Spiace per San Marino, ma Rimini portafortuna della Svezia la vendiamo come amuleto
14 Maggio 2022 / Lia Celi
Cari sammarinesi, non sapete che dispiacere non aver potuto votare Achille Lauro all’Eurovision. Giuro, se avessi potuto l’avrei fatto, senza fisiologico campanilismo riminese né astio verso l’artista romano. Anzi: pensavo che la sua esibizione fosse così convincente da non aver bisogno dei miei voti, e che la simpatia degli europei verso la Repubblica-Lilliput avrebbe fatto il resto.
Non avere visto San Marino in finale ieri sera mi ha addolorato, anche perché se Achille avesse vinto – e perché no? Il suo Stripper ha elargito abbastanza lustrini, coreografie conturbanti e fluidità sessuale per conquistare i cuori degli europei – la prossima edizione dell’Eurovision sarebbe spettata a voi, con allettanti ricadute positive sulla provincia che si stende ai piedi del Titano.
Un’occasione persa, insomma. Rimini in compenso porta a casa dall’Eurovision una mezza vittoria morale: è stata protagonista di uno dei più bei filmati promozionali sui “gioielli d’Italia” che precedono le performance dei cantanti. La nostra città è stata proposta attraverso un collage di scorci così affascinanti che io che ci abito ho messo qualche secondo a riconoscerla, figurarsi gli stranieri che ci sono venuti in vacanza e pensano che Rimini vada dal lungomare alla ferrovia, e che quella a monte di piazzale Battisti sia già Cesena.
Con una scelta non si sa quanto inconscia e quanto maliziosa, la capitale delle vacanze è stata abbinata alla rappresentante della Svezia, Cornelia Jakobs, che oltretutto somaticamente è il perfetto cliché della turista nordica che cala in riviera con le amiche a caccia degli epigoni di Zanza.
I più machiavellici hanno sospettato che dietro ci fosse un pizzino dell’Apt, i più boccacceschi hanno insinuato che nell’albero genealogico di Cornelia (nomen omen) ci sia un bagnino. Comunque sia, tanto è bastato per ispirare alla stampa locale titoli come «Rimini porta la Svezia in finale». Caspita, a quanto pare siamo un portafortuna potentissimo, meglio del cornetto di corallo e del quadrifoglio!
Varrebbe la pena di brevettare le magiche qualità propiziatorie di Rimini e applicarle a tutto spiano quando si tratta di qualificazioni di ogni tipo. Prendiamo Jannik Sinner. Magari se l’enfant prodige del tennis italiano avesse indossato una maglietta con sopra l’Arco d’Augusto, la sua anca non avrebbe dato forfait precludendogli il passaggio in semifinale agli Internazionali di Roma.
E se avessimo messo un bel ponte di Tiberio sulle casacche degli azzurri, avremmo sotterrato la Macedonia del Nord e ora non dovremmo guardare da spettatori anche i Mondiali in Qatar. Il flop di Sorrentino agli Oscar forse sarebbe diventato l’ennesimo trionfo, se È stata la mano di Dio avesse incluso una sequenza girata nella Vecchia Pescheria. Un magnete con una veduta di Rimini sul cruscotto delle Ferrari e l’abbonamento delle rosse alla pole position è assicurato.
Bisognerebbe provare. O almeno crederci intensamente e brevettare una collezione di talismani made in Rimini. Così potremmo dare il nostro contributo anche alla soluzione del conflitto spedendo non armi, ma amuleti con una miniatura del Tempio Malatestiano. In fondo anche lui è stato distrutto dalle bombe, come Mariupol, ma è risorto in bellezza.
Lia Celi