spazio verde e culturale della città, a due passi dal mare e crocevia della nuova mobilità sostenibile. E’ stato ribattezzato “Fiori e tragitti” il progetto di riqualificazione dell’ex stazione Rimini-Marina, un’area di circa 4.200 metri quadrati su via Pascoli, in corrispondenza della fermata del Metromare. Un intervento che ha come obiettivo quello di coniugare il passato recente della città con la nuova traiettoria di sviluppo della città, mettendo in relazione la parte storica con la parte turistica e ambientale, stimolando un nuovo modo di vivere gli spazi pubblici. L’area, che costeggia la linea ferroviaria, ospitava tre edifici costruiti dal 1926 al 1932: il fabbricato viaggiatori di circa 100 mq, il deposito di circa 430 mq (non più presente) e il fabbricato officina per treni SVERT (Società Veneto Emiliana Ferrovie Tramvie), di circa mq. 450. Gli edifici costituivano il nucleo della stazione Rimini- Marina, che collegava la città allo Stato di San Marino con 9 fermate, con un tempo di percorrenza medio di 53 minuti . La linea cessò il servizio il 4 luglio 1944.