Il Sessantotto sul banco degli imputati
28 Novembre 2016 / Paolo Zaghini
Gianfranco Miro Gori (a cura di) “Processo al ‘68” – Il Ponte Vecchio
“Nato nelle scuole, Università e scuole medie superiori, il Sessantotto fu per un paio di anni una grande festa studentesca, un formidabile happening delle giovani generazioni dove si predicavano (e a volte si praticavano) il pacifismo, l’antiautoritarismo, il diritto all’ozio, la parità di genere, la libertà sessuale, e dove si sperimentavano nuove forme espressive e nuovi stili di vita. Dove, soprattutto, ci si incontrava, si discuteva, ci si impegnava e ci si divertiva. Questa fase finì traumaticamente il 12 dicembre 1969 con la strage di Piazza Fontana” (dalla testimonianza di Piero Meldini).
Manca poco ormai al 50° anniversario del ‘68. Tante iniziative sono in fase di preparazione, a livello nazionale e locale. Intanto Miro Gori con questo volume apre il confronto assemblando i materiali preparatori, le testimonianze e le arringhe pro e contro del processo al ’68 andato in scena il 10 agosto 2015 nella Torre di Vila Torlonia a San Mauro Pascoli (il sedicesimo della serie). I protagonisti delle “udienze preliminari” e delle testimonianze sono ex-sessantottini romagnoli delle tre province, mentre le arringhe finali hanno come oratori pro Marcello Flores e Marco Boato; contra, Giancarlo Mazzucca e Giampiero Mughini.
Bello l’intervento di Carla Baroncelli sulla crescita in quegli anni della consapevolezza femminile: “Penso che nessuna rivoluzione sociale, ovviamente pacifica e non violenta, sia possibile senza la liberazione della donna”.
Interessante la premessa che apre il testo di Giuseppe Chicchi: “A Rimini la mia generazione veniva dall’intensa attività dei circoli culturali che per tutti gli anni ’60 aveva prodotto quadri che avrebbero poi occupato posti di responsabilità nei partiti e nelle istituzioni. Un breve elenco: Circolo Gobetti (sinistra storica), Circolo Astrolabio (area laico azionista), Circolo Maritain (cattolici del dissenso), Circolo Anti-H (pacifismo), Gioventù Studentesca (cattolici), Gioc e Acli (operai cattolici). Naturalmente le federazioni giovanili dei partiti”.
L’intervento di Mario Capanna, storico leader del Movimento Studentesco milanese, traccia i collegamenti nazionali ed internazionali: “Il ’68 non ha lasciato indenne niente: è arrivato dappertutto e ha prodotto un mutamento generale nel modo di pensare e di comportarsi”. E ancora: “Per noi in Italia il ’68 comincia un anno prima e finisce l’anno dopo: ’67-’69 il grande biennio di trasformazione”. Infine: “Il pregio maggiore del ’68 è che c’è stato. C’è stato! E da allora sappiamo una cosa fondamentale: che cambiare il mondo è possibile!”.
Ma anche la breve annotazione di Stefano Pivato coglie nel segno: “Certo il ’68 fu breve ma la sua ‘violenza’ provocò uno choc nella società italiana e innescò ‘un’onda lunga’ destinata a scuotere la storia della mentalità e del costume. Quelle rivolte studentesche posero fine agli anni ‘50”.
L’orazione di Mazzucca ribatte: “Il ’68 fu l’inizio del declino dell’Italia. Quegli anni che qualcuno ha incautamente definiti ‘formidabili’ si sono dissolti lasciandosi dietro solo miserabili macerie e il fallimento di una generazione che incapace di immaginare un futuro di pace e di prosperità per tutti, ha sprecato la propria giovinezza giocando una guerra virtuale che ha prodotto vittime vere”.
Ma gli risponde Flores: “Il processo di oggi riguarda il ’68, non gli anni ’70 né i sessantottini”. “Il ’68 è stato il primo grande evento che ha riguardato tutto il mondo senza che ci fosse una guerra di mezzo”. “In discussione in quegli anni era l’autorità. Questo è l’elemento fondamentale che credo abbia caratterizzato tutto il ‘68”. “La maggior parte degli studenti nel ’68 voleva solo la libertà e partecipazione”. E, sempre a favore, Boato: “Non è un caso che si possa parlare di un ’68 lungo italiano, che in sintesi schematica possiamo periodizzare così: il 1967 come l’anno del Vietnam e della dimensione antimperialista; il 1968 vero e proprio come l’anno degli studenti e della dimensione antiautoritaria; il 1969 come l’anno degli operai e della saldatura tra movimento studentesco e movimento operaio”.
E ancora un’ultima annotazione di Flores: “Tra le libertà [nate dal ‘68] certamente quella sessuale è stata fondamentale. E’ da lì che è nata la libertà sessuale per tutti. La nostra è una generazione fortunata perché ha avuto la possibilità, nel periodo diciamo più felice della nostra sessualità, che fosse già sconfitta la sifilide dalle penicilline e perché ancora non era arrivato il contagio dell’aids. E questa era una libertà enorme, che nessun’altra generazione ha potuto sperimentare e ha potuto avere. Certo non è stato merito nostro. E’ stato merito nostro cercare di viverlo in maniera felice. Siamo stati fortunati come generazione”.
Naturalmente, per età e per esperienze vissute, sono con quelli che dicono che “senza le conquiste degli anni ’60 e ’70, saremmo tutti culturalmente e politicamente più poveri e meno consapevoli dei nostri diritti” (Boato).
A titolo di cronaca, il 10 agosto la giuria (composta dal folto pubblico presente), dopo le arringhe pro e contro, ha assolto il ’68 a larghissima maggioranza (244 voti a favore e 74 contro).
Paolo Zaghini