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Balla il numero degli hotel, conflitto d'interessi uno scandalo solo italiano


Turismo, Rimini ultima in Italia per prezzo medio di una camera: 65euro


11 Febbraio 2024 / Maurizio Melucci

Turismo in Regione, ballano 20 milioni di presenze e crolla il prezzo di una camera

Sul turismo c’è un balletto di dati difficilmente comprensibile: secondo quelli dell’Istat le presenze in Emilia-Romagna nel 2023 sono intorno a 40 milioni, secondo l’Osservatorio regionale oltre 60milioni. Una differenza del 50 per cento che sembra poco spiegabile. Vorremmo capire quali sono le modalità di calcolo utilizzate”.  Non è mia questa affermazione ma della presidente dell’Associazione albergatori Federalberghi Rimini Patrizia Rinaldis dopo la diffusione del report gennaio – dicembre 2023 da parte dell’Osservatorio Turistico Regionale, realizzato da Regione e Unioncamere con Trademark Italia. Mi fa piacere. Ricordo solo che sono anni che vi sono due dati sulle presenze turistiche in regione. Quelli ufficiali dell’Istat (gli unici riconosciuti in Italia e in Europa) e i dati dell’Osservatorio regionale. 20 milioni di presenze turistiche sono i numeri che fa la Regione Campania (in realtà poco più di 17 milioni). 60 milioni di presenze mettono la nostra regione dopo il Veneto (prima regione con 65 milioni di presenze) e tra il Trentino Alto Adige e la Toscana (oltre 42 milioni di presenze). Una cifra troppo lontana dai dati Istat, per altro utilizzati da tutte le regioni italiane

Questi sono i dati quantitativi, che dicono poco di cosa sta succedendo nelle imprese turistiche. Più interessanti sono i dati qualitativi che riguardano l’occupazione delle camere d’albergo e il prezzo medio di vendita delle camere nelle nostre strutture ricettive.

Secondo Italian Hotel Monitor 2023, i dati del monitoraggio svolto a livello nazionale da Trademark Italia su occupazione delle camere d’albergo e prezzo medio delle stesse (è stata presa in considerazione la formula pernottamento e colazione) vedono Rimini al 70,2% di riempimento contro una media nazionale del 72%. Un dato apparentemente positivo. Infatti la valutazione cambia se confrontiamo questo dato con il prezzo medio per stanza pari 65,73 euro (solo Ravenna in Italia ha una media più bassa di Rimini) a fronte di una media nazionale di 137,91 euro.

Questo dato è particolarmente importante per la capacità di fare fatturato ed utili da parte delle imprese turistiche. Con un prezzo medio così basso difficile avere le risorse per fare innovazione alberghiera. Inoltre cosa succede alla presenze turistiche se si alza il prezzo medio delle camere?

Domande da porsi, soprattutto nel periodo invernale per valutare anche le possibili soluzioni.

Quanti sono le strutture ricettive a Rimini? 

Anche su questo ballano i numeri.

L’ufficio statistico del Comune di Rimini registra 1.043 strutture ricettive aperte nel 2022 a cui vanno aggiunte 512 strutture extralberghiere. Le camere sono 34.823 e 1.193 nell’extralberghiero con 68mila posti letti e 3.500 nell’extralberghiero. 270 alberghi sono aperti tutto l’anno sui 416 che conta la provincia.

Interessante la classificazione alberghiera

  • 69 alberghi con una stella
  • 204 con due stelle
  • 584 con tre stelle
  • 77 con quattro stelle
  • 2 cinque stelle
  • 107 residenze turistiche alberghiere

Poi arriva l’osservatorio di Confcommercio di Rimini che dice che “il calo degli hotel è strutturale. In dieci anni solo a Rimini se ne sono persi 119, passando dai 948 del 2012 agli 827 dello scorso anno.”

Ebbene secondo i dati ufficiali della Regione Emilia-Romagna le strutture ricettive nel 2012 a Rimini comune erano 1.118. In realtà in 10 anni si sono perse 75 strutture ricettive.

Difficile fare proposte ed analisi con numeri così ballerini. Ogni organizzazione economica dovrebbe fare riferimento ai dati ufficiali pubblicati dal Comune di Rimini e dalla Regione Emilia Romagna e non da osservatori che usano altri parametri.

Conflitto d’interessi uno scandalo tutto italiano

Nemo iudex in causa sua (nessuno deve essere giudice nella propria causa), dicevano nell’antica Roma. Nella Roma dei nuovi imperatori, viceversa, ciascun parlamentare giudica se stesso. E ovviamente si assolve, anzi s’appunta al petto una medaglia. La (non) disciplina del conflitto d’interessi è la prima causa di questa sciagurata condizione.

Perché una legge c’è — quella concepita da Franco Frattini nel 2004 — ma fa acqua da ogni lato, è un colabrodo. Diciamolo: è uno scandalo, però a scandalizzarsi sono in pochi. L’Italia non è l’America, dove fu per primo George Washington a puntare l’indice contro i pubblici ufficiali che lucravano sulla propria posizione, e dove infatti c’è una disciplina rigorosa fin dal 1853. Noi agli Stati Uniti preferiamo l’Ungheria, l’unico altro Paese europeo senza interesse per i conflitti d’interessi.

Da qui reprimende e moniti del Consiglio d’Europa, ma intanto la legge Frattini è sempre lì, immarcescibile come il Colosseo. Una legge che s’applica (si fa per dire) soltanto a chi abbia ruoli di governo, affidandone il rispetto all’Autorità Antitrust, ma senza dotarla di poteri coercitivi. Quest’ultima può inviare unicamente una segnalazione ai presidenti delle Camere, dopo di che campa cavallo. Ma non può nulla verso i parlamentari, né quando si dedicano agli affari, né quando continuano a impegnarsi in una professione.

Maurizio Melucci