In questi giorni i miei gatti sono piuttosto agitati. Forse non solo i miei. Ma dubito che la colpa sia solo del risveglio primaverile e dell’approssimarsi della stagione degli amori, che innervosisce anche i felini sterilizzati. Credo che la comunità dei gatti della zona si stia comunicando via vibrisse e feromoni l’unanime sdegno per il caso Tiberi, ovvero il clamoroso gatticidio di cui si è reso colpevole un campione di ciclismo, da un anno residente sammarinese.
L’atleta deve aver interpretato in senso troppo ampio la definizione «terra della libertà» di cui si fregia la Repubblica del Titano, e così si è sentito autorizzato a sperimentare la sua nuova carabina ad aria compressa su un gatto di passaggio, freddandolo sul colpo.
Fosse stato un gatto qualunque, forse Tiberi l’avrebbe passata liscia o quasi. Disgraziatamente per lui, la vittima era l’adorato quattrozampe del ministro Pedini Amati, ed è scoppiato un putiferio. Non tanto a livello legale (Tiberi se l’è cavata con una multa di quattromila euro, non un gran salasso per uno sportivo giovane ma già affermato a livello internazionale) quanto sotto il profilo dell’immagine. L’incivilimento dei costumi nell’ultimo secolo – fenomeno che a Tiberi, troppo impegnato nei suoi allenamenti, era probabilmente sfuggito – ha reso decisamente impopolare l’uccisione dei gatti, randagi e soprattutto domestici, perfino a San Marino. Che, nonostante le istituzioni dal nome medievale, ha da tempo superato il pregiudizio sui gatti emissari del demonio (avallato da parecchie bolle papali) e non coltiva certi rituali barbari e superstiziosi del tempo che fu, tipo catturare i felini a centinaia per metterli al rogo nella notte di San Giovanni, come avveniva a Parigi. Ed è dall’ultimo dopoguerra che in Romagna non c’è più nemmeno bisogno di cacciarli come selvaggina per supplire a carenze alimentari.
Sul Titano le leggi contro la crudeltà sugli animali (soprattutto se di proprietà altrui) non sono ancora sintonizzate sulla delicatissima sensibilità attuale, ma l’umore dei suoi abitanti sì. E adesso Tiberi non è famigerato solo a San Marino, ma in tutti i paesi in cui è arrivata la notizia, rimbalzata anche sulle news della BBC. Dalla cresta dell’onda a quella dell’onta è un attimo, quando c’è di mezzo un gatto casalingo che non faceva male a nessuno ed era il cocco della figlia di un ministro.
Malgrado una contrita ammissione delle proprie responsabilità e la promessa di una donazione alle associazioni animaliste di San Marino, il ciclista è stato sospeso dalla sua squadra, la Trek-Segafredo, che ha ribadito il suo «disappunto per la condotta di Antonio» contraria alle finalità etiche del team, e potrebbe addirittura valutare l’ipotesi del licenziamento.
Come se non bastasse, Tiberi è stato denunciato da un’associazione ambientalista, e sul Titano c’è chi vorrebbe addirittura revocargli la residenza, in primis il ministro Pedini Amati. Dovrebbe riprenderselo l’Italia, uno che collauda un’arma sparando alla prima cosa che vede muoversi sotto il terrazzo di casa sua? Anche quelli che non alzerebbero un dito per salvare l’anarchico Cospito dalla morte per fame scenderebbero in piazza contro l’ammazzagatti, accompagnati dai rispettivi felini.
Forse Tiberi sarebbe persona non grata in qualunque paese, vista la globalizzazione della gattofilia. Va a finire che lo sciagurato rimarrà apolide e dovrà girare ramingo di landa in landa, sulla sua bicicletta, inseguito dalla maledizione del gatto sammarinese.
Lia Celi