HomeLA LETTERAStefano Benaglia: “Basta guardare alla Rimini che fu, la storia della nostra città si fa ora”

“Se non vogliamo continuare a vivere di amarcord, dobbiamo pensare a un nuovo modo di fare turismo"


Stefano Benaglia: “Basta guardare alla Rimini che fu, la storia della nostra città si fa ora”


28 Agosto 2024 / Stefano Benaglia

Caro Diario, da giorni ho la bacheca di facebook piena di video e foto della Rimini che fu, degli anni settanta e ottanta, delle folle oceaniche in spiaggia, delle serate senza freni in discoteca e dei “vitelloni”.

Già i “vitelloni”, quelli che hanno fatto grande la riviera, che da soli facevano destinazione turistica con le straniere pronte a farsi amare e soddisfare dai manzi riminesi. Oggi nella cultura del politicamente corretto farebbero fatica a trovare un posto adeguato, magari sarebbero relegati a nicchia di mercato. Fantasticando un po’ con la mente mi chiedo a come si sarebbe evoluto il fenomeno ai tempi nostri, tra app di incontri e con il portale di Visit che vende l’experience di un’ora passata ad amoreggiare con un vero vitellone. Un’ora, massimo due, perché come sappiamo i nostri ragazzi erano così prestanti da averne anche tre o quattro durante una sola sera. Alcuni addirittura narrano di aver avuto 1000, 1500 donne, tutte ovviamente bellissime e soddisfatte appieno dalla prestazione serale. I ricordi sono spesso menzogneri, ma sono utili alla narrazione della Capitale del Turismo.

Tutta questa esaltazione del passato nasce dall’evidente crisi del nostro turismo e serve a farci accettare che si siamo decadenti, ma per un periodo di tempo siamo stati veramente fichissimi.

Personalmente ho un solo dispiacere: quello di essere nato nel 1985 e che quindi quei tempi così rampanti non li ho vissuti, ma sono costretto a vivere questi, tristi e a tratti grotteschi.

E cosi, Caro Diario, sono arrivato alla conclusione che ci hanno tradito, ci siamo traditi.

Tutti insieme e in piena consapevolezza.

Ci hanno tradito i nostri nonni, che hanno costruito la riviera da zero e l’hanno gestita senza pensare al domani.

Ci hanno tradito i nostri genitori, che hanno visto arrivare la crisi ma credevano fosse passeggera e che tutti si sarebbe sistemato.

Ci siamo traditi noi, quarantenni che non vogliono più lottare per costruire una città ma devono decidere se servire supinamente il potere o andare altrove.

Abbiamo tradito le generazioni future, a cui lasceremo le macerie di un sistema economico che semplicemente non funziona più e a cui non siamo capaci di porre rimedio.

Tempi difficili richiedono persone forti e idee rivoluzionarie. Noi invece siamo ancora fermi alle piscine nelle spiagge, ai numeri accomodanti per far vedere che va tutto bene, agli articoli di giornale dei presidenti delle categorie che raccontano che gli hotel in vendita sono un ottimo segnale di fermento sugli investimenti, che le camere a 11€ a notte pensione completa sono la volontà di riempire non l’evidente perpetrarsi di situazioni quantomeno grigie.

 

Lo chiedo a te Caro Diario, ma vorrei che fosse per tutti: guardiamoci in faccia con onestà e cerchiamo nuove soluzioni insieme con la consapevolezza che nel mondo si riesce a fare turismo con una migliore qualità, fatturati più alti e che avere meno persone ma che spendono di più non è poi così male. È il momento di investire in una vera e seria riqualificazione del verde, di riconquistare quegli spazi che cemento e mala gestione hanno sottratto alla città, di servizi di prossimità dedicati non solo ai turisti ma anche ai residenti/contribuenti. Una viabilità diversa, che superi quel mostruoso e anacronistico Metromare e che ci proietti nell’uso della ferrovia Rimini-Ravenna come metropolitana leggera.

 

Finiamola con gli Amarcord, riapriamo il dialogo onesto tra tutti noi e cerchiamo di portare avanti idee nuove in spazi nuovi. La storia della nostra città si fa adesso.

 

Stefano Benaglia