HomeEconomia e LavoroSicurezza sul lavoro, “leggi non applicate e gli ipocriti buoni propositi”

Una legislazione complessa e per molti aspetti con un approccio burocratico. La lettera di un imprenditore


Sicurezza sul lavoro, “leggi non applicate e gli ipocriti buoni propositi”


20 Febbraio 2024 / Redazione

I fatti di Firenze riportano alla ribalta il problema, a prima vista insolubile, della sicurezza sul lavoro.

Ciclicamente a seguito di gravi fatti come quello accaduto, si ripropongono, non senza retorica, frasi fatte, accuse generiche, buoni propositi per il futuro senza di fatto concludere alcunché.

Nella mia veste di imprenditore ho una esperienza diretta su alcuni aspetti del problema.

La legge vigente prevede la formazione obbligatoria per chi intraprende una attività lavorativa.

Ebbene tutte le volte che mi capita di dover assumere qualcuno alla mia richiesta “ma Lei ha fatto il corso sulla sicurezza?”, la risposta che ottengo nel 90% delle volte è negativa.

Probabilmente è una situazione molto collegata al settore della mia attività, quello alberghiero, ma indubbiamente propone il fatto che pur essendo considerata giustamente dalla legge un fattore essenziale la formazione viene spesso tralasciata.

Come porre rimedio a questo ?

Dato che in Italia l’età minima per lavorare è 16 anni, il modulo generale di 4 ore di questo corso dovrebbe essere espletato all’interno della scuola mentre per quanto riguarda quello particolare relativo al settore in cui si opera dovrebbe essere fatto in azienda o in un ente di formazione.

Al momento della assunzione, ci dovrebbe essere una verifica se il soggetto risulti aver soddisfatto tali obblighi, in caso contrario una comunicazione all’azienda in cui gli si concede un po’ di tempo per assolverli.

Un secondo aspetto è quello della prevenzione.

In questo caso può aiutare la statistica.

Settore per settore sarebbe necessario individuare quali sono gli infortuni più comuni e periodicamente individuare le azioni e gli investimenti che le aziende dovrebbero fare per prevenirli dando un tempo adeguato per uniformarsi collegato all’importanza dell’investimento necessario.

Si tratterebbe di fare in modo che sia l’ente pubblico che dice alle aziende quali sono gli interventi da fare, che dia a tali interventi forza di legge e che richieda prova documentale che si sia provveduto ad uniformarsi.

Questo aspetto è molto importante sopratutto nelle piccole aziende che non hanno la struttura interna sufficiente per avere addetti che individuino quali sono gli aspetti più critici e che quindi necessitano che sia qualcuno dall’esterno che gli indichi in modo semplice cosa fare, gli dia un tempo ragionevole per farlo e che poi controlli se lo ha fatto.

Si tratterebbe di passare dall’approccio attuale che prevede la produzione di molta documentazione a quello che concentri l’attenzione su misure chiare da intraprendere.

E’ evidente che questo toglierebbe lavoro e quindi entrate a tutta quella moltitudine di liberi professionisti che di questa produzione di documentazione hanno fatto una ragione di vita.

E quest’ultima constatazione è probabilmente il motivo per cui non si è mai proceduto su questa strada di sostanziale semplificazione e di chiarezza degli obblighi per le aziende.

Infatti è possibile osservare che tale categoria è molto ben rappresentata nel parlamento e nel Senato, molto più di altri settori della società, e che probabilmente non è un caso che la legge sul equo compenso per i professionisti sia passata negli anni passati all’unanimità mentre quella del salario minimo al contrario non sia stata approvata.

Ciavatti Daniele