Uno Bianca, 30 anni fa la fine di un incubo. Jamil: “Presto un evento. Non possiamo dimenticare”
18 Novembre 2024 / Redazione
Rapine e omicidi, stragi, lungo una scia di sangue che per lunghi sette anni ha attraversato l’Emilia Romagna fino a sconfinare oltre confine e arrivare nelle Marche. A Bologna tutti ricordano la strage del Pilastro e i tre Carabinieri morti ammazzati dai banditi. A Rimini non si cancella il ricordo della sparatoria alla Coop delle celle, in un pomeriggio di gennaio, che costò la vita ad una guardia giurata. Sono solo alcune delle ventiquattro vittime della Banda della Uno Bianca, il sodalizio criminale stipulato dai fratelli Savi, Alberto e Roberto, e da altri poliziotti in servizio, Pietro Gugliotta, Marino Occhipinti, Luca Vallicelli, oltre che a Fabio Savi (unico non poliziotto) che sulla coscienza ha anche 102 feriti, oltre alla disperazione e allo sconforto dei familiari delle vittime.
Era il 3 novembre del 1994 quando dopo innumerevoli appostamenti, Baglioni e Costanza incrociavano davanti a una banca di Santa Giustina, a Rimini, Fabio Savi dando impulso a una svolta decisiva per le indagini. Che nel giro di qualche mese, esattamente 30 anni fa, portarono agli arresti che sancirono la fine definitiva di quel sodalizio criminale, anche se per i familiari delle vittima gli interrogativi, non sono stati del tutto risolti.
A ricordare il trentesimo anniversario di quegli arresti è il sindaco di Rimini Jamil Sadegholvaad che annuncia un importante evento su quei fatti.
“Difficile spiegare a chi ha meno di 30 anni quale fu l’impatto dell’arresto della Banda della Uno Bianca, avvenuto proprio in una fredda giornata di fine novembre 1994 – spiega il sindaco Jamil Sadegholvaad – e soprattutto è quasi impossibile descrivere lo sconcerto, lo sgomento di tutto il Paese nello scoprire come dietro al gruppo criminale che aveva insanguinato per 7 drammatici anni Rimini, la Romagna, un pezzo d’Italia, ci fosse anche chi portava una divisa. Fu uno choc enorme, quasi ‘la trama di un film poliziesco americano’ come si disse allora: sicuramente una tragedia moderna. La rivelazione e la cattura dei responsabili, 30 anni fa, avvenne grazie all’abilità, alla pazienza, alla competenza di uomini delle Istituzioni. Nella Magistratura e nelle forze dell’ordine. Qualche tempo fa, intervenendo a un convegno.
Il giudice Daniele Paci, protagonista della cattura della banda della Uno bianca, raccontò come ‘Nel ’94 quando prendemmo in mano l’inchiesta aleggiava una sorta di rassegnazione. Noi dicemmo: partiamo dai fatti. Cominciammo costituendo un pool interforze, togliendo di mezzo la rivalità tra Polizia e Carabinieri. All’epoca eravamo in una stanza dove riesaminavamo tutto e non escludevamo nulla. Siamo partiti da una sola fotografia, un soggetto che aveva rapinato una banca a Forlì.
L’idea semplice è stata questa: ipotizzando che la banda conoscesse i luoghi doveva fare dei sopralluoghi, noi abbiamo preso la decisione di fare sopralluoghi con 9 agenti sulle banche che avevano certe condizioni: nessuna guardia giurata, vicinanza a vie ad alto scorrimento.’.
Un’inchiesta clamorosa, condotta da Paci e resa operativa dai poliziotti Baglioni e Costanza e da tante donne e uomini in divisa, che portò agli arresti dei fratelli Savi tra Torriana, Villa Verucchio, Rimini e dei loro complici. Poi i processi, le condanne, l’associazione grazie alla quale non si spegne il ricordo delle vittime innocenti di quella maledetta stagione. Ecco, appunto il ricordo, esattamente a 30 anni di distanza.
Quella necessità a non lasciare il racconto di quegli anni solo a qualche pagina web; quell’impellenza a non lasciare sole le famiglie delle vittime e delle persone che ancora portano su di loro segni dolorosi; raccoglie ancora la sensibilità di associazioni, sindacati di polizia, donne e uomini attente ad alimentare la luce della verità; e spinge il Comune di Rimini a progettare una iniziativa culturale di livello che vogliamo portare nel 2025 nelle città e nei paesi della Romagna. Non possiamo dimenticare. Non dobbiamo dimenticare. Un abbraccio a nome di tutta Rimini verso tutti coloro che hanno sofferto e continuano a soffrire, trent’anni dopo“.