HomeEconomia e LavoroSoftware CRM. Quanto sono diffusi in Italia? Lo rivela uno studio

I software CRM sono dei programmi informatici di indiscussa utilità per le aziende


Software CRM. Quanto sono diffusi in Italia? Lo rivela uno studio


9 Agosto 2024 / Redazione

I software CRM sono dei programmi informatici di indiscussa utilità per le aziende, degli strumenti preziosi non solo per rendere più efficienti le attività di Customer Assistance, ma anche dal punto di vista del marketing e dello sviluppo del business.

Software CRM: un’utilità che sa andare oltre la funzione di base

CRM è acronimo di Customer Relationship Management, che in lingua inglese significa “gestione delle relazioni con i clienti”; tali software offrono dunque una serie di funzioni tramite cui l’azienda può interfacciarsi con i clienti, e più in generale con il pubblico, all’insegna della massima efficacia.

Software CRM di ultima generazione come www.vtenext.com, tuttavia, riescono ad andare ben oltre, gestendo ed elaborando i dati in proprio possesso al fine di ottimizzare i processi aziendali e strutturare delle strategie di marketing mirate ed efficaci.

Alla luce di questo, dunque, è evidente a che punto sia importante utilizzare dei software CRM per un’azienda che vuol essere competitiva, e proprio per questa ragione una realtà italiana denominata Osservatorio CRM effettua regolarmente, da ormai diversi anni, delle ricerche specifiche mirate a conoscere il livello di diffusione di questi strumenti informatici e delle attività di Data Analysis nel nostro Paese.

Nell’ottava edizione del suddetto studio, relativa all’anno 2023, sono emersi degli aspetti molto interessanti, che andiamo subito a scoprire.

Attività di Customer Analytics: quante aziende le effettuano in Italia

Partiamo dal dato in assoluto più rilevante: in Italia le aziende che effettuano attività di Customer Analytics sono, secondo Osservatorio CRM, poco più della metà del totale.

Più esattamente, le aziende che effettuano regolarmente analisi dei dati dei propri clienti sono risultate essere il 54% del totale, le aziende che compiono quest’azione saltuariamente rappresentano invece il 34%, mentre il restante 12% corrisponde ad imprese che non effettuano questo genere di analisi.

Rispetto all’anno precedente, Osservatorio CRM non ha individuato variazioni degne di nota in queste percentuali; come si può notare tali attività hanno raggiunto un livello di diffusione ormai significativo, ma c’è ancora molta strada da fare, dal momento che tante aziende dimostrano di non dedicare, alla Customer Analytics, la dovuta attenzione.

Le tecnologie più utilizzate e quelle che più si vorrebbero utilizzare

Molto interessante è inoltre il dato relativo alle tecnologie che le aziende utilizzano per analizzare i dati dei propri clienti: da questo punto di vista, infatti, emerge una chiara discrepanza tra gli strumenti effettivamente utilizzati e quelli che si avrebbe intenzione di utilizzare.

Tra le tecnologie più utilizzate figurano al primo posto programmi di gestione dati quali Excel ed Access: ben il 76% del campione, infatti, ha dichiarato di farne uso.

Al secondo posto, con una percentuale del 70%, figura la dashboard del CRM, mentre al terzo vi sono gli strumenti di Business Intelligence, con il 65%.

Tra le tecnologie che si vorrebbero utilizzare, invece, troviamo al primo posto l’AI, ovvero l’intelligenza artificiale, menzionata dal 32% del campione, seguono i software di Data Mining con il 28% e i reporting sulla Customer Data Platform, con il 27%.

Una discrepanza che rivela un certo “tradizionalismo” digitale

Ciò che stupisce è il fatto che, come visto, sebbene diverse aziende dimostrino di conoscere le tecnologie moderne ed intuiscano la loro potenziale utilità, non le adoperino, pur essendo assolutamente disponibili.

L’utilizzo così massiccio di software come Excel ed Access, che certamente sanno essere utili, ma sono anche piuttosto basici e, per certi versi, poco “smart”, è emblematico del fatto che diverse aziende palesino una certa resistenza al cambiamento, dovuta probabilmente anche alle scarse competenze digitali del proprio personale.