Sanità territoriale a Rimini, l’assessore Gianfreda: “Siamo dei precursori a livello nazionale”
27 Giugno 2024 / Redazione
Il rafforzamento della sanità territoriale e l’integrazione delle politiche sanitarie e sociali, con l’obiettivo di creare un sistema più efficiente e vicino alle esigenze dei cittadini. È questo il concetto cardine ribadito più volte ieri, mercoledì 26 giugno, nel corso della quarta Commissione consiliare, dall’assessore alle politiche per la salute del comune di Rimini, Kristian Gianfreda, che ha illustrato le novità della nuova riorganizzazione del modello sanitario riminese, affiancato anche da Ardigò Martino dell’azienda AUSL e Ivo Quaranta dell’Università di Bologna. Un’occasione per fare il punto sullo stato dell’arte dei progetti destinati a ‘prossimizzare’ il modello sanitario riminese, con un focus in particolare sui cosiddetti ‘snodi territoriali’, dei punti di riferimento fondamentali distribuiti in microzone sociosanitarie che comprendono tra i 10.000 e i 15.000 abitanti.
“Questi snodi – spiega l’assessore Gianfreda – non rappresentano solo semplici bacini di utenza, ma dei veri e propri pilastri delle nostre politiche sanitarie. Il loro scopo è implementare, potenziare ed estendere le attività domiciliari di carattere sociosanitario, grazie a una collaborazione sinergica tra professionisti sanitari, come infermieri e psicologi di comunità, e professionisti sociali, come educatori e operatori sociosanitari. Questa cooperazione mira a definire strategie integrate, coinvolgendo anche i medici di medicina generale, per offrire risposte complete e con un approccio multiprofessionale e multidisciplinare”.
Il primo snodo aprirà le porte entro settembre nell’area di Miramare, a cui seguirà, come precisato dall’assessore comunale, l’attivazione di altri tre presidi entro l’anno, con l’obiettivo di arrivare a quota 11 strutture entro il 2026.
“Questi snodi si baseranno su una dimensione di vicinato, fornendo supporto e servizi a domicilio per pazienti e cittadini – continua Gianfreda -. L’obiettivo è coordinare da vicino le politiche sanitarie del nostro territorio per prevenire malattie, supportare i più fragili, fornire cure di base direttamente nelle comunità, poiché un elemento di innovazione è anche lo stretto rapporto costante con il mondo del terzo settore, che avrà un ruolo di primo piano, comprese parrocchie e associazioni.
Oltre a essere la base per l’erogazione dei servizi a domicilio, fungeranno anche da centri di dialogo e coordinamento con i medici di medicina generale, con le organizzazioni di volontariato e le realtà associative presenti nelle microzone – sottolinea l’assessore – .Questo approccio mira a creare sinergie positive che possano migliorare la qualità della vita nei quartieri e promuovere la partecipazione attiva della comunità alla cura sopratutto dei più fragili e soli”.
Questi luoghi dedicati alla cura rappresentano dunque i nuovi spazi pilota della sperimentazione messa a punto dall’amministrazione comunale, dall’AUSL e dall’Università di Bologna, nell’ambito del Piano di Contrasto alle Diseguaglianze del distretto di Rimini.
L’equipe coinvolta nei nodi territoriali svolgerà anche un’importante e innovativa mansione di mappatura, attraverso un sistema di incrocio dati all’avanguardia sviluppato in sinergia con AUSL, Unibo e Regione Emilia-Romagna al fine di raccogliere informazioni quantitative e qualitative sui bisogni della popolazione, fornendo una base solida per migliorare i servizi offerti.
Gli avamposti delle politiche di salute centrate sulle cure primarie, conosciute come Primary Health Care (PHC), sono le tre Case di Comunità, articolate in Hub e Spoke, alle quali questi snodi territoriali si integrano.
“La scelta della territorializzazione dei servizi è una priorità che sta alla base di questo mandato amministrativo – conclude Gianfreda – .Questi presidi rappresentano un unicum nel contesto regionale e italiano, configurandosi come un ecosistema dinamico che applica in modo innovativo il decreto ministeriale 77, a conferma delle scelte virtuose in materia di un modello sanitario a vocazione territoriale, che vedrà l’integrazione anche delle case di comunità e di altri progetti all’avanguardia”.