Speriamo che negli USA non succeda come a Cattolica e Saludecio
7 Novembre 2016 / Nando Piccari
Come tanti altri nel mondo, anch’io in queste ore sono in trepidante attesa di sapere se gli Stati Uniti si daranno come prossimo presidente un lestofante col parrucchino, che in Italia gode delle simpatie di Grillo e Salvini, o una signora quasi perbene, che rappresenta “il meno peggio che si può”.
Come molti altri Italiani, di fronte ad esempi che ormai non si contano più, vorrei poi capire come mai in questo Paese non vi sia neppure un razzista che abbia il coraggio di dichiararsi tale. A Gorino centinaia di individui fanno le barricate per impedire l’arrivo di dodici sfortunate ragazze di colore? Macché razzisti, erano soltanto risentiti col Prefetto per ragioni di galateo istituzionale! A Borello, nel cesenate, stessa cosa contro il paventato arrivo di cinque profughi: è vero che tanti borellesi «sono pronti a bloccare la E45» ma per carità, «non sono razzisti». Come pure a Marina Romea, nel ravennate, dove la ribellione contro la temporanea presenza di un gruppo di richiedenti asilo ha il marchio DOC (Disgustosa Orripilante Cialtroneria) dei legaioli, ma per il loro caporione locale «il nostro non è razzismo, è buonsenso». Mentre a Ficarolo (Rovigo) il Sindaco di destra deve ancora decidere «se ci sarà bisogno di barricate»; in ogni caso «non si tratta di razzismo ma di una manifestazione spontanea a difesa dei propri diritti». Per non parlare di Capalbio, dove una certa “vipperia fighetta e di sinistra”, pur con qualche nota di garbo in più, ha mostrato i medesimi “pudori” nell’auto-assolvere come non razzista il suo “vadano altrove” nei confronti del minacciato invio di qualche migrante.
Essendo da poco tornato a far parte di questa specie di Famiglia Addams che per qualcuno pare sia ormai diventato il PD, sarei inoltre curioso di conoscere a quali ulteriori mistificazioni ricorreranno Bersani e quel suo galoppino Gotor, per rimanere al guinzaglio di D’Alema nonostante la lezione che hanno appena ricevuto da Cuperlo: una persona seria, che contrariamente a loro sa mantenere la parola data. Tanto più dopo che a far parte della “ditta del No” è ora entrata a pieno titolo – insieme a Salvini, Grillo, Gasparri, Brunetta e Berlusconi – anche la masnada di delinquenti che sabato ha messo a ferro e fuoco Firenze; e che solo grazie all’indiscussa professionalità degli agenti mandati a fronteggiarla non ha ricevuto una meritata dose di legnate.
Nell’ansiosa attesa di queste grandi risposte cerco di ingannare il tempo prestando orecchio a qualche piccola bega politica di casa nostra, dove a farla da padrona è attualmente la Zona Sud.
Nella “mia per sempre” Valconca, tiene banco il dilemma “fusione sì-fusione no” fra Mondaino, Montegridolfo e Saludecio, dopo che nel referendum del 17 ottobre il SÌ ha perso in quest’ultimo Comune, pur avendo ottenuto un’ampia maggioranza rispetto al totale dei voti. La qual cosa si presta ad un’amara considerazione sulla “creduloneria” di tanti saludecesi, che stanno facendo rischiare al loro Comune il “suicidio istituzionale” per aver dato retta a tale Pierpaolini, un simpatico zuzzurellone in passato prestato alla politica, e all’ex sindaco Sanchini, che ad ogni sia pur minimo accenno di discussione con lui, temi sempre che ti lanci contro l’esorcistico “vade retro”.
Spostandomi in pianura, mi soffermo su Cattolica (a Riccione c’è…troppa materia da corsivo, ci arriverò un’altra volta), per constatare come la beceraggine grillina abbia impiegato ben poco a diventare arroganza di potere, pur con l’aggiunta di una spruzzata di malriuscito buonismo e la solita quota di patetico vittimismo.
Primo esempio: il cinema-teatro comunale Snaporaz graziosamente concesso a Vaxxed, il film-manifesto contro i vaccini di cui è autore il ciarlatano Andrew Walkeflield, un pezzente della pseudo-medicina, spernacchiato dalla comunità scientifica internazionale. Una scelta, questa, del tutto coerente e perfino comprensibile, poiché si sa che non pochi “grullini doc” sono fanatici assertori della superstizione anti-vaccini, nonché seguaci di talune pazzoidi stramberie, quali le scie chimiche, i chip sottopelle ad opera di “medici di regime”, l’atterraggio sulla luna mai avvenuto, gli attentati dell’11 settembre che gli americani si sarebbero fatti da soli. Però i 5 stelle di Cattolica non possono rischiare di irritare il loro più fedele gregario: il “centro-destro” Gessaroli, la cui cultura e la cui maestria in campo medico si sanno essere, per fortuna, inversamente proporzionali alla sua attitudine alla politica. Ecco che allora la lagnosa vicesindaca Antonioli si fa avanti con questa piagnucolante minimizzazione: «abbiamo ritenuto di concedere la sala, al solo scopo di far vedere il film»; però siamo in pace con la nostra la coscienza, in quanto «metteremo quella sera a disposizione del pubblico il materiale pro-vaccini dell’Ausl». Un po’ come l’ipocrisia del finto “terrorismo anti-fumo” che lo Stato fa trovare stampato sul pacchetto di sigarette: “L’importante è che tu, caro fumatore, me l’abbia pagato. Io però ti consiglierei di buttarlo via, perché lo sai che rischi il cancro, vero? Comunque fai tu…”.
Altro esempio: l’assessora pentagrillina Pesci spedisce una lettera scritta su di un foglio di carta intestata in cui, subito dopo “Comune di Cattolica”, è stato aggiunto “Comune 5 Stelle”. Un po’ come se Gnassi inviasse missive con l’intestazione “Rimini – Comune de-grillizzato”; o la Tosi scrivesse nel suo biglietto da visita “Sindaco di Riccione, per grazia ricevuta dal PD”.
A quel punto, apriti cielo: inizia un’interminabile sceneggiata in cui l’assessora Pesci, non sapendo…quali medesimi prendere, butta la colpa sul computer, perfidamente rottosi costringendola ad avvalersi dell’apporto di una collaboratrice. La quale, pur lavorando da una vita in Comune, evidentemente non conosceva la differenza fra la carta intestata istituzionale e quella usata per un privatissimo pezzo di propaganda politica esibito dal sindaco 5 stelle all’adunata grillina di Palermo. Un testo che quella dipendente conservava gelosamente nel suo computer dal momento che al suo confezionamento aveva evidentemente collaborato (in orario di lavoro? Dentro il suo ufficio? Usando il computer del Comune?) Comunque, al colmo del rimorso, ella si assume tutta la responsabilità del guaio procurato e chiede umilmente scusa (poveretta, cosa le è toccato fare…).
Ma non sarebbe stato preferibile che l’assessora se la fosse sbrigata in modo più credibile? Per esempio limitandosi a dire: “Abbiate pazienza, sono nuova del giro e ancora non so cogliere certe sottigliezze. Figuratevi che ogni tanto confondo la sala della Giunta con l’anticamera del mio dentista. Ho insomma i miei limiti; perché bene che vada uno vale uno, mica di più”.