Avete dedicato qualche neurone all’affaire Tony Effe? Sì, dai, non fingete, non vergognatevi. Del resto era difficile evitare l’argomento, ne hanno parlato tutti, dai tiggì agli opinionisti, su schermo, carta e web, provocando una vera e propria nube tossica di pro-contro-c’è-ben-altro, che rende inutile spiegare come mai l’Oxford Dictionary abbia scelto come parola dell’anno “brainrot”, ovvero lo spappolamento dei neuroni provocato dall’esposizione ai social. Dei neuroni e anche di un’altra rima in -oni, aggiungerà qualcuno, affratellandosi così inconsapevolmente ai rapper e ai trapper come Tony Effe, veri e propri virtuosi della rima, magari con l’ausilio di app che sostituiscono il vecchio e poco maneggevole rimario.
Ma okay, facciamo finta che non sappiate chi sia Tony Effe, trapper romano di buona famiglia e di pessimi costumi, ex Dark Polo Gang e ora solista. E che vi siate persi anche il suo recente “dissing” (tenzone in versi, direbbe la prof d’Italiano mancata che è in me) con Fedez – almeno lui sapete chi è, via: l’ex marito pirla di Chiara Ferragni cui da un paio d’anni non ne va dritta una, fra problemi di salute, guai con la giustizia e, last but not least, risse verbali con il compagno di trap Tony Effe.
Milano contro Roma, bad boy venuto dalla strada contro rich boy cresciuto a paghette settimanali di 150 euro e, in ultima analisi, stella cadente contro supernova. Fatto sta che Fedez aveva finito per stare così sul cavolo a a tutti, che da quando lo ha preso a male parole Tony Effe è diventato l’uomo del momento e ha visto le proprie quotazioni alzarsi vertiginosamente. Non solo parteciperà al Festival di Sanremo, ma aveva ricevuto un invito dal probo sindaco di Roma Roberto Gualtieri per cantare i suoi hit al concerto di Capodanno insieme ad altri big della canzone.
Ma, pochi giorni fa, colpo di scena: le donne del Pd, il partito di Gualtieri, gli hanno fatto notare che i romani e le romane avrebbero inaugurato il 2025 (l’anno del santo Giubileo, per inciso) ascoltando versi come “Non mi piace quando parla troppo, le tappo la bocca e me la fotto”, “mi dici che sono un tipo violento ma vieni solo quando ti meno” o “Ti sputo in faccia solo per condire il sesso, ti chiamo puttana solo perché me l’hai chiesto”.
Gualtieri, poveraccio, è caduto dalle nuvole. Evidentemente tratto in inganno dal nome Tony, che ai non giovanissimi evoca simpatici cantanti per famiglie come Tony Renis, Little Tony e Tony Bennett, pensava che anche Tony Effe fosse un innocuo crooner cuore-amore. Così ha ritirato l’invito al trapper, provocando l’insurrezione degli altri big ingaggiati per il concerto, che hanno gridato alla polizia morale. Non solo i maschi, ma anche star di lungo corso come Noemi e Giorgia, sempre in prima fila nella battaglia contro la violenza di genere.
Se uno non ha cominciato già a farsi delle domande (esempio: i sindaci non dovrebbero informarsi meglio prima di convocare un cantante per un concerto organizzato dal Comune? Le donne del Pd potevano gestire il caso in modo da non fare la figura delle moraliste guastafeste?) a questo punto una domanda se la fa: come mai gli stessi e le stesse che a ogni stupro o femminicidio ripetono che per combattere la violenza sulle donne “non bastano le leggi e le punizione, bisogna cambiare la cultura”, poi se provi a cambiarla davvero – anche se in modo goffo, escludendo da un concerto un cantante che inneggia al sesso violento – si indignano, fanno le vittime e solidarizzano con l’escluso? Se volete rovinarvi il pranzo di Natale con i parenti più giovani, tirate fuori l’argomento. Buone feste a tutti!
Lia Celi