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Un pullman di aspiranti per guidare la Regione. Il sindaco di Rimini contro i quartieri. I salvataggi sul piede di guerra


Stefano Bonaccini candidato alle Europee: cosa succede ora in Emilia-Romagna


21 Aprile 2024 / Maurizio Melucci

Bonaccini si candida alle elezioni Europee

Stefano Bonaccini, il presidente dell’Emilia Romagna, ha deciso di accettare la candidatura alle prossime elezioni europee. «Le elezioni dell’8 e il 9 giugno sono una sfida decisiva per il futuro dell’Europa- scrive la segretaria Pd Elly Schlein – E dobbiamo schierare tutte le energie migliori di cui disponiamo. Per questa ragione ho chiesto a Stefano Bonaccini di guidare la lista del Nordest: la sua esperienza decennale da presidente dell’Emilia-Romagna e il suo ruolo di presidente del Pd ne fanno una proposta molto forte per la battaglia che dobbiamo condurre e l’Europa che vogliamo costruire. Lo ringrazio per aver accettato».

La candidatura non comporta, automaticamente la decadenza da presidente di Regione. Infatti la legge gli consente di restare in carica fino ad elezioni concluse e dimettersi successivamente.

Scelta legittima, tenendo conto che sta concludendo il suo secondo mandato. Non condividevo le preoccupazioni in casa Pd per il futuro della Regione e ritengo polemiche strumentali quelle di alcuni esponenti del centrodestra che lo accusano di fuggire dalla Regione colpita dall’alluvione. In questo caso il centrodestra non ha neanche il senso del ridicolo. Prima hanno impedito al presidente Bonaccini di fare il commissario per la gestione del post alluvione, come è sempre successo in passato ai presidenti di Regione di qualsiasi colore in situazioni di calamità naturali, preferenogli un militare. Poi stanno ritardando gli aiuti economici a famiglie ed imprese in modo vergognoso.

Non è tempo di bilanci, ma penso che Bonaccini abbia governato bene la nostra Regione in questi dieci anni. Ha ereditato una Emilia-Romagna efficiente e con i bilanci a posto. Ha saputo proseguire su quella strada, mantenendo il filo conduttore della coesione sociale che è uno dei fondamentali di questa terra. Ha dovuto affrontare sfide inedite come la pandemia, le crisi climatiche, l’economia di guerra, l’alluvione. Lo ha fatto uscendone positivamente anche se alcune sono ancora ben lontane dall’essere concluse, come la transizione ecologica o la guerra. Non ho condiviso, ma è noto, la scelta di appoggiare le associazioni dei balneari su una strada corporativa. Bonaccini ha rinunciato, in questo caso, al profilo riformista dell’Emilia Romagna e del Partito Democratico ed anche fatto un danno agli stessi concessionari demaniali ritardando una soluzione che poteva essere presa anni fa. Capisco le pressioni dei balneari, ma talvolta occorre tenere la barra. Del bilancio ne riparleremo, ma sicuramente è un bilancio positivo da usare nella campagna elettorale per le Europee e per le prossime elezioni regionali.

L’interevento di Stefano Bonaccini dove spiega le ragioni della sua candidatura

Il dopo Bonaccini

Non è ancora certo quando si andrà a votare per la Regione. Teoricamente la vicepresidente Irene Priolo potrebbe rimanere in carica fino alla scadenza naturale nel 2025. In realtà è molto probabile che si voti nell’autunno 2024. Si vedrà.

Quello che mi ha colpito è il numero dei candidati che ci sono già ora ai nastri di partenza per sostituire Stefano Bonaccini. Ricordo che la Regione Emilia-Romagna ha visto presidenti della caratura di Guido Fanti, Lanfranco Turci, Pierluigi Bersani, Vasco Errani.

A nessuno di quelli saliti sul pullman dei candidati è lontanamente sfiorato dell’idea di non essere all’altezza. Cavolo, abbiamo un gruppo dirigente in Regione di livello internazionale, forse mi sono perso qualche passaggio. Poi certo non tutti hanno fatto sapere di essere a disposizione del Partito. Altri vengono tirati in ballo dalle voci di corridoio o dai mezzi d’informazione. Qualcuno si è già chiamato fuori, come il sindaco di Cesena (“sono già impegnato nelle elezioni comunali”). Invito, come primo aspetto, ad evitare la famosa frase: “sono a disposizione del Partito”. Normalmente chi lo dice è per alzare la mano e mettersi in gioco. Ed anche l’altra gettonata espressione “me lo stanno chiedendo in tanti” perché non è vero. In ogni caso le candidature piovono in modo copioso. C’è chi lo fa scrivendo libri, chi lasciando interviste, chi sondando il terreno, chi cambiando look e potrei continuare.  L’importante che si parli e il nome compaia nel toto presidente. Ovviamente tutto legittimo, a condizione che poi si giunga ad una proposta seria. Il candidato del centrosinistra alla Regione Emilia-Romagna a mio parere dovrà essere credibile per il profilo riformista e su alcuni punti strategici. Transizione ecologica, gestione del territorio emergenze climatiche. Coesione sociale, diritti, welfare, sanità pubblica. Patto per il lavoro e per il clima. Temi che saranno al centro della campagna elettorale.

Il centrosinistra ha le carte in regola per vincere la prossima sfida elettorale e battere una destra sempre più pericolosa.

Irene Priolo vice presidente della Regione

Il sindaco di Rimini contrario ai quartieri: un errore politico

Lo ha ripetuto anche venerdì pomeriggio in occasione della festa per i 90 anni di Giuseppe Tomasetti. Rispondendo ad una battuta di un presente “occorre rifare i quartieri” il sindaco ha risposto di essere contrario. Lo aveva già detto in consiglio comunale rispondendo ad una interrogazione con la quale si chiedeva il ripristino dei quartieri. Il Sindaco ha ricordato che “in passato ha fatto parte di un quartiere ed in base alla sua esperienza avevano un ruolo marginale, e che si limitavano in prossimità delle elezioni ad avanzare richieste di asfaltare le strade del quartiere”.

Anche io ho fatto esperienza di quartiere, ma soprattutto ho fatto per dieci anni l’assessore nel Comune di Rimini con i quartieri funzionanti. Esperienza che non hanno fatto il sindaco Jamil Sadegholvaad e neanche il sindaco Andrea Gnassi. Infatti i quartieri sono stati aboliti con le elezioni del 2011. Ebbene io ricordo che i quartieri non hanno mai avuto un ruolo marginale. Anzi è vero il contrario. Hanno cambiato previsioni urbanistiche, tracciati di strade, migliorato progetti pubblici. Erano molto attenti ai bilanci ed al piano degli investimenti e alle ricadute sui loro territori. I quartieri erano palestre di confronto democratico tra diverse forze politiche, di selezione di classi dirigenti, di sapere discutere nel merito dei problemi, di informazione ai cittadini delle iniziative del Comune. Di tutto questo ora non c’è più nulla. Rimangono solo i comunicati dell’ufficio stampa che spiegano le delibere del Comune. Nella mia esperienza di vita politica i quartieri sono stati impegnativi sia per il tempo da dedicare che per le energie spese dei singoli assessori e dirigenti. Certo i comitati vi erano anche ai tempi dei quartieri. Ma non è questo il problema.

Rimango della stessa idea. Abolire i quartieri è stato un grave errore politico, una riduzione della democrazia e dei rapporti con i cittadini. Penso che una riforma della legge sull’elezione diretta del sindaco vada fatta. Ovviamente mantenendo l’attuale impostazione, ma riequilibrando i poteri tra sindaco, giunta e consiglio comunale. E soprattutto ripristinando per legge i quartieri, con elezione diretta dei cittadini, nei Comuni con più di 30 mila abitanti. Sicuramente non è la soluzione a tutti i problemi di democrazia ma sarebbe un bel segnale per ridurre la forbice tra politica, partecipazione e cittadini. Sindaco ripensaci.

 

Volano le carte bollate tra salvataggi e Regione

Alla fine si è arrivati alla denuncia formale in Procura da parte dei salvataggi con l’avvocato di fiducia Roberto Biagini. Una denuncia cautelativa a futura memoria. Il problema è noto.  I salvataggi fin dalla prima ora avevano contestato la nuova regolamentazione degli orari in torretta contenuta nel documento emesso dalla Regione. Viene contestata «la decisione dell’assessore Andrea Corsini, presa in accordo con le Capitanerie di Porto e le cooperative di gestione del servizio di salvataggio, di attivare il servizio alternato di sorveglianza nelle torrette dalle 12,30 alle 14,30, con un salvataggio ogni 300 metri anziché 150, con la conseguente copertura di uno specchio d’acqua di 90mila metri quadrati”.

Secondo i salvataggi, “questo modello di sorveglianza in mare non può assolutamente garantire sicurezza nel caso di intervento”.

Ritengo che abbiano ragione i salvataggi. Sulla sicurezza non si scherza. Se si vuole garantire il servizio di salvamento anche dalle 12.30 alle 14.30 lo si faccia con le stesse caratteristiche degli orari previsti attualmente e non dimezzando la vigilanza. Come dicono i salvataggi “Una vita da salvare tra le 12,30 e le 14,30 ha minore dignità rispetto alle altre ore della giornata? Vale di meno?”

Spiace che i Comuni della costa non abbiano sostenuto questa posizione dei salvataggi. Un’occasione persa.

Maurizio Melucci