Oggi gioco in casa, poiché lo spunto a scrivere me l’ha dato un articolo – «Il salto della quaglia» – che ho letto venerdì scorso su questa testata e che mi ha stimolato, diciamo così, “una reazione di pancia”.
Ostentando un’ironia da Bar dello Sport, l’autore gongola nel preconizzare la sconfitta elettorale del centrosinistra, “colpevole” di essere guidato da Renzi. Si dice inoltre convinto che ne seguirà un esilarante “fuggi fuggi”: «I più sosterranno che non sono mai stati renziani della prima ora, altri neanche della seconda ora. Poi si assisterà alle fantasiose giustificazioni politiche, via social, del tipo: “Io renziano? Ma va! (..) Ma per fortuna ci sono gli irriducibili (..) come Hiroo Onodail, l’ultimo giapponese nascosto nella giungla (..) Pertanto qualche irriducibile renziano rimarrà (..) Un po’ come quello che non si è mai tolto i pantaloni a “zampa di elefante”, in voga negli anni settanta» .
Personalmente non sono un renziano della prima ora, né della seconda; ma uno che ha la presunzione di aver colto da tempo una “necessità politica” perfino banale: quella di saper accettare che “il meglio” coincida talvolta col “meno peggio”, se non vuoi che “le battaglie della sinistra” si riducano allo starsene accucciati nell’angolo, sbraitando mentre si sventola una bandierina rossa.
E poiché destra e sinistra esistono eccome, checché ne dica il replicante manichino Di Maio, se vuoi che il 4 marzo vinca la sinistra hai una sola possibilità: votare per l’alleanza di centro-sinistra messa insieme dal PD di Renzi. Se invece vuoi far vincere la destra padronale di Berlusconi, la destra razzista di Salvini, la destra della “camerata Meloni”, la destra del repellente bullismo grillino, le possibilità diventano due: o tracciare un segno su uno dei loro rispettivi simboli, oppure votare per quel variegato assemblaggio “di sinistra al quadrato” che, come dicevano i nostri nonni “è tenuta insieme con lo sputo” ed il cui solo perseguibile obiettivo è far perdere Renzi: tutto ciò che ne verrà di più, sarà… “grasso che cola”.
Mi guardo bene, sia chiaro, dal sostenere che siccome Chiamamicitta.it auto-dichiara di far riferimento “all’area del centro-sinistra”, non possa per questo ospitare gli scritti di chi si appresti ad osteggiare elettoralmente il centrosinistra stesso; sia che si tratti di un avversario di vecchia data, o di uno “spretato” recente, o di un suo… inconsolabile vedovo. Non dispiace pertanto imbattersi con una certa frequenza in pezzi firmati da Giuseppe Chicchi, da Roberto Biagini o perfino da Giovanni Benaglia; ai quali – credo di non sbagliare – aggiungerei Leonardo Carmine Pistillo, che non ho il piacere di conoscere.
Ma loro si firmano, dando così al proprio pensiero una “anagrafe civile”, oltre che una paternità politica; come dovrebbe sempre fare chi si veda ospitare testi dal contenuto critico o polemico, non importa se per difendere o per attaccare chicchessia. Invece l’autore de «Il salto della quaglia», quasi sentisse il bisogno di una metaforica calza di nailon sul viso, è ricorso – chissà perché? – al trucchetto dello pseudonimo “BieMO”.
Confesso che la cosa mi farebbe nascere la curiosità di tentare quanto meno un suo identikit, se non fosse che, ahimé, non si contano le potenziali variabili. Potrebbe infatti trattarsi di uno di coloro che se ne stanno seduti sulla riva del fiume fin dai tempi in cui speravano di veder passare il cadavere del PCI; poi, a far seguito, quello del PDS, dei DS e oggi del PD. O di un azzimato dalemiano con la puzza sotto il naso, al quale Grasso, più che all’avvento di un nuovo leader della sinistra, fa piuttosto pensare al ritorno di Pappagone. Oppure di un “frantoianno” di casa nostra, costretto a fingere di dimenticare tutte le robacce che negli anni ha detto e pensato di Errani, da lui ripetutamente accusato di “un moderatismo incline al consociativismo”. Che sia invece uno di quelli rimasti ancora “nel macchione”, vale a dire nel PD, in attesa di capire cosa gli convenga dopo le elezioni: seguire Bersani verso il “clan dei casaleggesi” o continuare a mugugnare contro Renzi all’interno del PD?
Naturalmente do per scontato che Bie.MO non abbia torto a prevedere, in caso di sconfitta del centrosinistra, che un certo numero di renziani compia quell’ipotizzato “salto della quaglia”. Che andrebbe così ad aggiungersi ad un altro salto fatto al momento del voto da chi, per il rancore verso Renzi, avrà favorito la vittoria di Berlusconi o, peggio ancora, quella di Grillo. Un salto “da sinistra verso destra” che, citando Guccini ne «La Fira ed San Lazar», più che il salto della quaglia chiamerei senz’altro… il salto del «quaglione».
Nando Piccari